Donne saudite al volante, abrogato il divieto di guida

Nel 2012, la cantante britannica M.I.A. dedicava il suo singolo “Bad Girls” alle “cattive” donne saudite che guidavano illegalmente la propria auto nella loro patria. Sono passati più di 5 anni, eppure la notizia arriva comunque inattesa: lo scorso 26 Settembre, con una decisione storica, il re saudita Salman ha emanato un decreto che pone fine al divieto di guidare per le donne saudite. L’Arabia Saudita era stata fino ad ora l’unico paese al mondo dove fosse presente una simile restrizione alle libertà individuali della donna. Alcuni sostengono che questa svolta imprevista sia da attribuire al giovane erede al trono Mohammed bin Salman. Il 32enne, con aspirazioni riformiste per il proprio paese, è anche autore del progetto Vision 2030, che mira a ridurre nei prossimi anni la dipendenza dei sauditi dal petrolio.

La rivoluzione non sarà immediata. Il monarca saudita ha convocato una commissione ministeriale per attuare la decisione entro la fine di ottobre. Si prevede che le prime patenti non verranno rilasciate prima di giugno 2018. Nel mentre, si cercherà di addestrare le forze dell’ordine a interagire anche con guidatrici donne, in una società ancora fortemente basata sulla segregazione dei sessi. E se da un lato la fine del divieto di guida rappresenta un’importante sfida vinta per i movimenti attivisti e le donne saudite, non bisogna dimenticare le continue lotte e le difficoltà affrontate per arrivare a questo riconoscimento.

Manal al Sharif è una delle organizzatrici della campagna Women2Drive, che dal 2011 si è occupata di dare una voce alle donne che si vedevano negato il diritto di guidare. E nello stesso anno in cui M.I.A. girava un video con donne al volante con il volto coperto dal tradizionale hijab, l’attivista era ospite in Italia di un festival organizzato da Internazionale. Ai loro microfoni, Manal al Sharif racconta la vicenda dall’interno: il divieto era uno dei tanti strumenti per soggiogare e controllare le donne, per limitarne la libertà individuale. Era un’altra modalità con cui si impediva alle donne di uscire di casa da sole, senza la supervisione di un uomo. L’unica alternativa, spiega l’attivista, era prendere un taxi, ma ovviamente questa non era certo una soluzione praticabile nella vita di tutti i giorni, soprattutto per le donne dei ceti meno abbienti. Al Sharif, 5 anni dopo, festeggia l’importante vittoria per il movimento con un tweet:

https://twitter.com/manal_alsharif/status/912769533911240704?ref_src=twsrc%5Etfw&ref_url=http%3A%2F%2Fwww.bbc.com%2Fnews%2Fworld-middle-east-41408195

Se volete una dichiarazione, eccone una: “L’Arabia Saudita non sarà mai più la stessa. La pioggia inizia con una singola goccia” #Women2Drive

Ma in molti sostengono che una singola goccia non sia sufficiente a curare la siccità. La situazione dei diritti civili nel paese rimane ancora estremamente lontana dalla parità di genere. Una donna saudita deve ancora ottenere il permesso del padre, del fratello, del marito o del figlio se vuole viaggiare, lavorare, o accedere ai servizi sanitari. Non può avere contatti con uomini con cui non abbia legami di parentela e deve rispettare un rigido codice di abbigliamento, arrivando a rischiare l’arresto per una banale minigonna. Inoltre, nel paese vige un forte sistema di censura e repressione politica, come denuncia Amnesty International, che accusa la nuova guida del delfino Mohammed bin Salman di perpetrare violenze e abusi contro gli attivisti, al pari di chi l’aveva preceduto. Insomma, la strada da fare sarà ancora tanta, ma come dice Manal, bisogna pur sempre cominciare da qualche parte.

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