Filosofi e profeti: l’importanza di argomentare

Immaginate di voler giocare alla lotteria. Non sapendo quali numeri giocare, decidete di chiedere consiglio ad un paio di amici. Entrambi vi consigliano una manciata di numeri e voi li trascrivete diligentemente sul vostro taccuino. Non sapendo però a chi dei due dar retta, pensate che l’unico modo sia chiedere le ragioni del loro ispirato consiglio. A questo punto uno vi dice “Perché me lo sento, amico mio”. L’altro invece vi risponde: “Facile, ho corrotto il responsabile delle estrazioni. So quali numeri usciranno”. Ora, a chi dareste retta?

Ecco, al di là di chi dei due sarebbe bene frequentare, l’idea è che un certo tipo di filosofia dovrebbe risultare molto più simile al secondo che al primo dei vostri amici. Non nel senso che i filosofi siano particolarmente inclini al gioco o alla corruzione, o che non possano avere delle sensazioni difficili da motivare agli altri. L’idea piuttosto è che dovrebbero sempre portare delle buone ragioni per quanto sostengono.

Con le parole di P. T. Geach:

“I filosofi […] non sono saggi che se ne escono con dei pronunciamenti non argomentati, ma pensatori che argomentano per ciò che pensano. Non sto dicendo che i filosofi dovrebbero ignorare i saggi; non è possibile prevedere cosa finirà per essere filosoficamente interessante o importante. Ma, se studiamo davvero i pronunciamenti di qualche saggio, […] essi possono apparire contraddittori. Il saggio può essere poco propenso a impegnarsi a discutere le nostre obiezioni, e può avere ragione a non volerlo fare; ma se dobbiamo continuare a prenderlo sul serio, almeno i suoi discepoli dovrebbero essere pronti ad ascoltare le nostre obiezioni e a dare delle risposte sorrette da argomenti.”

Si può dire la cosa giusta per la ragione sbagliata. Così come si può dire la cosa sbagliata per la ragione giusta. Una ragione però ci deve essere. E deve essere chiara. Senza, un vero progresso della conoscenza sarebbe praticamente impossibile. David Hume la pensava così. Molti problemi filosofici nascono da una scarsa o nulla chiarezza argomentativa:

“Da questa sola circostanza, che cioè una controversia è stata per lungo tempo tenuta in piedi e rimane ancora indecisa, possiamo presumere che vi sia qualche ambiguità nell’espressione e che coloro che disputano congiungano differenti idee ai termini adoperati nella controversia.”

 

David Hume in un ritratto di Allan Ramsey del 1766

Diffidate di chi si pronuncia senza motivare con sufficiente chiarezza e dice cose del tipo: “Esser vegetariani non ha senso. La superiorità dell’uomo sull’animale è un fatto assodato!”. Bene. Ma su cosa si fonderebbe esattamente questa presunta superiorità? Su qualche capacità particolare, per caso? E se anche il dominio sull’animale fosse cosa assodata, sarebbe perciò giusto nutrirsene? No, questo non è argomentare. Questa è un’opinione come tante altre. Non vale molto più di “Prevedo che col nuovo anno arriverà finalmente la svolta che tanto aspettavi nella tua vita sentimentale”.

Il problema dunque diventa il seguente: come si argomenta con chiarezza? Risposta breve: con argomenti chiari. Risposta lunga: in senso tecnico per “argomento” si intende un ragionamento costituito da degli enunciati che fungono da premesse e da un enunciato finale che funge da conclusione. L’argomento è valido se e solo se (sse) è impossibile che le premesse siano vere e la conclusione falsa. Un altro modo per dirlo è che un argomento è valido sse le sue premesse implicano necessariamente la conclusione; o che la conclusione segue necessariamente dalle premesse. Il problema però è che le premesse non sempre sono vere. Quindi un argomento è fondato sse i) è valido e ii) le sue premesse sono vere. Ecco un esempio:

Premessa 1: Se questo articolo serve a qualcosa, allora serve a far arricchire il suo autore

Premessa 2: Questo articolo non serve a far arricchire il suo autore

Conclusione: Quindi questo articolo non serve a niente

Se volete rifiutare questo argomento, avete due strade: mettere in dubbio la verità di almeno una delle premesse, oppure metterne in dubbio la validità (la conclusione non segue dalle premesse). La cosa ideale è che ci si lasciasse convincere solo da argomenti fondati nel senso appena descritto (validi e con premesse vere). Non sempre però c’è il tempo o la voglia di farlo. Per esempio in questo momento uno dei due fattori appena indicati manca. Ai lettori dunque l’ardua sentenza sull’utilità di questo articolo – o sulle finanze del suo autore.


FONTI

P. T. Geach, Reason and argument, Oxford 1975

David Hume, Ricerca sull’intelletto umano, Laterza, Bari

Filosofia

Argomentare

 

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