I conti con il passato che sta facendo la Polonia

La storia lo narra: la Polonia è sicuramente uno dei paesi più colpiti e che ha subito il maggior numero di perdite durante il secondo conflitto mondiale, ma anche gli anni ad esso successivi non furono semplici per il paese.

Questo stato venne trasformato dall’URSS in uno dei suoi paesi satelliti, in cui è stato imposto un sistema politico e sociale simile a quello presente in Unione Sovietica affinché essa riuscisse ad avere tutti i paesi dell’est Europa sotto il suo controllo. Si sa, questi furono gli anni della guerra fredda, dell’Europa divisa a metà. Così, dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni ‘80, la Polonia adottò un governo comunista, anche se non mancarono le rivolte e le agitazioni (come lo sciopero di Poznan nel giugno del ’56), ma la Chiesa cattolica polacca riuscì a mantenere una posizione molto importante salvaguardando l’identità nazionale.

Anche gruppi di opposizione non mancarono: fra gli anni ’80-’81 nacque un sindacato indipendente a base operaia, il cui nome era “Solidarnosc” (solidarietà).
Continuando esso a crescere sempre più e acquistando seguaci, il generale Jaruzelski, nuovo capo del Poup (partito operaio polacco, pari al partito comunista), con un colpo di stato mise fuori legge il sindacato.
“Solidarnosc” comunque continuò a operare in maniera segreta riuscendo a vincere le prime elezioni dell’89, dovute ad un accordo con il Partito Comunista in cui gli veniva assicurata la maggioranza in una delle due assemblee legislative. Così nacque un nuovo governo di coalizione che segnò l’inizio della democrazia.
Nei primi anni 2000 iniziarono a comparire anche i primi partiti di destra tra cui il partito nazionalista euroscettico Diritto e Giustizia (PiS) e il partito conservatore Piattaforma Civica (PO).
A partire dalle elezioni del 2005 essi hanno conquistato sempre più ampia maggioranza: ora in carica, come guida del governo, c’è Beata Sydlo quando nel 2015 il PIS vinse le elezioni.

Come conseguenza di questa situazione politica, il 27 novembre 2009 venne approvato l’emendamento che introdusse nel paese l’apologia di reato comunista, firmato dal presidente Lech Kaczynski attraverso cui vennero vietati produrre e distribuire, anche attraverso il web, simboli richiamanti le idee comuniste e fasciste. Pena fino a due anni di carcere.

Ma anche oggi questo processo di decomunistizzazione continua: il presidente polacco Andrzej Duda ha infatti introdotto tutta una serie di nuove norme che minacciano di togliere tutte e statue  e i movimenti fatti dai sovietici e per commemorarli.
Esempi sono tutte le statue erette per ricordare e celebrare la vittoria dei russi sui tedeschi durante la seconda guerra mondiale e per commemorare i soldati dell’Armata Rossa caduti in Polonia.
Il Cremlino di fronte a questa notizia non è rimasto contento in quanto non sembra per loro corretto che i monumenti destinati a celebrare uomini che hanno pagato con la loro vita la liberazione della Polonia siano trattati in questo modo. Ma il governo polacco risponde garantendo che i cimiteri in cui sono sepolti i soldati dell’Armata Rossa non verranno toccati e dichiara che quello che voleva l’URSS non era la liberazione del paese ma bensì la sua occupazione.

Come dice lo storico Giovanni Sabbatucci, docente presso l’Università “La Sapienza” di Roma:

 Sta nell’ordine naturale delle cose che un nuovo regime nato sulle rovine di una dittatura si adoperi per cancellare dai luoghi pubblici i simboli e le insegne del regime caduto.

Lo abbiamo fatto anche noi quando abbiamo cancellato […] le tracce di vent’anni di dittatura fascista; e quando abbiamo introdotto nei nostri codici, applicandolo peraltro abbastanza blandamente, il reato di apologia del fascismo.

Il pericolo da cui guardarsi, anche in questi casi, è quello di esagerare nella furia iconoclasta e di allargare indefinitamente l’ambito dei divieti sino al punto di sconfinare nella violazione della libertà di pensiero e di consentire ai pubblici poteri forme di intrusione nella sfera privata.

Come continua il professor Sabbatucci, l’obelisco di Mussolini al Foro italico è ancora esposto e che in negozi di antiquariato è sempre possibile trovare qualche oggetto del periodo fascista, mentre il parlamento polacco condanna con il carcere coloro che possiede simboli comunisti.

Come sostiene egli stesso:

[…] Per liberarsi dell’eredità di una dittatura non basta distruggerne o vietarne i simboli. È necessario piuttosto cancellare le abitudini e i comportamenti ad essa legati, rinunciare alle pratiche delatorie e persecutorie: anche quando siano dirette contro gli oppressori di un tempo.

Ultimamente la Polonia non è riuscita ad instaurare grandi rapporti nemmeno con la Germania in quanto, dopo ben 72 anni dalla fine della seconda guerra mondiale è arrivata a chiedere un risarcimento ai tedeschi per i danni subiti durante il conflitto.
Oltre ad essere stata invasa da quest’ultimi, non è da dimenticare che il numero di polacchi morti nei campi di sterminio nazisti è superiore a quello di ogni altro paese – circa più di 2 milioni di persone.
Tutto ciò è accaduto perché nel 1953 la Polonia decise di non richiedere più il risarcimento ai tedeschi per cercare di risolvere la situazione tedesca della seconda guerra mondiale in un modo democratico e pacifico.

E’ a causa di questi fatti che ultimamente le relazioni tra Mosca e Varsavia e tra Berlino e la capitale polacca continuano ad essere tese.

FONTI: “Storia contemporanea – Il Novecento” di G. Sabbatucci, V. Vidotto, edizione Laterza , lastampa.it , polonia-mon-amour.eu , ilgiornale.it , bluewin.ch

IMMAGINI: sputniknews.com , journalism.net.in

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