La necessità della paura: “Harry Potter e il calice di fuoco”

Il 31 ottobre in occasione di Halloween sulla nostra pagina Facebook vi avevamo chiesto quale fosse il libro che più vi ha spaventato. Avete nominato vari titoli più o meno dell’orrore. Tra quelli non horror dedichiamo quest’articolo ad una delle risposte più originali. No, non si tratta de Il capitale di Karl Marx, ma di un titolo di una saga che ha fruttato un buon capitale. Ci riferiamo a Harry Potter e il calice di fuoco.

Pare strano che alla saga del maghetto si associ la paura. Nella saga vi sono momenti difficili fin dall’inizio quando Harry vive con gli antipatici zii e successivamente quando dovrà affrontare varie avventure. Tuttavia il tutto è sempre stato avventuroso ma mai pauroso. Il terrore è sempre stato tenuto distante. Il nemico nominato, ricordato ma mai apparso. L’atmosfera è sempre stata altalenante tra peripezie e ilarità. Tutto questo fino al quarto libro.

In Harry Potter e il calice di fuoco infatti le cose cambiano. Vi è un graduale passaggio a pericoli sempre più gravi fino al ritorno di Voldemort. Si potrebbe pensare che l’orrore sia concentrato solo verso la conclusione nelle pagine in cui viene descritto l’attacco di Voldemort durante l’ultima prova del Torneo Tremaghi e l’uccisione di Cedric Diggory. In realtà nonostante la progressività verso atmosfere più cupe e sinistre, il terrore lo si può provare ben prima. Già dall’inizio del libro, prima ancora dell’attacco al campeggio di maghi durante la coppa del mondo di Quidditch. Il libro inizia infatti con un evento da cardiopalma. Si tratta di una scena canonica nel mondo horror.

 

Il quarto volume si apre infatti in una villa abbandonata. Altro non è che la residenza della famiglia Riddle dalla quale Frank Bryce, il custode, vedendo una luce decide di entrare per controllare convinto sia dovuto a dei “teppistelli”. La descrizione lascia intendere che qualcosa non va. Così il lettore  è desideroso di sapere ma terrorizzato da un ignoto pericolo mentre nella sua mente riecheggia un “No non entrare”.  La suspense aumenta man mano che Frank prosegue. Raggiunge il picco mentre scorge Voldemort nella sua forma semiumana, Nagini e Codaliscia. Li ascolta parlare dell’interrogatorio e uccisione della segretaria Bertha Jenkins ma viene scoperto da Nagini e ucciso da Voldemort.

 

A destare più spavento sono ovviamente la descrizione degli eventi e la lenta introduzione di elementi che lasciano presagire un terrore in agguato. Ma anche la descrizione di Voldemort nella sua forma semi umana e dell’enorme serpente Nagini, e chiaramente dell’assassinio di Frank. Il tutto è ancora più angosciante perché viene descritto per mezzo di un sogno di Harry.

Villa Riddle

L’introduzione di elementi più “dark” in una saga per bambini potrebbe sembrare, soprattutto a chi non ha letto il libro, inspiegabile. In realtà ha una funzione ben precisa. J.K. Rowling, come ogni autore soprattutto di saghe, non lascia niente al caso. Tutto segue un filo logico in correlazione della trama più ampia. In questo caso il passaggio ad atmosfere più cupe ha un legame con l’evoluzione dei personaggi e della saga in sé. Come affermato dalla stessa autrice Harry Potter e il calice di fuoco è il libro di svolta. Già nel Prigioniero di Azkaban vi erano atmosfere cupe ma non tanto quanto nel quarto volume. Ovviamente è dovuto al fatto che è il libro in cui Voldemort ritorna e prima ancora è paventato il suo ritorno.

Un progressivo avvicinarsi al reale  confronto con il nemico e con le vere battaglie. Quindi un parallelo percorso di crescita dei personaggi. La necessità di dover affrontare il nemico è la stessa necessità di affrontare i problemi veri e direttamente che hanno i lettori nel loro percorso di maturazione.

I problemi e le sfide diventano reali e importanti. Questo è il momento in cui nella saga viene introdotta la morte. O meglio viene introdotta in forma diretta. Fino a quel momento ovviamente è stata nominata per via dei genitori di Harry. Tuttavia si trattava di una menzione e non di un evento in presa reale. Questa volta invece è presente in pieno. Prima con la morte del custode Frank poi con quella, ben più sentita sia dai lettori che da Harry, di Cedric.

Il lettore vive con Harry l’angoscia di veder morire una persona e non poter fare niente per evitarlo. Si ha il senso dell’ineluttabilità.

Harry Potter ha ora quattordici anni, quindi si affaccia all’adolescenza, e come tutti gli adolescenti deve affrontare nuovi e più grandi problemi. Così i suoi lettori che sono cresciuti, e crescono con lui.

Si comprende che bisogna affrontarli. Così come i dolori, anche i più inaffrontabili come i lutti, e le paure per poter raggiungere nuovi traguardi e crescere e maturare nel modo migliore. Ancora una volta quindi vi è da parte della Rowling un intento pedagogico sapientemente raggiunto e ben mischiato a un’ottima ed originale storia.


FONTI

J.K.Rowling Harry Potter e il calice di fuoco, Salani.

 

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