PLOT OPERA: ANDREA CHÉNIER, VITTIMA DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE

Di Ilaria Zibetti

Il 7 dicembre scorso tutto il mondo si è concentrato su Milano, dove presso La Scala è andata in scena la Prima. Tradizione culturale e mondana – anche un po’ pacchiana certe volte –, riesce a incuriosire e, forse, avvicinare per una sera anche chi non è appassionato d’Opera.

Quest’anno è stato scelto il capolavoro del compositore Umberto Giordano, “Andrea Chénier”, debuttato il 28 marzo 1896 proprio presso il teatro meneghino. Assente in questo tempio della lirica da oltre trent’anni, torna in grande stile sotto la bacchetta del Maestro Riccardo Chailly, con la regia di Mario Martone ( tra i suoi lavori: “Noi credevano” e “Il giovane favoloso”), la ricca scenografia di Margherita Palli e gli splendidi costumi di Ursula Patzak.

Tra gli ipercritici che vivisezionano l’esibizione e gli ammiratori, difensori ad ogni costo dei loro beniamini, ritengo che la verità su questa edizione stia nel mezzo. Come ne la “Madama Butterfly” della scorsa stagione, anche quest’anno è stata abbracciata la filosofia della rappresentazione fedele all’ambientazione originale dell’opera, ricreandone atmosfere e particolari che la rendono assai gradevole sia allo sguardo sia all’udito. Questo elemento di immersione nella vicenda, a dispetto dei paladini dei futuristi e dei minimalisti, è assai importante per creare uno spettacolo unico e credibile in quanto tale. Un’esecuzione orchestrale e canora pulita, senza particolari slanci, in alcuni punti poco passionale e più attenta alla tecnica magari, però nel complesso all’altezza della situazione. L’emozione della Prima può essere un ostacolo e, piuttosto che rischiare steccate o sbavature, si è giocato in difesa, citando il linguaggio sportivo. Comprensibile senza dubbio. Ma la Prima è la Prima e le critiche ne sono l’ingrediente principale. Indiscutibile però è la bellezza della storia: potente, struggente e realistica, considerando che il protagonista è esistito veramente in uno dei periodi più complessi della storia.

L’azione comincia in Francia, nell’estate del 1789, poco prima che scoppi la Rivoluzione. La classica quiete prima della tempesta. Nel palazzo dei Conti di Coigny fervono i preparativi per uno dei loro consueti party esclusivi. Tra la servitù indaffarata spicca Carlo Gérard, un lacché, il quale  si slancia in una profonda riflessione sull’ipocrisia degli aristocratici, sull’ingiustizia sociale e la sua condizione umana così degradante. Partiamo bene. Ma tutto questo svanisce alla vista della ragazza di cui è segretamente innamorato: Maddalena, la figlia della Contessa. Inutile dire che è la protagonista femminile. Questa, accompagnata dalla sua cameriera e confidente, Bersi, deve ancora finire la toilette (il trucco e parrucco per intenderci) in occasione del ricevimento e non ne avrebbe molta voglia. Condivisibile, data la moda scomodissima dell’epoca. Alla fine riesce comunque a essere pronta e accoglie con la madre gli amici del loro ceto, il clero, gli artisti… tra i quali vi è un giovane poeta schivo: Andrea Chénier. Quest’ultimo nega di declamare dei versi per sollazzare gli ospiti e allora Maddalena decide di deriderlo per scherzo, causando la reazione di Andrea: egli si cimenta nell’aria “Un dì all’azzurro spazio”, improvvisando un’aspra poesia che mira a denunciare la miseria di quel periodo e la superficialità dei nobili. Questo incontro rimarrà impresso in entrambi i giovani, che si allontanano in direzioni opposte. La festa viene però interrotta da un evento insolito: alcuni popolani, guidati da Gérard, entrano nel salotto come segno di protesta per la loro povertà. La Contessa, sdegnata, lo licenzia e l’ex lacché non se lo fa ripetere due volte: pronto ad imbracciare le armi pur di cambiare la propria sorte e quella di molti altri come lui. Il party continua ma niente sarà più come prima…

