Toulouse-Lautrec a Palazzo Reale

Per comprendere le opere di Toulouse-Lautrec è essenziale contestualizzarle biograficamente e storicamente. La mostra a Palazzo Reale dedicata all’artista francese, visitabile fino al 18 febbraio 2018 ha proprio il merito di essere riuscita a proporre una lettura suggestiva del suo lavoro attraverso un continuo rimando alla sua vita privata: lungo tutto il percorso, i pannelli esplicativi e l’audioguida gratuita donano nozioni sulla singolare esistenza dell’artista.

Interessante la scelta di accogliere il visitatore con una sala dedicata alla biografia di Toulouse-Lautrec, subito seguita da un’altra in cui sono esposte fotografie che ritraggono l’artista in posizioni ambigue e provocanti. Esse donano al visitatore l’immagine di un uomo minuto e dalla grande personalità.

Toulouse-Lautrec

 

Toulouse-Lautrec

L’artista nacque ad Albi nel 1864 da una delle famiglie più antiche e prestigiose di Francia con il nome di Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Monfa. I nobili natali furono la fortuna, ma al contempo la sfortuna dell’artista che, a causa dell’unione incestuosa tra i genitori (cugini di primo grado), tipica nelle famiglie nobili con lo scopo di mantenere il “sangue puro”, nacque con una malattia ossea che condizionò tutta la sua esistenza. In età ancora infantile infatti le sue gambe smisero di crescere, tanto che da adulto si ritrovò con un busto sviluppato sorretto da gambe da bambino.

Toulouse-Lautrec

Questa sua immagine grottesca lo perseguitò tutta la vita e condizionò profondamente il suo lavoro e soprattutto la scelta dei suoi soggetti. Nonostante la provenienza aristocratica, l’amore e il supporto incondizionato della famiglia, Henry si sentì per tutta la vita un emarginato al pari di un artista squattrinato o, addirittura, di una prostituta.

Contrariamente a molti artisti la passione di Toulouse-Lautrec per l’arte non fu mai ostacolata dai genitori, che anzi lo incoraggiarono fin dall’inizio ad intraprendere la carriera artistica. Henry si avvicinò all’arte piuttosto precocemente; in gioventù l’artista fu costretto, a causa della malattia, a passare molto tempo a letto. L’arte divenne quindi per il giovane uno svago, ma anche un modo per esprimere sé stesso e trovare il suo ruolo nel mondo.

Nella prima sala sono esposte le opere giovanili di Toulouse-Lautrec dove domina incontrastata la figura del cavallo, influenzato probabilmente dalla passione del padre per il mondo equestre. Mondo però dal quale, viste le sue condizioni fisiche, Henry si sentì probabilmente rifiutato.

La mostra è poi scandita in diverse categorie tematiche: il periodo dell’apprendistato, il mondo variopinto del quartiere di Montmartre e del Moulin Rouge, i ritratti, il nudo e le “case chiuse”, la rappresentazione della modernità e così via.

L’interno della mostra

Nonostante questa organizzazione un po’ rigida proposta dalle curatrici, Danièle Devynck e Claudia Beltramo Ceppi Zevi, la mostra dona spunti di riflessione interessanti. Molto bello ad esempio l’accostamento di alcune opere giapponesi ai disegni di Lautrec.

Come tutte le mostre “Blockbuster” proposte a Palazzo Reale anche questa è nel complesso ben realizzata, sia nei contenuti, che nella forma scenica. Ciò che però è abbastanza criticabile è il titolo della mostra “Toulouse-Lautrec. Il mondo fuggevole”, che può dare false aspettative allo spettatore. Nella mostra a Palazzo Reale infatti non è esposto alcun celebre quadro dell’artista, ma sono presentate solo opere minori, disegni e locandine.

Locandina dell’artista

 

Locandina dell’artista

Ciò non costituisce affatto un limite, ma sarebbe forse più corretto esplicitare la scelta curatoriale nel titolo, così da non deludere il visitatore che si aspetta di andare ad ammirare qualche capolavoro dell’artista francese.

Presentare una mostra senza quadri è effettivamente diventato di tendenza, si pensi anche alle attuali mostre milanesi su Klimt e Chagall. Esse sono anche piuttosto suggestive, ma rimane quantunque discutibile, come per Toulouse-Lautrec, l’elevato costo del biglietto e il titolo un po’ ingannevole che gli è stato dato.



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