I paesaggi balneari di Carlo Carrà

La rivoluzione metafisica di Carrà è accompagnata da una contemplazione riflessiva vista mare, dove i paesaggi balneari si trasfigurano in una narrazione lirica con il linguaggio della natura.

Carlo Carrà esordì come pittore tra i toni accesi del fervore futurista. L’interventismo militare lo condusse in guerra, ma l’esperienza fu così traumatica da richiedere un intervento presso il nevrocomio di Ferrara. Nella città romagnola, l’incontro con il pittore metafisico Giorgio De Chirico segnò il passaggio dalla frenesia futurista alla contemplazione lirica metafisica.

Barcaiolo,1939

I colori che prima avvolgevano le linee in movimento, ora riposano sulla plasticità delle forme. Il 1917 inaugura una nuova stagione dell’esperienza pittorica di Carrà. I primi soggetti su cui pone la sua attenzione sono paesaggi, luminosi e solitari. Dagli anni Venti agli anni Sessanta si rincorrono tracce nostalgiche di una natura sopraffatta dalla modernità. Carrà sceglie di guardare indietro. La sua è una rivoluzione controcorrente rispetto alle avanguardie novecentesche e ritorna alle origini : il Trecento e il Quattrocento italiano di Giotto e Piero della Francesca.

Capanni sul mare, 1927

I singoli paesaggi evocano modelli archetipali. La sensazione contemplativa di un ritorno alla natura primordiale emerge particolarmente negli scenari balneari. Prima le marine liguri e poi, dal 1926, le spiagge di Forte dei Marmi, con cui il pittore condividerà un’importante parte della sua vita. Carrà sceglie luoghi reali, ma onirici. Lo dimostra l’opera “Capanni sul mare” del 1927. Il cielo è azzurro, tinteggiato di minacciose macchie scure. Il mare è agitato, ma lo spettatore non vive l’agitazione della burrasca. È trasportato in un’atmosfera da sogno, dove ciò che rimane è il silenzio, disturbato dal piacevole rumore del vento e delle onde.

Non è semplice imitazione naturalistica. Una lunga elaborazione del dipinto vuole trasformare la pittura in narrazione lirica. Tutti gli elementi del paesaggio concorrono alla costruzione di un poema che usa il linguaggio della natura. Lo spazio si trasfigura e svela la sua natura ideale, archetipica. Il compito del pittore è riscoprire l’origine immateriale del paesaggio, attraversando i contrasti cromatici e la tensione plastica delle forme. Alcune volte l’artista lascia spazio a figure umane, come in “Estate” (1930). I bagnanti nascondono il loro volto allo spettatore e lo invitano a contemplare l’orizzonte. Il protagonista è il mare.

Estate,1930

L’esperienza pittorica di Carrà incontra la modernità e torna indietro. Ritorna alla semplicità e all’essenzialità delle figure. Abbandona le metropoli e riflette sulle origini del paesaggio italiano. Una pittura che gioca sul tema dell’incontro e sfrutta il linguaggio della natura come strumento rivoluzionario di comunicazione.


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