El tango de Fabian Perez

Mesdames et Messieurs ecco a voi le regole ferree per poter ballare un tango appassionato col proprio partner e per le suddette ricorriamo all’aiuto gentilmente offertoci da un grande maestro, che di ballerini ne ha visti tanti, intrappolandoli tutti nelle proprie tele: l’unico e solo Fabian Pérez.

Regola numero uno: il senso dell’attesa e l’invito.
Prima di ballare un tango sensuale, bisogna ben prepararsi per tale occasione che va vissuta al meglio, lasciandosi trasportare da quel turbinio di emozioni in cui si sarà coinvolti. Dunque va scelto l’abito più adatto: elegante e composto per lui, aderente e scollato per lei. Ci si presenta prima che le danze inizino ed indifferenti alla folla si gusta il momento dell’attesa assaporando con tranquillità un bicchiere di ottimo vino, o altro ovviamente. Dopodiché ‘el sensual juego’ ha inizio: un elegante cavaliere inviterà la dama prescelta.

Fabian Perez, Saba with glass of wine (Characters of the nights)
Fabian Perez, Proud to be a man IV (Characters of the nights)
Fabian Perez, El verso II (Romantic Encounters)

Regola numero due: l’empatia.
Le chiacchiere sono fondamentali per instaurare un legame con il partner: occorre cercare di conoscersi, per poter dare inizio ad un intrigante coinvolgimento che diverrà pura poesia a ritmo di musica. Il tango è un dialogo a due in cui si comunica col corpo, con le mani, con lo sguardo e solo a quel punto le parole non servono più. L’atmosfera cambia, le luci s’abbassano e le ombre si fanno più nette. L’occhio di bue illumina la pista.

Fabian Perez, Whispers VIII (Romantic Encounters)

Regola numero tre: il coinvolgimento della musica.
Quando l’atmosfera si è scaldata, è bene approfittarne: si deve lasciare che la magnifica cadenza del tango argentino scaldi l’animo come un indomabile fuoco da cui non ci si può liberare, lasciandosi trascinare dal suo tempo binario, dai suoi toni forti e le pause d’effetto. A questo punto, senza indugi, ci si avvicina alla pista e si osa: si inizia a ballare!

Regola numero quattro: l’improvvisazione.
Si giunge ora alla parte cruciale: come si balla il tango? Il tango è un ballo basato sull’improvvisazione, caratterizzato da eleganza, passionalità e sensualità. La posizione di ballo è un abbraccio frontale più o meno asimmetrico, a seconda dello stile, in cui l’uomo con la destra cinge la schiena della propria ballerina e con la sinistra le tiene la mano. Poche regole semplici dettano i limiti dell’improvvisazione: l’uomo guida, la donna segue. Un bel tango non è necessariamente caratterizzato da molte figure, esso è semplicemente costruito nel momento stesso del ballo.

Fabian Perez, Tango Zapatos Blancos (Dancers)
Fabian Perez, Love of Tango (Dancers)

Regola numero cinque: la conclusione.
Come ci si lascia dopo aver ballato intensamente fianco a fianco? La più auspicabile delle ipotesi suggerita dalle tele di Pérez, è una conclusione assai positiva, in cui si giunge all’apoteosi del coinvolgimento empatico. Pérez probabilmente non concepisce un distacco tra i ballerini, anzi, crede che sia il tango stesso ad averli indissolubilmente legati, dunque può esistere una miglior forma di ringraziamento di un dolcissimo abbraccio? Gli Abbracci di Pérez sono i dipinti più intensi e romantici delle sue collezioni che non possono lasciare indifferenti.

Fabian Perez, The Embrace III (Romantic Encounters)
Fabian Perez, The Proposal at Train Station (Romantic Encounters)

Usciamo ora dalla dimensione giocosa in cui è stato introdotto l’artista ed affrontiamo di petto il suo stile, caratterizzato dall’uso di uno sfondo densamente scuro, da cui affiorano i salienti particolari che consentono di ricostruire la scena svoltasi nell’ombra. È un intrigante “vedo – non vedo” dall’effetto teatrale intenzionato a far emergere il pathos dall’oscurità. È con questo sapiente uso dei contrasti che l’artista fa leva sulla componente emozionale, da ogni tela traspare un sentimento: di malinconia, serenità, passione e desiderio. Si tratta di un’indagine dell’animo umano, nelle sue svariate sfumature. Il tema del tango è un completo esempio di tale ricerca, che evidenzia la cura e l’attenzione con cui l’artista ha osservato i più abili ballerini: il loro coinvolgimento è pari a quello del pittore che ha fissato le loro pose passionali, ed allo stesso modo è il nostro, di chi osserva affascinato la carica emotiva che scaturisce dalla tela.

Chi è Fabian Pérez? Nato nel 1967 a Buenos Aires, Argentina, è un artista che ha avuto un’infanzia difficile a causa del padre che possedeva bordelli e discoteche illegali ed era inoltre un giocatore d’azzardo. Fabian fu segnato dalle vicissitudini della figura paterna, specie per la depressione che lo aggravò nell’ultimo periodo. Fu la madre ad incoraggiarlo ad intraprendere la carriera artistica che aveva come fonte plurima proprio quei locali, quelle atmosfere e qui personaggi dove il padre lo portava fin da giovane. Disegna soprattutto donne, che spesso altro non sono che le reminiscenze di quei soggetti osservati con curiosità e attenzione nei locali: donne cupe, dai pensieri rimuginanti, ma allo stesso tempo intensamente sensuali. Una volta rimasto orfano, la sua vita prese un’insolita piega: iniziò a vivere come un nomade, trovando rifugio sulle calde spiagge argentine. Il tutto cessò quando si trasferì a Padova, dove cominciò seriamente la sua carriera, inaugurata con delle piccole esposizioni. Dopo sette anni trascorsi in Italia, viaggiò anche in Europa restando colpito dai capolavori di Lautrec, Picasso, Sargent e Cezanne che influenzarono indubbiamente lo stile della sua pennellata.

Oggi Fabian ha uno studio a Los Angeles, dove vive anche con la moglie Luciana (che ritrae spesso) e i suoi tre figli.

“I miei dipinti sono scuri, perché cerco di dare solo un’idea, non ogni dettaglio. Io preferisco dipingere gli umori ai colori, in modo che lo spettatore percepisca l’emozione dipinta. La pittura è un modo meraviglioso di comunicare con le persone. Può essere difficile spiegare tutto quello che sento, e in qualche modo la gente lo capisce guardando la mia arte, meglio di quanto io possa mai dire.”


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