DOSSIER| Quando la guerra non basta: la persecuzione dei cristiani in Siria

La Siria è dilaniata dalla guerra da ormai 7 anni. Partita come una pacifica protesta della popolazione contro il regime Bashar al-Assad, presidente della regione, si è trasformata ben presto in un conflitto di carattere internazionale, in cui sono coinvolti non solo il governo e molteplici gruppi di ribelli armati, ma anche potenze esterne al paese che mirano a proteggere i propri interessi (USA, Russia, Inghilterra, Francia, Iran e Turchia, solo per citarne alcune) e addirittura lo stesso Stato Islamico, con mire espansionistiche nella regione.

A pagare le spese del conflitto sono soprattutto i civili: dal 2011 al 2016 sono state stimate circa 400mila vittime e 4,9 milioni di rifugiati, il numero più alto del mondo. La situazione è drammatica, il popolo siriano sta soffrendo profondamente, ma certi gruppi sono più vessati di altri. I cristiani, ad esempio. Prima dell’inizio conflitto, quando godevano di libertà religiosa, costituivano il 10% della popolazione, mentre nel 2016 erano poco più del 5%: la metà di loro in questi anni è stata uccisa o costretta a fuggire. Questo accade perché i cristiani si ritrovano loro malgrado ad occupare delle aree importantissime ai fini del controllo del territorio, contese tra il governo e i gruppi sovversivi come ad esempio le città di Aleppo e Damasco; questo li pone sicuramente in una posizione di vulnerabilità.

La Costituzione, modificata dal governo centrale nel 2012, prevede che “la religione del presidente della Repubblica” sia l’Islam”;la giurisprudenza islamica deve essere la principale fonte di legislazione anche se formalmente permane il divieto di discriminazione per “sesso, origine, lingua, religione o credo”. Di fatto le cose stanno diversamente, però. Mentre sono consentite le conversioni dal Cristianesimo all’Islam, il contrario è severamente proibito e anzi, punibile penalmente per “provocazioni di tensione tra le comunità religiose”. Chiunque compia questa scelta viene esiliato dalla propria comunità di appartenenza. Inoltre, alle donne musulmane non è permesso sposarsi con appartenenti ad altre religioni; gli uomini musulmani invece possono farlo, ed acquisiscono automaticamente la tutela dei figli in caso di divorzio o separazione.

Aleppo

Purtroppo c’è dell’altro. I gruppi armati, in primo luogo l’ISIS, costringono i cristiani a pagare una tassa, la jizya, imposta a tutti coloro che non credono in Allah. Una spesa veramente difficile da sostenere per povera gente che ha a malapena i soldi per acquistare il cibo. Le chiese sempre più spesso vengono demolite per costruire moschee. La libertà religiosa viene calpestata, ma spesso non sono quella. L’ISIS ha infatti messo in atto una vera e propria persecuzione nei confronti dei cristiani, che sfocia inevitabilmente in episodi di orribile violenza. Innumerevoli sono stati i bombardamenti delle chiese durante le celebrazioni dei riti religiosi, così come gli attentati terroristici nei luoghi di culto e gli stermini di massa nei villaggi più piccoli, senza risparmiare nessuno, nemmeno i bambini. Gli individui più in pericolo sono senza dubbio sacerdoti e i membri del clero, riconoscibili immediatamente dal loro abbigliamento: ormai si è perso il conto di quanti sono stati rapiti e torturati in attesa di un riscatto e, il più delle volte, uccisi. Ma non è raro che ad essere sequestrati siano anche semplici civili, sgozzati in diretta dopo aver dichiarato ad alta voce la propria confessione religiosa.

La situazione potrebbe però migliorare: da pochi giorni, infatti l’ultima roccaforte dello Stato Islamico in Siria è stata abbattuta e forse la popolazione potrà finalmente riacquistare un po’ di pace.

 

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