Tre robot nell’Artico, una spedizione innovativa tutta italiana

Negli scorsi mesi le isole Svalbard, arcipelago norvegese situato nel Mar Glaciale Artico, sono state testimoni di una delle più innovative ricerche sul cambiamento climatico. Un trio di ricercatori all’avanguardia, Proteus Otto e Splash, è arrivato per mare, terra ed acqua per prelevare campioni da analizzare. La cosa insolita? Si tratta di tre sofisticatissimi robot, impiegati da un team di studiosi in carne ed ossa degli istituti Issia, Isac, Iamc, Ismar e Ibimet, tutti facenti capo al CNR, il Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Proteus è un robot tuttofare, in grado di analizzare sia il ghiaccio e il permafrost in superficie sia l’acqua marina, trasformandosi in un sommergibile capace di raggiungere i 200 metri di profondità. Otto è il drone che si occupa dei rilevamenti atmosferici, quindi dei dati relativi a umidità, temperatura e qualità dell’aria, ma sa anche fare foto e video. E poi c’è Splash, il drone-mamma del trio, col compito di documentare la missione e di tenere d’occhio gli altri due, specialmente Proteus, che rischia continuamente di venire intrappolato tra i ghiacci in costante scioglimento. È grazie a questi tre scienziati di eccezioni che è stato possibile portare a termine la spedizione, perché nessuno si era mai avvicinato così tanto al ghiacciaio, troppo instabile e imprevedibile a causa del surriscaldamento globale.

I dati raccolti sono ancora in fase di esame, ma questo studio è in grado di compiere analisi congiunte su idrosfera, atmosfera, criosfera e geosfera, perché, sebbene ognuna abbia le sue specifiche caratteristiche, sono tutte parte dello stesso sistema e sono strettamente connesse. Ad esempio, lo scioglimento del ghiaccio porta dei cambiamenti fisico-chimici nella composizione dell’acqua marina, così come quello del permafrost fa sì che il terreno rilasci vari gas prima intrappolati, tra cui metano e anidride carbonica, che vanno ad aumentare l’effetto serra. È quindi un circolo vizioso: il surriscaldamento globale fa sciogliere i ghiacciai e, a sua volta, il loro scioglimento fa aumentare la temperatura terrestre.

Durante la spedizione è stata studiata anche tutta la componente biologica, perché un ghiacciaio in scioglimento libera in acqua grandi quantità di nutrimento. Tutto questo plancton attira i pesci che a loro volta attirano diversi uccelli. Quindi più un ghiacciaio si scioglie, più viene ripopolato. È stato notato anche che sulla superficie marina in prossimità del ghiaccio c’è una percentuale più alta di batteri rispetto ai virus, che probabilmente sono legati a particelle che affondano e quindi vanno a sedimentarsi sui fondali. Ma quest’ipotesi potrà essere verificata solo analizzando le grandi profondità, cosa ancora irrealizzata.

Questo studio ha e avrà un’importanza fondamentale nella comprensione dei cambiamenti climatici attuali e futuri. Infatti i poli, che normalmente fungono da regolatori termici, sono in grado di mostrare subito ciò che accadrà tra qualche anno al resto del pianeta. Questo perché tutto il calore in eccesso prodotto nelle latitudine basse e medie viene portato dalle correnti oceaniche e atmosferiche verso quelle alte e quindi verso i poli. L’arretramento dei ghiacciai determina un ulteriore meccanismo, la cosiddetta amplificazione artica, il circolo vizioso di cui si parlava poco sopra: con la riduzione del ghiaccio, il mare assorbe più energia e si riscalda, aumentando a sua volta lo scioglimento e di conseguenza la propria temperatura. Siamo di fronte ad uno scenario catastrofico? Quasi: i cambiamento climatici esistono e sono tangibili ogni giorno. Sta a noi, ogni giorno nel nostro piccolo, frenare il cambiamento.


Credits: Pixabay (1)

Fonti: National Geographic

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