La Caduta: gli ultimi giorni di Hitler

Già da domani milioni di persone mi malediranno….ma è così che ha voluto il destino

Scritto e diretto da Oliver Hirschbiegel, “La Caduta” è un film del 2004 che ripercorre gli ultimi giorni di Adolf Hilter (Bruno Ganz) nel suo bunker a Berlino, durante l’assedio sovietico della città. In particolare, vengono mostrati gli ultimi dieci giorni, dal 20 al 30 aprile 1945, quando ormai non vi è più speranza di terminare la guerra con la resa.
Le vicende sono raccontate dalla ex-segretaria di Hitler, Traudl Junge (Alexandra Maria Lara), che si era fatta precedentemente assumere nel 1942, poi sopravvissuta alla guerra.

Il 20 aprile 1945 Berlino è accerchiata; l’esercito russo si trova ormai a dodici chilometri dal centro della città e bombarda costantemente gli edifici governativi e i quartieri più importanti, costringendo i rappresentanti del partito nazista a nascondersi nel bunker della Cancelleria. I soldati tedeschi ricevono l’ordine di resistere ad oltranza al nemico sovietico mentre gli alti comandi della Gestapo e delle SS fuggono verso nord per “contribuire alla difesa del Reich”, lasciando Hitler completamente solo.
Solo alcuni irriducibili, tra cui Joseph Goebbels, Eva Braun, Wilhelm Burgdorf e Hans Krebs rimangono nel bunker, ormai convinti che il suicidio sia una scelta migliore alla cattura e alla resa.
Altre figure come Hermann Goering, Heidrich Himmler e Albert Speer lasciano la scena, nel tentativo disperato di aprire un canale con gli Alleati e salvare quel poco che resta della Germania dall’annientamento.

La folle politica di Hitler lo spinge a reclutare semplici bambini nelle fila della famigerata Gioventù Hitleriana per difendere la città dal travolgente assedio russo, mandandoli incontro a morte certa.
La sua paranoia e la conseguente malattia lo hanno reso un uomo instabile, insicuro e irascibile, privo di ogni contatto con la realtà. Forse per pazzia, forse come bluff, sembra convinto di poter ribaltare la situazione, cercando di muovere sul territorio armate semidistrutte o comunque incapaci di portare a termine azioni efficaci. I suoi luogotenenti cercano comunque di assecondarlo, spinti da un fanatismo analogo.
Man mano che l’assedio procede, la brutalità delle SS verso la popolazione civile si fa sempre più atroce. Donne, anziani e bambini vengono giustiziati sommariamente per diserzione e i pochi scampati alla strage possono solo nascondersi tra le rovine.

Il 25 aprile 1945, dopo aver formalmente preso in moglie Eva Braun, Hitler si uccide insieme a lei, sparandosi. Precedentemente aveva preso accordi con un membro del suo staff perché le spoglie di entrambi venissero bruciate e rese non identificabili dal nemico. La stessa cosa fa Goebbels, dopo aver assistito la moglie nell’avvelenamento dei loro cinque figli, prima di spararle e togliersi la vita a sua volta.

Traudl e le altre segretarie si uniscono quindi ai pochi fuggitivi rimasti per abbandonare la sacca di Berlino e salvarsi, mentre Burgdorf e Krebs si tolgono la vita.
Giunte alla periferia della città mentre il generale Weidling annuncia alla radio la morte di Hitler e la resa incondizionata della Germania, le ragazze e il gruppo di soldati e SS sopravvissuti vengono rapidamente circondati dalle truppe sovietiche. Su consiglio del comandante di brigata Mohnke, Traudl riesce a superare le linee nemiche con un ragazzo, Peter, che aveva precedentemente partecipato ai combattimenti come artigliere e i cui genitori erano stati giustiziati dalle SS.
Abbandonata la città in rovina, i due attraversano le campagne in bicicletta, ormai liberi dall’incubo del nazionalsocialismo.

La Caduta” è un film forte, drammatico e terribilmente accurato. La critica tedesca aveva chiesto “è possibile rappresentare il mostro Hitler come un semplice essere umano?”. La risposta è no.
Sebbene nei primissimi minuti (in cui la storia ha luogo nel 1942), Hitler appaia come un vecchio saggio, pacato, elegante e simpatico, l’improvviso balzo in avanti della trama mostra come il suo tracollo psicofisico sia stato ripido e spietato: il suo odio per le altre “razze”, la sua totale apatia dinanzi allo sterminio del suo popolo, i suoi deliri di onnipotenza e il suo distacco dalla realtà sono una costante per tutta la pellicola. Dopo quaranta minuti gli spettatori, inermi dinanzi ad uno spettacolo tanto orribile, possono solo chiedersi quando tutto ciò finirà, ed effettivamente finisce.
La pazzia di Hitler sembra contagiare anche altri: Eva Braun appare come una squilibrata quasi inconsapevole del destino a cui va incontro, mentre Goebbels, sebbene incarni fino alla fine gli ideali del partito nazista, sembra avere rari spacchi di lucidità mossa dal dolore per la morte dei cinque figli; sua moglie, al contrario, è il degno riflesso del fuhrer ormai distaccato dal mondo.
Il regista ha voluto spezzare ogni tabù, regalandoci forse uno dei bicchieri più amari della storia del cinema.
La sensazionale recitazione di Bruno Ganz, che ha messo anima e corpo in questo ruolo, è senza dubbio il fiore all’occhiello di una produzione forte, ben riuscita e in qualche modo politicamente corretta.

Le critiche, specialmente da parte tedesca, non sono mancate. Per alcuni è ancora “troppo presto” per rappresentare il mostro in maniera tanto accurata. Per altri è necessario sbattere in faccia a tutti la realtà, al fine di non rivivere mai più un decennio buio come fu quello della Germania nazista.

FONTI

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