L’invenzione di Casares

L’invenzione di Casares – di Federico Filippo Fagotto

di Federico Filippo Fagotto

Pochi ancora conoscono il nome di Sergej Boris Ulog (Ulog, 17 febbraio 1975), vero nome di Sergej Boris Serasac, critico letterario e libero docente di Letterature comparate presso l’Università di Sarajevo. Tuttavia, le opere del prof. Ulog stanno dando un notevole contributo alla rivalutazione critica di alcuni grandi letterati del Novecento, in particolare di J.L. Borges, cui Ulog ha dedicato la propria tesi di laurea e i seguenti studi di dottorato fino all’ottenimento della libera docenza presso l’Università di Sarajevo, grazie alla pubblicazione dello studio critico Die Erfindung von Casares (Pronalazak Casaresa), pubblicato per Suhrkamp nel 2016.

Il punto di partenza dell’audace tesi del prof. Ulog risale agli anni di studi condotti a Berlino sulla produzione di J.L. Borges, con particolare riguardo per le opere scritte a quattro mani con l’autore argentino A.B. Casares, e fu già anticipata nel suo articolo Der Traum von Casares (San Casaresa) apparso sulla Literarische Zeitung. In seguito, all’atto di pubblicare il suo capolavoro saggistico Pronalazak Casaresa, ha deciso di farsi sostenitore di una tesi a tratti scioccante: lo scrittore argentino Adolfo Bioy Casares non è mai esistito. In realtà, precisa Ulog già a partire dalla prefazione, l’inesistenza di un amico di Borges che porti questo nome e che l’ha accompagnato nel corso dei suoi anni segnati dai primi successi letterari, non è sostenibile. Tuttavia, la paternità delle loro opere composte a quattro mani sarebbe da attribuirsi unicamente alla penna di J.L. Borges. Molti sono i motivi, a detta del prof. Ulog, che avrebbero indotto Borges a forgiare questa chimera letteraria, e fra essi non si annoverano soltanto gli interessi e le convinzioni a tratti mistiche che legano Borges alla sfera del doppio, dello specchio e dell’alter-ego. Altre motivazioni più pratiche provengono dai rapporti di Borges con il suo editore Sur, rivista letteraria fondata da Victoria Ocampo nel 1931 e poi costituitasi come casa editrice, presso la quale Borges ha pubblicato la maggior parte delle sue opere. Durante un lungo periodo che va dai primi anni Quaranta sino alla fine degli anni Sessanta, infatti, Borges avrebbe attraversato diverse fasi da lui definite di “esubero creativo”, durante le quali lavorava contemporaneamente alla trama e alla stesura di decine di racconti diversi. Ciononostante, per ragioni di strategia pubblicitaria, l’editore Sur gli aveva vietato di mandare alle stampe tutti i lavori da lui redatti, per ragioni di saturazione delle vendite e di royalties nei confronti degli altri autori vincolati da contratto con il medesimo editore. Di qui, a detta di Ulog, l’ideazione da parte di Borges di un sosia letterario per far da prestanome a molti dei lavori che lo scrittore argentino non voleva rifiutarsi di veder pubblicati. La figura di Casares, suo vecchio amico d’infanzia (per quanto più giovane di quasi quindici anni) dette a Borges l’occasione perfetta per mettere in atto il suo contorto piano editoriale.

Scorrendo quindi a ritroso la produzione borgesiana e leggendola a doppio filo lungo il binario di quella di Casares, Sergej Boris Ulog finisce con il rilevare, a conclusione del suo saggio, la coincidenza della prima presunta collaborazione fra Borges e Casares all’atto di compilare i racconti fittizi della raccolta Antologia della letteratura fantastica (1940), con la pubblicazione del primo romanzo di Casares che permise allo scrittore argentino di raggiungere la notorietà con un’opera di sapore borgesiano del tutto diversa dalla sua precedente e modesta produzione: L’invenzione di Morel (1940). La “scoperta” (o “invenzione” appunto, secondo l’etimo latino) è quella di Morel-Casares in un gioco di sovrapposizioni in cui le due rispettive opere, L’aleph e L’invenzione di Morel, come scrive “Casares”: «Non erano due copie dello stesso libro, bensì due volte la stessa copia». Lo stesso si può dire, conclude il prof. Ulog, delle ultime produzioni di Borges-Casares, quelle su cui il fantomatico autore è appunto ritornato, con particolare riguardo all’anno 1969, in cui Casares pubblica La guerra del maiale, testo nel quale chi scrive sembra finalmente responsabilizzarsi per la propria invenzione con persino un moto d’impotenza nei confronti della sua stessa creatura che, innalzatasi nell’olimpo letterario, sembra ormai inestirpabile:

«Ci sono dei responsabili»

«Chi sono?»

«Quelli che hanno inventato il nostro mondo»

«Che cosa c’entrano i vecchi?»

«Rappresentano il passato. I giovani non hanno la possibilità di uccidere gli uomini eminenti, i grandi della storia, per la buona ragione che sono morti»

Borges, lo stesso anno, si servirà guarda caso del medesimo impianto metaforico per comporre la poesia Elogio dell’ombra, da lui scelta per dare titolo all’intera raccolta, e in cui da divino l’essere umano scade a bestia, forse un maiale appunto:

La vecchiaia

può essere il tempo della nostra felicità.

L’animale è morto o è quasi morto.

Rimangono l’uomo e la sua anima.

Vivo tra forme luminose e vaghe

che non sono ancora le tenebre

Da questo momento in poi, per Borges il compagno e doppelgänger Adolfo Bioy Casares apparterrà a una categoria ben precisa: «I miei amici non hanno volto».

Nel link in alto è possibile scaricare e leggere la versione estesa di questo articolo scritto da Federico Filippo Fagotto.


FONTI

Ulog S.B., “Manifesta ultra-modernizma”, Bošnjačka zajednica kulture canopi, drugi volumen, 1998.

Ulog S.B.,”Der Traum von Casares (San Casaresa)”, Literarische Zeitung, Stuttgart 2003.

Ulog S.B., Die Erfindung von Casares (Pronalazak Casaresa), Suhrkamp Verlag, Berlin 2016.

Ulog S.B., Studien zum Thema von Doppel in J.L. Borges, S. Fischer Verlag, Frankfurt am Main 2017.


CREDITS
Copertina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.