Netflix

Netflix e la rivoluzione dei Big Data nell’intrattenimento

Dove risiede l’incredibile successo di Netflix? Potremmo pensare a creatività e buon intuito, ma è facilmente intuibile che la piattaforma “giochi” in modo diverso rispetto ai più importanti canali televisivi. Ma in cosa consiste realmente questa modalità di agire e come entrano in campo i Big Data?

Partiamo dall’inizio. Netflix non è sempre stata come la conosciamo oggi, anzi, nata come attività di noleggio di DVD e giochi nel 1997, solo dieci anni dopo incomincia a sperimentare lo streaming. Sbarcato in Canada, ha registrato un estremo successo, che ha portato ad un’espansione progressiva – che ha coinvolto inizialmente l’ America Latina nel 2011, seguita dall’ Europa – culminata poi, lo scorso anno, in un’estensione globale (che vede però esclusa la Cina). Milioni di viewers, milioni di dati raccolti. Cosa farsene, allora?

Contrariamente ad altre aziende, Netflix ha una relazione olistica con i propri utenti, dai contenuti – sempre migliori per soddisfare i clienti – fino alle licenze di prodotto: Netflix compra i diritti (per mandare in streaming un certo titolo) e licenza, che non è legata al numero di visualizzazioni (al contrario delle licenze musicali). In questo modo gli interessi di Netflix e quelli degli utenti coincidono: consumare i contenuti quante volte si vuole. Si può riassumere questo concetto affermando che l’obiettivo di Netflix in tutti i suoi campi – marketing, prodotto, streaming, contenuto, pagamenti, customer service – è di aumentare il valore della proposta per l’abbonato.

Prendiamo ad esempio il prodotto.

Netflix è un’azienda basata sui data, ogni qualvolta venga proposto un cambiamento, questo viene testato e se non muove statisticamente un ago nella scala, la proposta non viene portata avanti. Uno dei campi su cui si sperimenta di più è il layout: dove posizionare titoli, caratteristiche, meta data, o aggiungere contenuti come descrizioni, migliorare la ricerca etc. Ma ricordiamoci che Netflix è in tutto il mondo: diversi paesi, diverse preferenze! La personalizzazione e l’individualità sono protagonisti indiscussi: i data permettono di portare il giusto titolo davanti al corretto utente. Insomma, l’algoritmo utilizzato predice idealmente quale contenuto vorrai vedere una volta connesso.

Ma arriviamo al succo: i contenuti.

Titoli da acquisire in licenza, ma soprattutto, contenuti originali. Netflix è unico, prende la parte tecnologica della compagnia – l’abilità innovativa – e la applica all’industria dei media. Non ha le limitazioni dei networks tradizionali, offre un catalogo molto più ampio rivolto a persone con gusti diversi, che possono accedervi esattamente quando vogliono. Per renderlo possibile, però, Netflix deve porsi e porre molte domande: come prediciamo l’appeal di un titolo? Come pensiamo alla copertura dei contenuti, migliorando o sostenendo i contenuti che entrano ed escono dal catalogo? Quanto pensiamo che un titolo valga quando facciamo un’offerta per comprarlo? E come pensiamo ai contenuti originali, visto che il brand sarà associato ad essi? Tutto questo materiale digitale viene raccolto, analizzato e porta Netflix a compiere specifiche azioni.
Dove finisce la creatività in tutto questo? Pensiamo a tutte le volte che abbiamo distolto lo sguardo dallo schermo perché una scena era troppo cruenta o spaventosa per noi, o a quando abbiamo addirittura spento o cambiato canale. Netflix sa esattamente quando interrompiamo un film o un episodio. E allora perché non prendere il mio dato e combinarlo a quello di milioni di altri utenti per prendere decisioni creative?

Nel 2015 Netflix ha affermato che avrebbe triplicato i suoi contenuti originali, Amazon ha annunciato piani per 12 film annuali sulla sua piattaforma, e YouTube ha dichiarato che YouTube Red vuole realizzare 10 film originali. Molti contenuti originali, quindi, non solo da Netflix. Un’ottima notizia? Sì è vero che il numero di contenuti originali aumenterebbe drasticamente, ma la qualità sarà la stessa per tutti? Eppure le compagnie basate sui Big Data stanno vincendo un numero incredibile di premi: Netflix ha ricevuto 133 Emmys nomination – di cui 33 solo nel 2016. Nel 2016 Netflix e Amazon hanno ricevuto più nomination ai Golden Globe dei 4 maggiori networks messi insieme. I critici amano la rivoluzione made in Silicon Valley!

Prima di Netflix le decisioni venivano prese in una stanza: i veterani dell’industria si ritrovavano ed utilizzavano i loro anni di esperienza per stimare quante persone avrebbero guardato un certo show. Il passo successivo sarebbe stato usare le loro credenze sul comportamento degli spettatori per dare note ai creativi – sceneggiatori, registi etc – suggerendo quali scene sarebbe stato opportuno tagliare per ottimizzare la limitata messa in onda. Allora perché non pensare che Netflix utilizzi i big data per fare lo stesso ragionamento? È chiaro che Netflix non stia replicando gli stessi processi esistenti nell’industria dell’intrattenimento, ma stia utilizzando i data per creare una serie di nuovi processi.

Prendiamo ad esempio House of Cards: il vantaggio di Netflix non è stato sapere che esistessero moltissimi fan di Kevin Spacey e nemmeno che House of Cards della HBO fosse un grande successo. L’arma vincente di Netflix è costituita da un processo che non esiste in nessun’altra azienda di broadcasting: sapere esattamente chi sono i fan di Kevin Spacey. Questo gli ha permesso di costruire un contenuto che favorisse i loro interessi personali. E tornando al punto spiegato in precedenza: in generale se una certa scena genera un dispiacere da far spegnere la tv ad uno spettatore, quella scena dovrà essere tagliata. Tale discorso per Netflix non sussiste, non deve preoccuparsi dell’inserimento di scene controverse che possono, di fatto, compromettere i propri finanziatori, perché non ha un sistema basato sulla pubblicità come i classici network televisivi e non teme che un utente si possa sentire offeso da un certo show, perché ha molte alternative da offrirgli.
Tornando alla qualità. Netflix gioca su un piano completamente diverso dalle aziende di broadcasting, non deve cercare più spettatori per un singolo show. Vince trovando o creando più show, che presentano caratteristiche che incontrano gli interessi individuali degli utenti.

In conclusione: il potere, una volta, risiedeva nel come il contenuto veniva creato e nel come veniva distribuito, oggi il problema è slittato. La nuova risorsa è l’abilità di controllare i Big Data – necessari a gestire l’attenzione del fruitore – e le piattaforme indispensabili per  raccogliere quei dati.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Un commento su “Netflix e la rivoluzione dei Big Data nell’intrattenimento”