Giugno, 1794. L’energia rivoluzionaria scorre da tempo per le strade e ognuno vive come può nella Francia del Terrore di Robespierre. Bersi ora è una cortigiana e fervente rivoluzionaria ma non si sente al sicuro: infatti ella è spiata dall’Incredibile (termine che indicava un prototipo del dandy), uomo di Robespierre, incaricato di individuare tutti i nemici della patria e tra questi sospetta anche di Chénier. La scena si sposta proprio sul poeta, il quale si incontra con un suo amico, Roucher. Preoccupato per la sua salvezza, gli suggerisce di lasciare la Francia però Andrea rifiuta. Egli è innamorato di una donna con cui si scrive da diverso tempo ma della quale non conosce l’identità. Proprio quel giorno dovrebbero finalmente vedersi dal vivo e non ha assolutamente intenzione di mancare. Roucher lo mette in guardia sul probabile catfish e ipotizza che l’amata altro non sia che una Meravigliosa (ovvero una delle cortigiane alla moda), portatrici di inganni e di trappole. Essendo Andrea un sorvegliato speciale non ci sarebbe da sorprendersi. L’amore si sa rende ciechi e il nostro non ci aveva minimamente pensato. Proprio quando Roucher aveva convinto l’amico a salpare e salvarsi la vita… viene avvicinato da Bersi, la quale gli annuncia in un sussurro rapido che una donna gravemente minacciata lo attende. È la sua amata. Richiamato dall’ormone Andrea si reca all’appuntamento e a Roucher non resta altro che seguirlo per dargli man forte in caso di aggressione. Poco dopo, nella penombra della sera che scende, si incontrano Andrea e Maddalena, ora uniti da un nuovo sentimento nato anche attraverso le lettere (altro che Whatssapp!) e dal pericolo che incombe su entrambi, si dichiarano amore e l’intenzione di vivere o morire insieme. Che teneri che romantici, finché Gérard non interviene. Diventato uno dei big della politica, è lui che ha inviato l’Incredibile a spiare Bersi al fine di scoprire dove si trovava l’erede dei Coigny! La ragazza riesce a fuggire mentre Andrea e Gérard ingaggiano un duello. Quest’ultimo viene colpito ma, riconoscendo Andrea, lo lascia andare e gli chiede di proteggere Maddalena. Il popolo poco dopo sopraggiunge e il ferito decide di non denunciare Chénier, dichiarando di esser stato attaccato da un ignoto.

Cittadini! La patria è in pericolo!” Questo è il solenne refrain che viene detto dagli esponenti attivi della Rivoluzione: tutti sono contro la Francia e occorre “oro e sangue” per sconfiggere i paesi stranieri che la minacciano. Gérard, ripresosi, parla al popolo domandando il suo appoggio nella guerra ed esortandoli a donare qualsiasi bene utile. Si fa avanti un’anziana donna cieca, Madelon, che con un gesto generoso consegna suo nipote, ultimo membro vivo della sua famiglia, perché venga arruolato. È un momento particolarmente toccante nonché una delle pagine più belle dell’opera. Rimasto solo con l’Incredibile, Gérard scopre da questi che Andrea Chénier è stato arrestato e verrà sicuramente condannato a morte come controrivoluzionario se Gérard scriverà una lettera in cui elabora delle accuse qualsiasi. Inizialmente riluttante, al pensiero di poter finalmente avere l’amata Maddalena per sé, Carlo compila dei fogli mentre intona la celeberrima aria “Nemico della patria?”. In essa egli rimugina sulla sua nuova condizione: servo di una passione accecante che lo rende una bestia, lui che ambiva ad essere migliore e a creare un futuro più giusto per tutti. È diventato anche lui una macchina assassina, che con una firma strappa una vita. Amareggiato da sé stesso, fa recapitare ugualmente i documenti al Tribunale. In quel punto arriva Maddalena la quale, compresa l’ossessione dell’ex servitore, decide di sacrificarsi e di offrirsi carnalmente a lui pur di assicurarsi di poter salvare Andrea. Lo struggente brano “La mamma morta” (ripresa dal film “Philadelphia”) descrive la miseria e la rinascita della ragazza grazie alla forza dell’amore e che proprio per quello è disposta a compiere qualsiasi azione: dopo gli orrori vissuti, ella non ha altro motivo per vivere se non Andrea. Gérard, colpito da quel gesto, le chiede di perdonarlo e afferma di voler tentare ogni mezzo per salvare Chénier. Durante il processo ogni sforzo è vano: il poeta è condannato a morte.

Il finale altro non è che l’esaltazione dell’amore sull’altare del sacrificio estremo. Due amanti che, in un periodo tumultuoso, incerto e sanguigno, han trovato l’uno nell’altra la sola ragione di vita. Privi della famiglia, con pochissimi amici e minacciati da uomini più potenti di loro, uniscono le loro forze vitali in un abbraccio che li terrà stretti fino alla soglia del patibolo. Maddalena infatti, pur di non abbandonare Andrea, decide di corrompere il carceriere al fine di sostituirsi a un’altra condannata e morire accanto al suo amore.

I temi affrontati da quest’opera spaziano dalla sfera affettiva a quella politica, dalla morale alla storica regalandoci momenti sublimi come le arie citate nell’articolo. La riflessione sorge spontanea al termine della visione: la bestialità umana può davvero trovare redenzione? L’arte e la cultura sono destinate a soccombere di fronte alla violenza e alla cecità che spesso caratterizza la politica? Il desiderio di un mondo migliore può giustificare anche i mezzi più crudeli? Davvero non c’è possibilità per l’amore di esistere se non attraverso la morte? È necessario che anche gli innocenti paghino per le colpe commesse da altri? Tante domande e altrettante risposte, rappresentate dai diversi personaggi che si affacciano sulla scena: sognano, piangono, combattono… insieme ad un coro, il popolo, altro enorme personaggio che con voce polifonica, assordante, è assetato di giustizia e finisce con il sovrastare il grido di chi, semplicemente, invoca grazia.

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