Media e opinion leaders nella moda, ieri e oggi

C’era una volta…

La televisione. Ebbene sì, all’inizio ‘900 il sistema moda si accorse che era cosa buona e giusta sfruttare il più importante mezzo di comunicazione inventato (per quell’epoca) per comunicare la propria identità e far conoscere i propri prodotti.

Basti pensare alla casa di moda Chanel, che trasse un grandissimo beneficio in termini di fama grazie al cinema e ai personaggi famosi della TV: impossibile dimenticare per esempio il tailleur rosa della casa francese indossato da Lady Kennedy il giorno dell’assassinio del marito, tailleur che Jackie indossò ancora macchiato di sangue durante il giuramento di Lyndon B. Johnson e sul il volo di ritorno a Washington con la salma del presidente.

Sempre grazie alla televisione il mondo venne a conoscenza del segreto di seduzione della bella Marilyn Monroe che ammise di coricarsi ogni sera vestita di due sole gocce di profumo Chanel n.5. Inutile dire che questa frase fece balzare alle stelle le vendite del prodotto consacrando Chanel a potenza indiscussa nel settore moda e lusso.

Ma si sa, ogni invenzione lascia il tempo che trova e con gli anni, le case di moda decisero di comunicare i loro prodotti sì  per mezzo della televisione, ma soprattutto grazie alle figure di spicco della società.

Il XX secolo segnò infatti l’inizio delle collaborazioni tra designers e membri dell’alta società che avevano il “compito” di indossare le creazioni delle singole firme e raccomandarli a tutto il loro salotto.

Questo sodalizio si intensificò con l’entrata in campo della fotografia: i membri dell’élite potevano finalmente essere fotografati e il loro outfit poteva fare il giro del mondo finalmente. comparvero sui giornali e sulle riviste.

Negli anni ’30, fu la volta delle debuttanti americane che iniziarono ad assumere il ruolo di style leaders e iniziarono a collaborare con i designers per essere sicure di essere avvistate indossando gli ultimi trend. Le riviste di moda seguirono il passo, trasformando le donne dell’alta società in modelli per le loro foto di moda e nei loro editoriali.

Con l’avanzare degli anni, le star del cinema e le celebrità sostituirono le donne dell’alta società nel ruolo di forze motrici dei fashion trends e finalmente dagli anni 50 in poi il ruolo venne affidato a chi di dovere: le modelle. Da Suzy Parker e Jean Shrimpton, da Twiggy a Brooke Shields, Iman e infine Cindy Crawford e la leggendaria Kate Moss. Queste modelle apparse sulle riviste di tutto il globo, hanno dato identità ai marchi per cui hanno lavorato, raccontando non solo i vestiti ma le epoche in cui sono vissute.

Ma anche l’era della fotografia ha avuto il suo inizio e la sua fine. Al giorno d’oggi infatti non c’è brand che non incentri la sua strategia comunicativa su internet e in particolare sui social network.

Addio modelle, benvenuti influencer!

Ragazzi e ragazze (ma anche animali e bambini) dalla personalità forte e una buona dose di ego, in tutto il mondo influenzano il pubblico, indirizzandone le compere e facendo conoscere un determinato prodotto.

Ma se prima ad essere opinion leaders erano i personaggi di spicco della televisione, nel nuovo millennio questa capacità della moda si è trasformata. Punto di forza di questa professione 2.0 è il fatto che gli influencer creino una vasta rete di connessioni a livello mondiale, che dal punto di vista del marketing hanno un’elevata efficienza.

Un esempio di questo meccanismo è sicuramente la sfilata di Dolce & Gabbana di gennaio 2017: in passerella al posto di modelle e top model hanno sfilato 40 ragazzi tra influencer e figli d’arte. Dalla televisione a Instagram, il modo di comunicare e dettare tendenze si è evoluto negli anni e a noi, spettatori non resta che rimanere in attesa e gustarci il prossimo cambio di rotta di questa industria multimiliardaria!

 

FONTI

20th century fashion, Taschen 

ansa

businessoffashion

doppiozero

 

 

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