“Uomini e no” di Vittorni al Piccolo, una storia di partigiani milanesi

Dal 24 ottobre al 19 novembre è in scena al Teatro Studio Melato del Piccolo Teatro di Milano Uomini e no, tratto dall’omonimo libro di Vittorini, scritto nel 1944 e pubblicato dalla Bompiani nel 1945. Gli attori, giovanissimi come i partigiani che portano in scena, sono guidati dal regista Carmelo Rifici; la drammaturgia invece è di Michele Santeramo. L’opera è una testimonianza di grande valore della Resistenza in quanto Vittorini vi partecipò in prima persona.

Gli attori recitano su due pedane che scorrono su binari come i tram di Milano, la città in cui è ambientata la vicenda. Al suolo sono fissate delle biciclette, altro mezzo di trasporto spesso utilizzato dai protagonisti. Lo spettacolo inizia quando ancora gli spettatori stanno prendendo posto: i vari personaggi infatti salgono e si siedono a turno sulla pedana, come se fosse in scena un vero e proprio tram.

Enne 2, capo dei partigiani di Milano, è innamorato di Berta, una donna sposata da dieci anni e restia a lasciare il marito. Stringe dunque una relazione, solamente carnale, con una donna che tuttavia lo ama e vorrebbe diventare la sua compagna. I partigiani effettuano un attacco contro alcuni militari tedeschi e il capo del tribunale; il loro gesto sarà punito con una terribile rappresaglia: l’uccisione di dieci persone per ogni tedesco colpito. Il giorno successivo i cadaveri dei civili giustiziati sono abbandonati per le vie di Milano, tra loro figurano una bambina, un vecchio, due quindicenni e delle donne. Giulaj, che indossa delle pantofole perché non può permettersi le scarpe, tenta di impedire che i segugi dei tedeschi giochino tra i corpi, ma così facendo uccide il cane del Capitano. Catturato dai tedeschi, il poveretto verrà fatto sbranare dai cani davanti agli occhi della moglie. Un partigiano infiltrato tra i tedeschi a cui sono stati affidati i cani uccide poi gli animali e il Capitano, segnando così la propria fine.

A questo punto la trama dello spettacolo teatrale diventa confusionaria, apparendo chiara solamente a coloro che hanno letto il romanzo di Vittorini. Su Enne 2 pongono una taglia, ma il partigiano decide di rimanere a Milano nonostante le insistenze dei compagni. Le truppe fasciste stanno per arrivare, ma Enne 2 si trattiene per uccidere Cane nero, il capo dei fascisti. I due avversari dialogano sull’eventualità che il male commesso dai nazisti sia insito nella natura umana, dopodiché Cane Nero uccide Enne 2 con un colpo di pistola.

L’opera si chiude con un partigiano alla prima operazione di combattimento che tenta di uccidere un soldato tedesco, e non riesce nel suo intento perché l’uomo ha uno sguardo triste. Il militante si allontana quindi felice, a braccetto con un proprio compagno.

La recitazione di molti attori è stata magistrale, soprattutto quella del Capitano tedesco, un sadico dalla risata da psicopatico. Spesso i partigiani recitavano “in coro”, completando gli uni le frasi degli altri. Non sono mancate scene particolarmente cruente, come quella in cui la ragazza “con le più belle gambe di Milano” viene stuprata da un nazista e quella in cui Giulaj viene spogliato completamente, mutande comprese, per essere dato in pasto ai cani.

Gli uomini che combattono sono sicuramente al centro della vicenda, ma l’opera racconta anche la sofferenza delle donne, che attendono i loro compagni di vita nel rifugio dei partigiani e che vengono molestate verbalmente e fisicamente dai soldati nazisti.

Una ragazza che distribuisce il rancio ai nazisti viene invitata a “fare l’amore” con allusioni volgari e arroganti dai soldati, inoltre alcune tra le più belle ragazze di Milano sono costrette a partecipare alle serate dei tedeschi, dove vengono trattate come dei meri pezzi di carne. È  il caso della ragazza “dalle più belle gambe di Milano”, che suo malgrado è finita tra le grazie del capitano. Ella viene costretta a vestirsi con ambiti sgargianti, a mostrare le gambe, a farsi toccare in pubblico e a concedersi, come alludono i gesti degli attori. In un agghiacciante monologo la donna racconta le emozioni che la affliggono durante le torture che è costretta a subire; il suo discorso avviene mentre il Capitano la tocca freneticamente.

Il titolo dell’opera teatrale allude al dialogo tra Enne 2 e Cane Nero, che mostra l’opposizione tra chi si comporta da essere umano e chi no, in quanto nell’uomo, in quanto tale, è insita una compresenza di componenti umane e bestiali.

I partigiani infatti non sono eroi, ma uomini con i propri problemi e debolezze, che cercano felicità nell’amore delle proprie donne. La scena finale in cui il ragazzo non uccide il soldato tedesco lascia una speranza: forse c’è ancora posto nel mondo per la pace e la fratellanza.

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