Banana Yoshimoto, Il lago

Chihiro ha appena perso la madre. È giovane, dipinge, e da quella madre ha imparato a non cercare di piacere alla gente, nemmeno nella sua arte. Nakajima è il suo vicino di casa. Schivo, sempre sui libri, lei lo vede passare davanti alla finestra giorno dopo giorno. Anche lui ha perso la madre, più volte, e i segni lasciati dalla perdita sono così profondi da impedirgli di dormire tranquillamente. Iniziano a salutarsi, e piano piano scoprono un legame, che matura e fa capire ad entrambi cosa voglia dire amare nel senso adulto del termine. Chihiro e Nakajima imparano a mettere se stessi in secondo piano, solo per un momento, per sostenere l’altro, e a non sentirsi soli. Lo fanno lasciandosi alle spalle un passato misterioso che emerge con lo scorrere delle pagine. Con la malinconia che pervade tutto il racconto, riga dopo riga. Con il flusso della storia che accompagna nella comprensione di comportamenti apparentemente senza senso, spiegabili solo dall’esperienza di un grande trauma, uno di quelli che ti sconvolgono la vita e che un poco te la portano via, e ti fanno diventare un fantasma.

Il lago, Banana Yoshimoto. Feltrinelli, 2015. Fonte

Forse sono proprio questo i protagonisti de Il lago, di Banana Yoshimoto: Chihiro e Nakajima, fantasmi. E Il lago è anche la storia di come sia possibile per loro riprendersi quello che gli è stato tolto e tornare a vivere, attraverso l’amore adulto che scoprono insieme. Chihiro e Nakajima sono funzionali l’uno all’altro, trovano ciò che si sentono mancare, ed è questo che rende il loro rapporto così reale; tanto reale da lasciar trasparire continuamente la sua fragilità; tanto reale da poter persino finire, perché, se lo si chiede a Yoshimoto, lei i protagonisti del suo romanzo li immagina, dopo qualche anno, risolti – lei più di lui – ma un poco estranei, che probabilmente non si saluterebbero nemmeno dovessero incrociarsi per strada. L’incontro è il primo passo verso la risoluzione; la conoscenza il secondo. E nel processo il sogno e la premonizione sono strumenti potenti, che aiutano a trovare la strada e disseminano il magico nel romanzo. Un magico reale, che in fin dei conti è insito nella cultura giapponese di Yoshimoto, per la quale sono diverse, nella sua stessa quotidianità, le persone che possiedono capacità di premonizione attraverso il sogno. Un realismo magico così tipico della letteratura giapponese, come la malinconia, come la tematica della difficoltà che i giovani incontrano nel trovare il loro posto, anche solo un senso. E la scrittura di Yoshimoto è piacevole e delicata.

Bel romanzo sicuramente, bella scrittura senza dubbio. Ci sono compatrioti di Yoshimoto dotati di una scrittura più elegante e di una prosa più appagante; ma a lei va riconosciuto il merito di avere, per prima, cercato di spiegare al mondo occidentale quel mistero che è la cultura giapponese, e, nel senso buono, di averlo reso un fenomeno commerciale.

Fonti: www.yoshimotobanana.com; www.huffingtonpost.it

Images: copertina

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