L’architettura per Riccardo Dalisi: contesto sociale e lavoro di gruppo

Riccardo Dalisi, architetto, artista e insegnante, nasce a Potenza nel 1931 e sin dagli anni Cinquanta si trasferisce in quella che poi verrà considerata la sua città, ossia Napoli, per intraprendere gli studi di architettura.

Il suo lavoro si distingue, già dai primi progetti, come fortunata unione tra arte, architettura e design, e per la volontà di attuare il concetto di sostenibilità nelle sue opere, utilizzando quindi materiali poveri.

Nel 1981 Dalisi viene premiato con il Compasso d’oro per il design della caffettiera napoletana Alessi; attua un processo di indagine sulle origini, gli usi, la fabbricazione della caffettiera a rovesciamento della durata di ben otto anni, che lui trascorre nelle botteghe di Napoli.

Riccardo Dalisi

Altro progetto interessante è quello riguardante lo studio sui mobili e gli oggetti di Antoni Gaudì, che fu poi pubblicato per Electa nella collana diretta da Filippo Alison. Il risultato non porta ad una catalogazione delle opere di Gaudì, ma questa originale analisi di Dalisi si spinge fino alla ricostruzione in cartapesta della sedia di casa Batllò, eseguita grazie alla collaborazione di studenti e partecipanti della piccola comunità locale, elemento identificante del concetto artistico di Riccardo Dalisi.

Entrambi questi progetti, presi come esempio, sono originati da teorie elaborate verso la fine degli anni Sessanta, messe poi in pratica tramite esperienze di laboratorio urbano organizzate da Dalisi, in quel periodo, a Napoli.

Il modo di approcciarsi al lavoro artistico di Dalisi, pone come assoluta centralità la ricerca di un rapporto con il contesto urbano, studiando soluzioni flessibili attraverso il lavoro di gruppo.

Queste tematiche ricorrenti sono presenti già dagli anni Sessanta e pongono le loro origini dal rapporto che instaura con Francesco della Sala, allievo di Walter Gropius negli Stati Uniti, quando entra a far parte del suo studio; collabora inoltre anche con Massimo Pico Ciamarra e Michele Capobianco alla realizzazione di diversi progetti.

Riccardo Dalisi, Animazione al Rione Traiano, 1971-1975

Successivamente, viene incaricato come insegnante presso l’Università Federico II di Napoli, dove ha modo di esprimersi riguardo il rigido rapporto tra funzione e forma modernista e come agire al fine di superare questa problematica.

Nell’ottica dalisiana, il modo per arginare tutto ciò è inserire un terzo elemento in questo rapporto: il contesto. Instaurare relazioni sociali e strutturali e far rapportare forma e funzione con il contesto, così da creare un rapporto funzionale e armonioso.

Per arrivare a questa conclusione, Dalisi ha lavorato sul campo ed è inoltre giunto a sostenere che l’architetto deve avere a propria disposizione strumenti derivanti da altre discipline come l’urbanistica, la sociologia, l’antropologia, oltre che prestare attenzione a fattori sociali e ambientali.

Riccardo Dalisi, Rione Traiano, laboratorio con i bambini, anni Settanta.

Fondamentale è, inoltre, l’interesse per l’edilizia scolastica, o tematiche pedagogiche in generale, che affondano le loro radici nel concetto che la città intera debba essere intesa come ambiente didattico, e che la scuola o l’università siano comunità.

La forma architettonica è per Dalisi pensata come un qualcosa di fluido e dinamico, un processo creativo che si sviluppa nel corso del tempo e che cresce insieme a coloro che vi collaborano.

Tutti questi elementi si sviluppano al meglio all’interno del progetto per la realizzazione dell’asilo per il Rione Traiano di Napoli, lavoro svolto tra il 1969 e il 1971, che però non giungerà mai ad una conclusione.

L’idea è quella di agire al fine di creare questo edificio a scopo didattico in un luogo caratterizzato da grandi problematiche sociali, tramite la partecipazione di un nucleo di persone comuni che da sempre sono stati esclusi dalla partecipazione della vita sociale. Diventa così un modo per creare qualcosa di utile con funzionalità propedeutica, valorizzare e migliorare il contesto sociale, e agire alla fondazione di un nuovo sistema di lavori per le persone che vi prendono parte.

Il momento stesso della partecipazione al progetto è parte fondamentale del processo artistico e dunque si inserisce nell’iter progettuale in modo attivo, con la capacità anche di modificarne la realizzazione.

Si crea dunque una globale collaborazione, spesso difficile sopratutto in fase iniziale, che però porta alla formazione di relazioni sociali.

All’inizio Dalisi si trova a dover agire in grande difficoltà, in quanto si inserisce in una situazione di completo degrado, dove gli abitanti si trovano in una sorta di ghetto isolato dal resto della città, privi di qualsiasi infrastruttura o servizio e circondati da discariche abusive. Tutto ciò ovviamente comporta anche la forte presenza di violenza incontrollata di ogni genere anche tra bambini e ragazzi.

L’artista inizia la sua collaborazione con questi bambini adibendo come spazio di lavoro degli scantinati; l’obiettivo è quello di interessare i bambini attraverso il lavoro pratico, e quindi Dalisi decide di assegnare loro dei disegni che poi avrebbero trasformato in strutture in scala 1:1 molto semplici, realizzate con legno, spago e filo di metallo.

Inizialmente, data la mancanza di rapporto tra Dalisi e i bambini, e il loro disinteresse al progetto, l’artista crea un legame dato da una sorta di contratto, dove lui offre una piccola somma di denaro per convincerli a partecipare al lavoro.

Nonostante questa iniziale difficoltà nel coinvolgerli, in seguito si sviluppa una risposta creativa nei bambini, che utilizzando oggetti d’uso quotidiano, si sentono anche parte di qualcosa di grande.

L’architetto si occupa di procurare tutti i materiali necessari, esegue i primi disegni e modelli e in seguito i bambini vi agiscono liberamente; dopo aver dato spazio alla loro creatività, Dalisi analizza e rielabora le soluzione date dai suoi piccoli collaboratori, per poi riportare loro le modifiche, creando un continuo scambio.

Purtroppo l’asilo nel Rione Traiano, pensato per le esigenze dei bambini, non verrà mai realizzato, ma la fase progettuale è comunque parte del lavoro artistico di Dalisi e le si deve riconoscere la dovuta importanza e innovazione.

Con il suo modo di agire in campo artistico, Riccardo Dalisi ha avuto modo di creare un rapporto di scambio reciproco con i bambini e ragazzi coinvolti, agendo in campo sociale, pedagogico, artistico, con una soluzione nuova e affascinante.


FONTI
L’uomo nero. Materiali per una storia delle arti della modernità, anno XII, numero 11-12 arti applicate, maggio 2015, a cura di Paolo Rusconi.


 

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