LUXURY WASTE: IL LUSSO CONTRO LO SPRECO

Basta allo spreco. Sembra essere questo il nuovo slogan del settore del lusso 2.0 che si sta attivando per riciclare e riultilizzare gli scarti che produce. Al timone di questa nuova ondata si trova il colosso inglese Burberry, che ha avviato un contratto quinquennale con il brand Elvis & Kresse che si farà carico di circa 120 tonnellate di resti, i quali verranno trasformati in nuovi prodotti.

Gli accessori saranno venduti dalla stessa Elvis & Kresse, che ha fondato il suo successo proprio sul riutilizzo e sul riciclo dei materiali di avanzo di altre aziende tessili, e metà degli incassi sarà devoluto in beneficienza in modo da finanziare la causa delle risorse rinnovabili. Allo stesso modo, questo tipo di filosofia può essere di ispirazione per i neo artigiani che si inseriranno all’interno di un’ottica meno invasiva e meno inquinante.

Sono comunque recenti le aperture di questo settore, e della moda in generale, nei confronti di pratiche più eco solidali, sebbene le ripercussioni (negative) per l’ambiente e per il consumatore fossero note a tutte le aziende produttrici. Il CEO di Kering, la multinazionale francese a cui appartengono brand come Gucci e Bottega Veneta, François-Henry Pinault si è espresso in favore di una produzione fondata sulla sostenibilità, ritenendo questo percorso come il futuro del nuovo lusso. Risulta chiaro come una linea di pensiero di questo tipo possa portare, in futuro, alla delineazione di un mercato della moda il cui elemento competitivo primario sia proprio l’impatto ecologico. A questo proposito, Kering ha stabilito protocolli specifici che regolino pratiche di business più sostenibili a livello sociale ed ambientale.

Accanto all’impegno di Kering troviamo un’altra grande multinazionale francese, la LVMH, la quale integra nelle sue tattiche di business regolamentazioni ecologicamente corrette: ad esempio, il cognac Hennessy utilizza del legno proveniente da foreste gestite in modo sostenibile, inoltre il gruppo stesso possiede una foresta privata, la prima ad essere certificata PEFC (certificazione forestale che attesta che la gestione boschiva risponde a determinati criteri di sostenibilità) in Francia. A validare l’impegno ci ha pensato il WWF includendo le due aziende tra i dieci gruppi internazionali classifIcati sulla base del loro lavoro ambientale, sociale e governativo (ESG).

Malgrado sia ancora lontano l’obbiettivo di un commercio più conscio e attento, non si può non notare i passi avanti che sono stati fatti, le innovazioni apportate, anche in termini di sensibilizzazione del consumatore. In testa troviamo grandi gruppi aziendali che portano avanti una ricerca avanguardista nel miglioramento delle condizioni, nel trasformare, reinventare, scoprire tecniche innovanti.

Rimangono aperte le controversie, sicuramente, ma possiamo fare loro fede o è possibile, invece, sperare in un cambiamento che in qualche modo comincia a palesarsi?

 

FONTI:
  • Cesare Amatulli, Matteo De Angelis, Michele Costabile, Gianluigi Guido, Sustainable Luxury Brands: Evidence from Research and Implications for Mangers;
  • wwd.com
  • weforum.org 

CREDITS:
  • Pinterest

 

 

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