Advertising tattoo: quando il tatuaggio diventa business

Quella del tatuaggio è una tendenza ormai consolidata. Ma possono i tattoo, oltre che una moda, trasformarsi in vera e propria pubblicità? Da qualche anno è quanto sta avvenendo con successo sempre maggiore. Aumentano i brand che offrono ricompense a chi decide di disegnare indelebilmente il logo sul proprio corpo e le aziende che ripagano con sconti.

A lanciare l’idea, qualche anno fa, un giovane studente svedese, Philip Airosa, che, disposto a farsi tatuare marchi e siti, ha messo in vendita, a mille dollari, ogni centimetro quadrato della propria pelle a mo’ di cartellone pubblicitario. Ma c’è anche chi, come Karolyne Smith, ha optato per un tatuaggio temporaneo del sito di un casinò, pubblicizzadolo e guadagnando diecimila dollari.

Considerando la diffusione sempre maggiore del tattoo in America, nel 2012 la Marc Ecko Enterprises, brand americano di indumenti, ha offerto il venti per cento di sconto a coloro i quali decidano di tatuare indelebilmente uno dei due marchi iconici, scaricabili dal sito. Ovunque sia, il disegno, che dovrà essere solo uno perché la ricompensa non è cumulabile, verrà mostrato in cassa. Poca importanza viene data allo sfondo e ai colori, l’essenziale è che il logo sia riprodotto fedelmente e che venga rilasciata una certificazione: gli “adepti”, così, non si sono risparmiati, esibendo anche grandi tatuaggi in diverse parti del corpo.

Pain is temporary. Reebok is forever”: questo lo slogan pubblicitario della Reebok che, nel 2014, mise in palio circa seimila dollari a chi avesse tatuato in maniera soddisfacente sul proprio corpo il nuovo marchio. Il vincitore avrebbe potuto spendere il bottino in capi sportivi Reebok, nel giro di un anno. La competizione ha avuto luogo durante il Tough Viking di Stoccolma, la più grande gara di corsa ad ostacoli del Nord Europa: otto candidati si sono tatuati, ma solo uno è stato il vincitore. Anzi, la vincitrice: Camilla Nilsson che, con un grande tatuaggio sulla coscia, si è aggiudicata la sponsorship per un anno.

Sempre la Reebok è protagonista, questa volta, nella controversia con il giocatore di basket polacco Marcin Gortart. Il cestista, sponsorizzato dal brand sportivo, per stima nei confronti di Michael Jordan si tatuò la celebre schiacciata del giocatore dei Bulls, già logo della Jordan e quindi associabile alla Nike, rischiando di dare il via ad una vera e propria vertenza legale.

Non è difficile, a questo proposito, che i tatuaggi siano casi da tribunale. Nel 2001 fece discutere la proposta di Dakkan Abbe, presidente della Fifty Rubies Marketing che, per ovviare alla mancanza di sponsor sulle canotte dei cestisti NBA, avrebbe dovuto appaltare a celebri marchi sportivi i corpi dei giocatori. Questi avrebbero dovuto tatuarne i loghi sulle parti visibili. “Player’s skin is not part of his uniform”, queste le parole di Abbe che non riteneva illegale l’uso del corpo dei giocatori di basket a fini di marketing, nonostante la Lega negasse sponsorizzazioni sul campo.

 

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