The Handmaid’s Tale ci porta in una realtà distopica non molto lontana da noi

In un vicino futuro in cui la razza umana sembra destinata all’estinzione, le donne non hanno più alcuna libertà né diritto: sottomesse al potere di Gilead, dittatura teocratica, totalitaria e misogina che ha sostituito gli USA, esse sono ora suddivise in Madri, Marte ed Ancelle. Tutte, con diversi compiti, sono costrette a “compiere il loro destino biologico” con l’obiettivo di ripopolare un mondo ormai pressoché sterile. È questa la realtà di Offred, protagonista di The Handmaid’s Tale, serie tv tratta dall’omonimo romanzo distopico femminista di Margaret Attwood, che ci trasporta in una realtà tanto disturbante quanto rievocatrice di alcuni comportamenti contemporanei.

Offred è una delle handmaids (in inglese, ancelle), cui scopo è quello di servire le famiglie dei Commanders di Gilead: ogni mese, nel giorno più fertile, dovrà essere stuprata dal capofamiglia nella speranza che ne nasca un figlio, che invece la moglie sterile non può dargli. I bambini sono infatti dal 2015 un miraggio a causa di una sistematica infertilità che ha colpito il mondo. Per servire “il Bene più grande” Offred, come le altre ancelle fertili, è stata strappata alla sua vita e con essa è stata privata anche del suo nome, sostituito da una sorta di patronimico che indica l’appartenenza alla famiglia che serve e cioè, nel suo caso, quella di Fred Waterford. Tutte le ancelle sono dunque ormai ridotte al loro utero: sono importanti solo affinché possano procreare, perché in caso contrario verranno destinata alle Colonie, luogo di smistamento di rifiuti tossici che ne sancirebbe la morte certa.

La realtà presentata è evidentemente al limite del reale, distopica per l’appunto; totalmente disturbante nella sua sottomissione totale delle donne, ridotte al loro apparato riproduttivo. Inizialmente si ha infatti una sorta di distacco emotivo da tale realtà, perché apparentemente troppo lontana da noi. Come tutte le distopie però, essa lentamente si rivela anche fin troppo vicina alla nostra vita, e la vicinanza temporale accentua questa sensazione crescente.

Per quanto inizialmente possa infatti sembrare assurdo che le donne vengano completamente schiavizzate dagli uomini in tal modo, man mano che ci si addentra nella nuova realtà di The Handmaid’s Tale si comprende che i comportamenti alla sua base, i ragionamenti e le reazioni sono fin troppo simili a quelli della società in cui viviamo noi. La nostra società non è certamente Gilead. Essa è anzi una società che nel 2017 si dice, per la maggior parte, fiera delle lotte femminili; una società in cui perlomeno le donne possono, ipoteticamente, parlare della situazione di inferiorità, di svantaggio, anche qualora poi vengano zittite da qualcuno che sostenga il contrario. In Gilead invece non è possibile neanche ciò: le ancelle, le Madri, le Marte devono mostrarsi felici e riconoscenti al sistema per averle rese parte di un nuovo mondo in cui non necessitino più di curarsi della bellezza, dell’intelligenza, della capacità, perché ciò che conta è solo la fertilità. Eppure le parole che tendono a sminuire, gli sguardi che oggettificano, il senso di colpa che viene inflitto alle donne in caso di stupro, tutti questi ed altri sono comportamenti che avvicinano di molto questa così lontana realtà alla nostra.

Il messaggio di The Handmaid’s Tale punta proprio a questo processo di avvicinamento e comprensione: se la realtà riprodotta sembra così lontana, bisogna riconoscere che i comportamenti alla sua base sono gli stessi che noi viviamo e che vediamo ogni giorno. Se dunque le dinamiche sono simili alla nostra quotidianità, cosa impedisce davvero che la nostra vita non si possa trasformare in quella di Offred, Ofglen e tutte le altre ancelle? Del resto l’ipotesi di una tale realtà sembrava lontana ed impossibile anche ai i personaggi stessi, che nonostante ciò vi si sono ritrovati catapultati dentro all’improvviso.

L’obiettivo della serie non è infatti unicamente quello di mettere in luce il sessismo e la misoginia moderna, quanto anche quello di far notare come certi diritti possano essere portati via senza che nessuno se ne accorga, senza che nessuno faccia nulla, in un processo che potrebbe portare alla creazione di una società mostruosa, che fortunatamente ancora ci inorridisce. Il messaggio più importante di The Handmaid’s tale è dunque il suo intrinseco invito alla lotta per la propria libertà, anche le più apparentemente piccole, perché una dittatura di Gilead può instaurarsi solo con l’omertà delle persone, la loro incapacità di reagire e agire in difesa dei loro diritti. 

The handmaid’s tale non è dunque “solo” una potente e a tratti ripugnante storia sulla sottomissione del femminile, ma è anche e soprattutto lo spunto per le donne e per tutti alla difesa del proprio essere, della propria vita, sempre.

 


 

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