Il profilo di uno stupratore

Quando vengono compiute azioni dai risultati catastrofici spesso ci viene da chiedere: perché? Perché le persone arrivano a spogliarsi di tutto ciò che le rende tali, per trasformarsi in mostri dell’orrore, che provavano piacere  a immergersi nella sofferenza altrui. A queste domande, che riverberano spesso incessantemente nella mente delle vittime di stupro, si può cercare di dare delle risposte. Risposte, che comunque non restituiranno il senso a un gesto di per sè insensato, ma potranno essere utili a lavarsi via dalla testa i pensieri di colpa e di vergogna che spesso torturano le vittime di uno stupratore.

Bisogna subito premettere che gli stupratori possono derivare da diverse condizioni economiche e differenti ceti sociali, tuttavia molte delle loro storie hanno tratti in comune che vale la pena comprendere e analizzare; se non altro nell’utopica speranza di poterne prevenire la nascita in futuro. In effetti il filo comune di questi passati è l’aver appreso, sin da bambini, la violenza come strumento di soddisfazione dei propri desideri. Questo tipo di insegnamento avviene all’interno dell’universo familiare o scolastico, dove il futuro stupratore è stato prima vittima di violenze, anche se non necessariamente di tipo sessuale. Il quadro complessivo è di un ambiente ricco di frustrazioni, di umiliazioni, viste o subite, molto povero a livello culturale ed economico; sono tutti fattori che possono solo aumentare esponenzialmente l’aggressività di un individuo. Non è quindi un caso che la maggior parte degli stupri in Italia (69,7%), avvengano all’interno delle mura domestiche a opera del proprio partner, riflettendo così quell’interazione violenta assorbita in passato.

Voi cosa fate quando siete arrabbiati? Magari urlate, magari piangete, magari vi mette a pulire tutta la casa da cima a fondo, o magari vi fate la doccia per ore e ore al fine di rilassarvi. Sono tutti meccanismi di controllo, o gestione delle proprie emozioni. Queste persone imparano a gestire la propria aggressività tramite l’umiliazione altrui, e sfruttano fini distorsioni del pensiero, che li portano a giustificarsi per i propri atti, sfuggendo così al senso di colpa. In queste distorsioni – come sottolinea Angelo Zappalà psicologo e criminologo – : “in molti casi hanno radici anche in una subcultura maschilista tradizionale tipo “se la donna dice sempre di no, invece vuol dire sì”. Questa distorsione riguarda anche il modo con cui lo stupratore recepisce il mondo femminile in generale: quindi se normalmente il maschio (seguendo delle regole di comportamento dettate dalla nostra cultura), tende a ignorare o controllare i messaggi di tipo sessuale che le donne inviano, quando scoprono seno e gambe, il potenziale stupratore interpreta questi segnali come un invito sessuale”.

Distorsioni e comportamenti del genere sono il risultato di un ambiente complessivamente spoglio da qualsiasi punto di vista, dove un individuo non sarà in grado di sviluppare capacità empatiche, così importanti per avere una chiara percezione delle nostre responsabilità verso gli altri e rispetto per le regole sociali. Percezione che sembra mancare completamente nella mente di uno stupratore.

A seguito di questa consapevolezza siamo costretti a ripulire la nostra società da una cultura maschilista che finisce per favorire l’oggettivazione della donna, e per farlo è inutile ritrovarsi fra attivisti convinti in caffè letterari. La pulizia deve partire dal basso, da dove di solito non vogliamo guardare protetti dalla nostra ipocrita superiorità. Un’attivazione sociale che parta da un intervento psicologico per casi a rischio è fondamentale in maniera tale che le vittime di oggi non siano gli stupratori di domani.


FONTI

Poliziamoderna

Lezioni Dottor Ruben De Luca sullo stupro seriale

 

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