Blade Runner: il mondo dei replicanti e le sue metafore

*WARNING: Contiene possibili spoiler dei due film* 

Con l’uscita dell’attesissimo sequel Blade Runner 2049, nella mente di tutti i “fantafanatici” del genere sono riemersi tutti gli interrogativi che circondano il mondo originariamente ideato da Ridley Scott e riportato sul grande schermo da Denis Villeneuve: l’universo futuristico – caratterizzato da buio, grigio, e pioggia costante – all’interno del quale i “lavori in pelle” vivono come schiavi o come agenti speciali e la società è basata su un rigido sistema piramidale, che non si scosta poi tanto da ciò che l’umanità ha visto nelle ere passate.
Un’interpretazione filosofica del mondo di Blade Runner, con i conseguenti richiami ad elementi della cultura e della società contemporanee è quasi necessaria.

Innanzitutto, l’immagine generale che Ridley Scott ci regala è quella di un mondo distopico e freddo, in cui il clima è caratterizzato da tempeste di sabbia arancione e  una quasi totale assenza di luce naturale. In questo paesaggio desolato, la globalizzazione e la tecnologia hanno riempito gli spazi, un tempo verdi, con pubblicità olografiche, immense navi che solcano il cielo e centinaia di bazar lungo le strade di Los Angeles. Sembra quasi che, nella maniera più pessimistica possibile, entrambi i registi vogliano offrirci un’immagine del prossimo futuro.
I personaggi che popolano le città indossano abiti in pseudo-plastica, utilizzano ombrelli al neon e molto spesso sono persino dei replicanti, ormai diffusisi su larga scala; i fuoriusciti, coloro che non possono abitare le metropoli, popolano invece la wasteland aggredendo gli ignari viaggiatori del luogo. Poco oltre, intere fattorie digitalizzate  producono “proteine” allevando larve e insetti per il fabbisogno generale.
Al centro di tutto, c’è la mastodontica torre di Niander Wallace (Jared Leto), che proietta luci nel cielo come ad indicare l’assoluto dominio sulla società.
Wallace, successore del direttore ucciso dal replicante Roy Batty, è egli stesso un replicante avanzato, collegato a decine di piccole sonde indipendenti e appare come un guru cieco, una specie di Dio padre, capace di dare e di togliere tutto a sua discrezione. La sua freddezza, unita alla sua compostezza e alle sue riflessioni psicologiche, ci mostrano un soggetto privo di moralità e deciso a conseguire i propri scopi.
L’agente K (Ryan Gosling), all’opposto, sembra combattuto a causa della sua coscienza simil-umana, tanto che arriva a provare affetto per la sua intelligenza olografica portatile chiamata Joi; entrambi rompono infatti il muro dell’artificialità creando un rapporto d’amore semplice e genuino, ma soprattutto raro da trovare nella società odierna. Più K va a fondo nei misteri che circondano la Wallace Corp. e i suoi membri, più vediamo la trasformazione che lo porta dall’essere un “guscio vuoto” a una figura portatrice di una spiccata emotività.
Si assiste così al processo opposto rispetto a quello affrontato dal protagonista del primo film (interpretato da Harrison Ford); Deckard infatti rimane “gelido” per tutta la durata della trama convinto che i replicanti “difettosi” vadano eliminati senza pietà e rimorso: solo quando Batty gli salva la vita in extremis, si rende conto di aver giudicato nel peggior modo possibile i lavori in pelle. Il famoso monologo di Batty, in cui esprime il concetto dei “ricordi che alla morte svaniscono come lacrime nella pioggia“, mette a nudo infatti una coscienza pura, incontaminata e filosofica che abita probabilmente tutti gli esseri umani artificiali.

I due film possono essere quindi interpretati come lo specchio l’uno dell’altro: se nel primo episodio avevamo generalmente protagonisti umani, fatta eccezione per Batty e il suo gruppo, Villeneuve sembra aver preferito mostrarci i lati nascosti dei replicanti, quasi a voler chiudere l’ampio cerchio aperto da Ridley Scott.

Per comprendere a pieno un mondo tanto ampio e complesso, è quindi necessario metabolizzare entrambi i film, sebbene ci sia uno stacco di quasi trent’anni tra i due.
Il finale di Blade Runner 2049 fa comunque presagire che, possibilmente nei prossimi anni, vedremo una continuazione della storia di Deckard e della ormai imminente insurrezione contro Wallace e il suo impero.

FONTI

Visione di entrambi i film

Analisi e commento dell’autore

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