L’importanza della scenografia

Nell’esplorazione del design e delle sue pressoché infinite applicazioni, presto o tardi non sarebbe strano arrivare alla conclusione che lo si potrebbe paragonare al prezzemolo: nel senso che è un po’ ovunque e, soprattutto, non è mai completamente fuori posto.

Infatti, questa disciplina così ampia, fluida e versatile sposa bene molte forme d’arte, da cui solitamente non è separata da confini stabiliti e ben distinguibili.

Non ci sarebbe un momento migliore di questo, tra l’inebriante profumo zuccheroso delle chiacchiere ed i colori delle maschere e dei coriandoli rimasti appiccicati all’asfalto dopo l’ennesima parata di carnevale, per esplorare l’intersezione che esiste tra i mondi del design e del teatro. Difatti, non sono solo gli attori, con relativi costumi di scena, trucco e parrucco, gli unici requisiti per la buona riuscita di una rappresentazione teatrale.

Perché si può parlare di design nell’ambito teatrale? Cosa c’entra nella scenografia, ergo l’ideazione di elementi scenici di uno spettacolo?

(Indizio: oltre alla traduzione inglese, che la trasforma in set design).

La scenografia, sviluppatasi già nell’antica Grecia insieme alla forma di teatro cui siamo attualmente abituati, si pone come obbiettivo quello di dare un contesto appropriato all’azione che si sta svolgendo sul palco.

Gli oggetti di scena hanno la responsabilità di comunicare e fare da cornice ad una narrazione, allo stesso modo in cui gli oggetti che occupano un qualsiasi interno, e la loro disposizione, consegnano un messaggio ed un’intenzione precisi.

Nella progettazione di una scena, ci si deve rapportare ed interagire con lo spazio a disposizione. Senza dilungarsi in troppi dettagli tecnici, questo è uno spazio che grazie a giochi di luce ed altri trucchetti può sembrare enorme o minuscolo e soffocante. Ed è proprio l’abilità degli scenografi nell’ideare ed allestire le scene a rendere possibile l’adattamento dello stesso palco ad un’innumerevole varietà di generi e spettacoli.

Questa disciplina si è resa necessaria come cartina tornasole per il pubblico, quando gli spettacoli hanno cominciato ad includere un cast numeroso, trame complesse e luoghi diversi. All’inizio la scenografia consisteva semplicemente di sfondi dipinti, ai quali gli oggetti di scena si sono aggiunti a partire dal Diciannovesimo secolo, innamorato del realismo; per assumere man mano maggiore importanza.

Nel secolo successivo, poi, Adolphe Appia ha nuovamente rivoluzionato la scenografia. Il suo nuovo realismo prevedeva l’utilizzo di un minor numero di oggetti simbolici presenti in scena, in modo da permettere agli attori di muoversi su un palco più libero, e dimostrando che una scena spoglia non fosse necessariamente sinonimo di inespressività. Inoltre, assumevano un ruolo altrettanto fondamentale luci ed ombre, da sole in grado di manipolare uno spazio, seppure vuoto.

L’assenza di un ambiente circostante può avere altrettanta forza. La mancanza di elementi in uno spazio od un foglio non è mai casuale, anzi: anche il vuoto parla. Ne è un esempio calzante l’opera Aspettando Godot di Samuel Beckett, tra le pietre miliari del Novecento a teatro: gli unici elementi scenici sono un sentiero e un salice piangente, efficaci nell’esprimere i concetti su cui è costruita l’intera opera.

Quando si parla della caratterizzazione di un qualsiasi spazio, in qualche modo si parlerà sempre di design, che non necessariamente deve implicare l’ideazione e realizzazione di singoli oggetti: ovunque le cose non siano disposte con casualità si potrebbe parlare di design, ma così non si starebbe più zitti.

 

FONTI:

Study

Britannica 

 

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