Il travaglio dell’amore nell’era moderna

Nella fuggevolezza della nostra epoca, velocissimo treno in corsa inarrestabile, sembra essersi spenta l’antica fiamma dell’amore.
Secolo il nostro ormai di mutevolezza perpetua, ma in cui non vi è più spazio alcuno per i sentimenti.
Concentriamoci però non sulla bellezza, sul fascino e sull’estasi che l’antica fiamma è in grado di portare nella vita degli uomini, ma sul suo stesso valore, ormai dissacrato e abbandonato in un angolo buio del nostro io per lasciar spazio alla fugacità della modernità.
L’amore, sentimento principe, è stato protagonista e ispirazione di poeti, scrittori, pittori e qualsivoglia artista

Ma cos’era, e com’era visto, in tempi antichi, l’amore?
Potremmo partire da lontanissimi orizzonti e volger lo sguardo verso l’acque che bagnan la Grecia, ove in Atene germogliava uno dei maggiori filosofi c’ha dato una spiegazione eccelsa sull’amore, ovverosia Platone.
È in particolar modo nel Simposio, attraverso il mito dell’Androgino, ch’esso ci spiega quando e come è stata impiantata la radice da cui questo sentimento si ramifica nel cuore degli uomini e cosa li spinga a cercare la propria metà in modo spasmodico e disperato, sfidando addirittura il temibile Thanatos.
All’alba dei tempi, gli Androgini erano esseri sferici e perfetti, creature per metà di un sesso e metà di un altro i quali trovavano il seme della felicità nella loro completezza.
In preda alla superbia, sentendosi invincibili e onnipotenti, nella loro robusta rotondità, vollero sfidare gli dei.
La punizione inflittagli fu durissima, decidendo Zeus di spaccarli in due.
Le due metà, in preda alla nostalgia dell’Uno e alla disistima della vita, vagano erranti alla ricerca della parte mancante.
Codesta sembra esser la radice dell’amore, la nostalgia di quell’intero, il desiderio di restaurare l’uno originale, di riconquistare la mitica interezza perduta.

Di questi amori che cercan di superare le colonne d’Ercole dell’impossibile, la letteratura ne è piena. Esempio lampante è la storia passionale e struggente di Ero e Leandro, di cui ce ne parlano Museo Grammatico, Ovidio e addirittura Dante nel Purgatorio.
I due, legati dal desiderio amoroso, sono separati dal dovere e dall’Ellesponto (quello stretto che oggi chiamiamo dei Dardanelli).
Ero, sacerdotessa di Afrodite, è costretta a viver rinchiusa in una torre per non cedere alle tentazioni che il fior della sua giovinezza le concede.
Ella, non potendo sopportare la distanza dal suo innamorato, mette ogni notte una lanterna fuor dalla sua torre, stella polare a indicargli il cammino per raggiungere il suo cuore.
Leandro, folle d’amore, attraversa ogni notte a nuoto il mare risonante e temibile, pur di raggiungerla.
Una notte Borea, con raffiche di vento d’ogn’intorno, spegne la luce di Ero e con essa il firmamento tutto.
Ero, vedendo il corpo dell’amato straziato dal mare, si getta a capofitto nel nulla per esser eternamente con lui anche nelle morte.

 

 

Ma quest’ardentissimo e solidissimo sentimento è ancora possibile, nella nostra epoca?
Esiste ancora l‘amore quale legame indissolubile e forza motrice che spinge all’impossibile?
Per rispondere a codesta domanda oserei prender in considerazione il sociologo Bauman e il suo lietissimo scritto “Amore liquido“.
È l’uomo ad esser cambiato, ci spiega lui, e non il sentimento che regge e move il mondo.
La società consumistica costruitasi nel tempo, ha messo al mondo uomini “senza legami, non disposti a giurare fedeltà ad un unico amore, vedendo anzi in questo un vincolo alla propria libertà personale.
Amare “finché morte non ci separi” significa offrirsi a una condizione in cui gioia e paura si fondono, ma l’uomo fragile di questo millennio preferisce porti più sicuri, soluzioni rapide e prodotti pronti all’uso.
Predilige, come le definisce Bauman, delle relazioni che assumono il formato del “soddisfatto o rimborsato”, di modo che l’esperienza amorosa venga resa simile ad altre merci, consentendo soddisfazioni immediate e risultati senza sforzi.
Ed eccolo qui, il travaglio dell’amore nell’era moderna, sentimento che precipita nell’infinita vanità del nulla, fiamma che arde e brucia dalla notte dei tempi e che l’uomo è stato in grado di spegnere col suo brutal soffio d’infifferenza e sconfinato materialismo.


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