Quirico, gli Harragas e il loro viaggio in mare

A te. Straniero, se passando mi incontri e desideri parlarmi, perché non dovresti farlo? E perché non dovrei farlo io?”.
Walt Withman

Notizie su notizie raccontate alla televisione, alla radio, scritte nero su bianco sui giornali, che raccontano di barconi, viaggi in mare, persone che fuggono, clandestini.

Ma è corretto usare questa parola?

Domenico Quirico (di cui vi abbiamo già parlato qui) dice che inganna, svia. Dovremmo restaurare la antica, cara, nostra, parola di emigranti, perché non è soltanto e, soprattutto, la miseria che li muove. Certo, l’hanno mangiata da sempre, ma il motivo per cui vanno via è un altro e non è univoco. Ognuno ha un motivo in parte comune, in parte differente dagli altri.

Tutto è raccontato in Esodo – Storia del nuovo millennio, l’ultimo libro di uno dei più grandi giornalisti dei nostri giorni.

Domenico Quirico, Esodo. Storia del Nuovo Millennio, Neri Pozza

Chi è il migrante? Bastano i numeri a disegnarne la sagoma perfetta nelle nostre menti?

No, secondo il giornalista; i dati, le percentuali, che diventano il nome comune di migliaia di uomini, non bastano affatto per identificarli.

Come spiegare la Grande Migrazione oggi?

Domenico Quirico racconta la sua esperienza di giornalista che ha guardato, fianco a fianco, su un barcone, i migranti vivere l’esperienza di andar via dalla propria terra.
Ventidue ore nel Mediterraneo, accanto a Karim, Nurad e a tutti gli Harragas, letteralmente “coloro che infrangono la linea”, per raggiungere l’Europa. È l’ultima speranza, che Quirico condivide con loro.

È il desiderio di una nuova vita, che li spinge a mettersi in mare, confidando in uomini, trafficanti, di cui non conoscono la fedeltà; ad affidare loro con gioia quei duemila euro che si sono guadagnati con fatica, ammucchiando sacrifici, giorno dopo giorno, in un paese in cui lo stipendio è di cento euro al mese. Salgono su barche a cui è difficile attribuire quel nome. Sì, un giorno lo saranno anche state, ma non ne conservano, oggi, che una vaga parvenza.
Sanno che l’Europa significherà per loro fatica, disperazione, umiliazioni, e che, se la buona fortuna arriverà, sarà per pochi.

Ma partono lo stesso, perché siamo noi lo spazio vuoto che vogliono attraversare.

Noi, al sicuro tra le pareti accoglienti delle nostre case, non abbiamo paura di uscire, di fermarci a parlare per le strade; non temiamo di venire picchiati perché la nostra gonna è troppo corta, la maglietta troppo scollata. Le donne europee non guardano il mondo da una fessura, mentre molte tunisine sì, molte algerine, egiziane, libiche.

Spesso non ci accorgiamo, troppo presi dalle nostre quotidiane occupazioni, che il destino di questa persone è intrecciato al nostro. È difficile capire davvero. Sullo schermo della nostra televisione vengono proiettate immagini, spesso crude, che scorrono davanti ai nostri occhi attoniti, disorientati, stupefatti, a volte indifferenti. È così difficile credere a ciò che ci trasmettono i telegiornali.
Tentiamo di immedesimarci nel dramma altrui, ci sforziamo di renderlo vivido e concreto nei nostri pensieri, ma per raccontare, concepire questa Grande Migrazione è necessario conoscere la gente, vivere l’attesa, il viaggio, la paura.

È questo ciò che ha voluto fare Domenico Quirico, narratore sensibile, attento, rigoroso nella sua ricostruzione dei fatti, in un libro vero che, per citare le parole di Quirico, ‘non dovrebbe incutere paura, ma risvegliare una nuova energia’.


FONTI
Qurico, Esodo. Storia del Nuovo Millennio, Neri Pozza, 2016

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