Oh, vita!: tutti i riferimenti culturali nel testo di Jovanotti

Dunque, il disco, Oh, vita! non mi piace. 14° album in studio, 14 tracce: lo storytelling di Jovanotti non ha colpito nel segno questa volta. Nonostante l’ampia pubblicità e notorietà in radio e in televisione che sta ricevendo l’ultimo lavoro di Lorenzo Cherubini, non penso che abbia quel quid che ha da sempre caratterizzato la musicalità del cantante romano.

Forse perché l’album uscito il 1° dicembre sotto la potente etichetta Universal Music (forse eccessivamente potente per un artista come Jovanotti, tanto da stonare con il suo modo di porsi) è stato troppo sponsorizzato come un grande disco e, come spesso capita, le attese sono state deluse.

Si scherza dai, non è tutto da buttare.
Oh, vita! è prodotto da un genio come Rick Rubin, il quale ha maturato una grande esperienza nel campo grazie ad una serie di collaborazioni importanti, come i Red Hot Chili Peppers, quel matto (troppo spesso sottovalutato) di Johnny Cash, Eminem, Beyoncé e i Linkin Park.

Inoltre, il singolo omonimo, Oh, vita!, sembra un dipinto. È una canzone fantastica e fin dal primo ascolto entra nella testa, grazie al suo ritornello orecchiabile e alla sequenza di immagini, colori e parole tipica dei testi di Jovanotti.

Il brano è ricco di riferimenti agli Stati Uniti e all’America in generale. L’Orinoco e il Mississippi sono due dei fiumi principali del continente e rappresentano l’anima del Nuovo Mondo, mentre quando lo sguardo si rivolge alle città, Jovanotti individua la vera vita in tre luoghi: ad Atlanta, capitale della Georgia, ad Hollis, un rione newyorchese del Queens, e ad Aracataca, una piccola cittadina della Colombia.

Qui non è il Mississipi
E nemmeno Atlanta
Ma non so che cosa c’è
Nella mia pelle bianca
E a quattordici anni mi ha fatto sentire come
Nato a Hollis, Queens
Ma sotto falso nome
Ho il passaporto italiano
E un cuore mediterraneo
Working class hero
Con un amore spontaneo
Per la botte piena
E per la moglie ubriaca
La base aerospaziale nel centro di Aracataca
Gabo Marquez, Valentino Rossi ed Happy Days
Diego Velasquez, Saturday Night Fever, Walk This Way
E quando senti il richiamo nella foresta
E la mia musica
È la tua festa

Sarebbe interessante scoprire il vero motivo per cui Lorenzo ha inserito queste località all’interno della sua canzone: un viaggio, un sogno, un’ispirazione o un semplice adattamento al testo?

Con un sound rap che ricorda molto il Jovanotti delle origini, compie poi una carrellata su quella che potrebbe essere definita la sua cultura pop.

Si passa da Valentino Rossi ad Happy days, la trasmissione in onda tra il 1974 e il 1984 (o forse si riferisce alla hit di Ghali?), da Walk this way, il singolo degli Aerosmith del 1975, al film cult Saturday night fever, con protagonista un giovane John Travolta, fino al nonsense di Mary Poppins e al libro di Jack London, una classico della letteratura per ragazzi e non.

Skin skin dai
So-socializza
Ritmo mozzarella pomodoro
Ecco una pizza
Supercalifragilissimeespiralitoso
Uomo paleolitico di impatto mostruoso
Non sono laureato ma posso insegnare ad Harvard
Ed improvviso sul tempo meglio che al Village Vanguard
Ormai sono uno standard
Un grande classico
Quickstone rock’n’roll, Mister Fantastico
Se esiste un dio, forse si forse no, boh
Ma ascolto le storie disposto a crederci un po’
Che siamo figli di qualcuna
Il resto è tutto da fare
Non ho radici, ma piedi per camminare

Il Village Vanguard è uno dei più rinomati jazz club del mondo, aperto a New York nel lontano 1935, mentre i due riferimenti all’Alcatraz e al Razzmatazz ritengo possano essere legati ai due noti locali notturni/discoteche di Milano e Barcellona.

Infine, non me ne vogliano gli storici dell’arte e della letteratura, Gabo (Garciel Garcia) Marquez, premio Nobel nel 1982, e il pittore spagnolo Diego Velazquez concludono questa intensa ed appassionata carrellata.

Ho il flow di un jazzista
E il mood di un barista
Le ossa rotte e riparate a forza di stare in pista
Con la pistola ad acqua
Rapino la banca
La mossa del cavallo a elle
Che la via che spalanca
Verso lo scacco al re
Verso la rivoluzione
Un cantautore con la lingua come una percussione
Che batte dove duole il dente, dove passa la gente
Alcatraz, Razzmatazz
Precipitevolissimevolmente
Coraggio la fantasia in viaggio
E tocco il centro esatto del cuore selvaggio
La foce dell’Orinoco
La poesia, il gioco
Sento un calore baby, è il Sacro Fuoco

Il brano si chiude con il riferimento a Lucio Dalla e alla sua Futura, in una citazione che funge da chiosa a riferimenti a drammatici fatti di attualità.

Boom boom boom boom
Ritmo della vita
La barzelletta di una natura addomesticata
Ah beh sì beh vacci a credere te
Che è tutto sempre relativo come piace a me
Non sono qui per il gusto, per la ricompensa
Ma per tuffarmi da uno scoglio dentro all’esistenza
Sono un migrante
Sono un cantate
Un panettiere a Damasco
Una stella distante
Un pianoforte scordato dentro una sagrestia
L’avanguardia di guardia davanti alla retrovia
Nel tempo della paura, aspetto la fioritura
E se è una femmina si chiamerà
Futura
Futura

Se fossero state tutte così le canzoni di Oh, vita!, sarebbe stato un gran bell’album (forse per i romantici si salva Chiaro di luna e per i sociologi In Italia). Sarà per la prossima volta.


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