H&M e la bufera mediatica: distrazione o razzismo deliberato?

Anche il 2018 non delude le funeste aspettative con cui si chiude quello che è stato un anno di tensioni, scandali e controversie: forse – diciamo “forse” – non è bastato assistere allo scempio perpetrato dal famoso ed evidentemente incontrollato Youtuber Logan Paul sul corpo del suicida – uomo, e ancora prima essere umano, meritevole di dignità – ritrovato nella foresta Aokigahara, il secondo luogo al mondo a registrare il più alto tasso di suicidi annuali. Ad inaugurare un anno di nuove speranze, si inserisce anche la bufera mediatica che sta investendo uno dei più noti giganti dell’industria tessile e della moda, H&M.

H&M nel centro della bufera mediatica: perché?

Lunedì 8 gennaio il colonnista del periodico statunitense The New York Times, Charles M. Blow, tagga la nota azienda di abbigliamento svedese H&M in un Tweet, accusando la direzione di aver perso completamento il senno. Il contenuto del messaggio si riferisce alla nuova campagna promozionale web per il sito britannico del brand, più precisamente alla foto di un modello bambino di colore. Si coglie nell’immediato l’oggetto della polemica del giornalista: la scritta sulla felpa pubblicizzata riporta le sue seguenti parole:

“The Coolest Monkey in the Jungle”

Charles M. Blow evidenzia l’idea razzista alla base della foto e della scelta di abbinare un modello a una felpa, la cui scritta svaluta la sua condizione di umano in base al colore della sua pelle. La sua interpretazione conosce un’ulteriore validazione in un’altra foto che immortala un modello bambino bianco indossare un medesimo capo, che restituisce però un diverso messaggio:

“Mangrove Forest Survival Expert”

Screenshot dal profilo twitter di Charles M. Blow

È inevitabile che uno slogan tanto innocente acquisisca un tono offensivo, se associato al volto di un bambino di colore, anche oggi che la questione razziale sembra – ma non è – definirsi chiusa. Al contrario è uno dei tanti temi discussi da Models of Diversity, un’organizzazione il cui fine è promuovere uguaglianza e diversità nel settore della moda. Il brand designer Alex Medina accusa H&M e la sua direzione artistica di negligenza e di mancata sensibilità nei confronti di problematiche sociali e culturali, marcando la presenza maggioritaria e schiacciante di modelli bianchi nelle precedenti campagne promozionali.

Opinioni contrastanti

Sono sufficienti pochi secondi perché il Tweet inneschi una catena di reazioni tale da sottoporre la questione all’occhio scrutinatore dell’intera società internazionale. Non si riescono a contare i personaggi celebri – e inevitabili modelli guida – che hanno preso posizione a partire dal settore musicale fino a quello sportivo: il cantante The Weeknd e il rapper G-Eazy decidono drasticamente di tagliare i rapporti e le collaborazioni con il brand svedese H&M; il produttore discografico Sean CombsDiddy”, il cestista LeBron James e il calciatore Romelu Lukaku pubblicano sui rispettivi account di Instagram fanart o immagini modificate che restituiscono al simbolico bimbo la dignità di King “re” o sostituiscono lo slogan originale con la scritta “Black is beautiful”.

Screenshoot dal profilo twitter del cantante The Weekend

Quasi la totalità degli utenti condivide la posizione promossa da Charles M. Blow, tuttavia una piccola parte del web non riconosce la realtà problematica della foto. Un utente di Twitter scrive: “è ovvio che [la campagna pubblicitaria] non è stato progettato per essere razzista. È offensivo solo se decidi che lo sia, cosa che hai fatto”, infatti in molti non vedono che un bambino indossare una felpa verde con una scritta “simpatica”. La stessa madre del modello, Terry Mango, la quale ha seguito il figlio durante il servizio fotografico, afferma di non aver assistito a nulla che ritenesse offensivo con un invito a lasciarsi dietro le spalle l’accesa diatriba.

Qual è stata la risposta di H&M?

L’azienda svedese H&M decide di assumersi responsabilità e colpe con conseguenti provvedimenti – senza tuttavia rispondere alle domande relativi al processo di produzione e alla decisione di usufruire di tale immagine. Com’è possibile infatti che nessun componente o collaboratore tra fotografi, stilisti, editori, abbia ritenuto tale scelta inappropriata? Un’analogia con il caso di Logan Paul e il suo team.

“Comprendiamo che molta gente sia infastidita dall’immagine della felpa per bambini. Noi, che lavoriamo per H&M, non possiamo che concordare.
Siamo profondamente dispiaciuti che tale immagine sia stata scattata e ci pentiamo anche dell’effettiva stampa. Perciò, non solo abbiamo rimosso l’immagine dai nostri canali, ma anche il capo di abbigliamento dalla nostra offerta di produzione.
È ovvio che il nostro modus operandi non è stata seguito propriamente. Questo senza alcun dubbio. Investigheremo in profondità sul motivo per cui ciò sia accaduto per prevenire che un errore di questo tipo si ripeta di nuovo.”

 

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