La tragica storia del Dottor Faust

Il Dottor Faust, scritto da Christopher Marlowe nel 1590, viene ritenuto la prima rappresentazione teatrale delle leggenda di Faust. Di origine tedesca, la leggenda narra la storia dello studioso Faustus e del suo voler superare i limiti umani, scendendo a patti col diavolo Mefistofele e vendendo la propria anima per ventiquattro anni di poteri e conoscenze illimitate.

Uno dei temi principali all’interno dell’opera è il peccato: Faustus sceglie continuamente e consapevolmente di peccare e non tornare sulla retta via. Pecca scendendo a patti col diavolo per la propria avidità intellettuale; pecca anche di superbia nel non voler riconoscere i limiti umani, sacrificando la salvezza delle propria anima e quindi la propria eterna libertà. Alla fine dei suoi ventiquattro anni di potere, Faustus è solo pieno di paure e rimorsi, ma non si pente: ha troppa paura del castigo che potrebbe ricevere per cercare la redenzione e si rende conto di essere la causa delle propria rovina.

Sebbene l’opera venga scritta sulla base di una precedente leggenda, l’importanza di alcuni temi è particolarmente incisiva nel contesto storico a cui appartiene l’opera: mentre i pensatori illuministi tendono a voler ampliare sempre di più la conoscenza umana del cosmo, Marlowe rappresenta l’idea di Hybris (parola greca che indica la “tracotanza” e la “superbia” umana nei confronti dei propri limiti) indicando l’impossibilità per l’uomo di conoscere tutto. Fondamentale è anche la lotta tra bene e male: Marlowe amplia l’originaria trama del racconto mostrando più volte l’intervento di alcuni angeli, i quali tentano di influenzare le decisioni del Dottor Faustus. Benché Faustus non agisca mai nella direzione “giusta” della redenzione, Marlowe sottolinea come la scelta di tornare indietro sui propri passi sia sempre disponibile per lui.

La storia è paragonabile, e paragonata all’interno della stessa opera, al mito greco di Icaro: il giovane Icaro, dotato dal padre Dedalo di ali fatte di piume e cera, volò troppo vicino al Sole e morì cadendo quando la cera delle sue ali fu sciolta dal calore della stella; anche qui, sebbene il ragazzo fosse stato avvertito del pericolo in cui poteva incorrere qualora fosse andato oltre i limiti imposti, la voglia di libertà e l’illusione della propria invincibilità ebbero la meglio sul suo giudizio, e di fatto lo condannarono alla morte.

L’opera di Marlowe fu pubblicata nel 1604, postuma, ben dodici anni dopo la sua prima rappresentazione teatrale, e influenzò non solo i maggiori drammaturghi dell’epoca, ma anche molti altri autori nei secoli successivi, consacrando il nome di Christopher Marlowe tra i miti della letteratura e drammaturgia.


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