DIO Ѐ MORTO

Due muratori si trovano in un cantiere, stanno lavorando alla costruzione di un edificio. Uno ha i baffi e l’altro la barba. Il rintocco dell’orologio del municipio li informa che è l’una, così si siedono su una trave poggiata là in terra, con i loro cestini per il pranzo. Uno starnuto d’ombra li protegge dal sole cocente che affusola e rende evanescenti auto e passanti.

«Sai cos’ho sentito?» Dice quello con i baffi, accarezzandosi la schiena sfiancata dal duro lavoro.

«E come faccio a saperlo?» Il muratore con la barba prende un sorso dalla sua lattina di coca cola.

«Dicono che Dio è morto.»

La calura estiva si fa più forte, i raggi del sole sembrano quasi trasformare in oro lo scheletro dell’edificio in costruzione. Trascorrono alcuni istanti.

«Chi lo dice?»

«Un filosofo,» replica il muratore con i baffi, «quindi dev’essere vero.»

«Cavolate! Al telegiornale non ho sentito notizie del genere.»

«Certo, perché quelli lo sanno bene, che le notizie compromettenti è meglio insabbiarle.»

«Compromettenti?» Il muratore con la barba prende un morso dal suo panino. «Perché sarebbe compromettente? Voglio dire, noi cosa dovremmo fare, ora che lo sappiamo?»

«Non saprei… suppongo nulla, o giù di lì,» alza le spalle il muratore con i baffi.

Trascorrono alcuni secondi di silenzio, si avverte solo il brusio del masticare dei due e il brusio del traffico lì di fronte.

«Sai, forse ci sono arrivato,» rompe il silenzio il muratore con i baffi. «Se Dio è morto, tutto è permesso.»

«Che vuoi dire?» Il muratore con la barba si scrolla di dosso le briciole del panino.

«Beh, senza più un Dio che ci controlla potremmo rubare, uccidere, tradire… e non dovremmo avere paura di una punizione divina, o roba simile.»

«Mh… non saprei…»

Un uomo distinto, in giacca e cravatta, fende a passo svelto il marciapiede di fronte al cantiere. Sta parlando al telefono, non nota neppure i due muratori poco distanti. Il muratore con i baffi, d’un tratto, afferra la lattina del suo collega e la lancia contro l’uomo in giacca e cravatta, imbrattandogli i pantaloni di coca cola.

«Ma che?…» L’uomo rimane interdetto per qualche istante, poi alza il dito medio verso i due. «Incivili, andate al diavolo!» E se ne và.

Trascorrono altri secondi di silenzio. Finché i due muratori scoppiano a ridere.

«Mi sa che avevi ragione!» Il muratore con la barba dà una pacca sulla spalla all’altro.

«Visto?»

«Certo, però potevi almeno aspettare che finissi di berla!»

«Ma che te ne importa di una stupida lattina, quando Dio è morto?»

«Mh… già!»

«Già!»

I due si alzano, rendendosi conto che lo starnuto d’ombra che li riparava si è spostato, e ora la trave dove erano seduti è diventata rovente. Il muratore con i baffi si accende una sigaretta.

«E ora?» Si gratta la nuca il muratore con la barba.

«E ora cosa?»

«E ora cosa facciamo, intendo.»

«Ah, be’, mi sembra ovvio,» si massaggia la schiena il muratore con i baffi. «Dobbiamo tornare a lavoro. Questa chiesa non si costruirà certo da sola.»


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