Ofelia: i versi di Shakespeare trasportati su tela da Millais

L’amore proibito di una donna e il dovere verso il padre. Il sentimento di un uomo e la sua posizione sociale. Il rifiuto e l’inganno. La delusione e la morte. Ofelia e Amleto, due ragazzi separati dal destino. Una storia drammatica ma romantica raccontata dalla grande mente di William Shakespeare e rappresentata dall’artista John Everett Millais.

Millais è un pittore dell’Inghilterra vittoriana e il cofondatore della Confraternita dei Preraffaelliti.
Essi si oppongono, come suggerisce il nome, all’arte di Raffaello Sanzio che considerano colui che ha rovinato l’arte esaltando la bellezza tramite l’idealizzazione della natura e il sacrificio della realtà.
La tela a cui dà vita, tra il 1851 e il 1852, è una scena sorprendente che esprime un misto di emozioni contrastanti.
La scelta del soggetto non è casuale, William Shakespeare è una fonte d’ispirazione per la Confraternita dei Preraffaelliti. Il rifiuto dell’accademismo viene rivelato dalla volontà di riportare in vita un passato nostalgico e drammatico unificando i concetti più importanti dell’arte, della vita e della bellezza. Shakespeare è il personaggio perfetto, le sue opere vengono illustrate ampiamente per le sue affascinanti figure: Re Lear, Amleto, Macbeth e naturalmente Ofelia.

Ofelia è il titolo del dipinto di Millais, nonché la protagonista.

Millais trasporta i versi di Shakespeare su tela:


C’è un salice che cresce di traverso
a un ruscello e specchia le sue foglie
nella vitrea corrente; qui ella venne,
il capo adorno di strane ghirlande
di ranuncoli, ortiche, margherite
e di quei lunghi fiori color porpora
che i licenziosi poeti bucolici
designano con più corrivo nome
ma che le nostre ritrose fanciulle
chiaman “dita di morto”; ella lassù,
mentre si arrampicava per appendere
l’erboree sue ghirlande ai rami penduli,
un ramo, invidioso, s’è spezzato
e gli erbosi trofei ed ella stessa
sono caduti nel piangente fiume.
Le sue vesti, gonfiandosi sull’acqua,
l’han sostenuta per un poco a galla,
nel mentre ch’ella, come una sirena,
cantava spunti d’antiche canzoni,
come incosciente della sua sciagura
o come una creatura d’altro regno
e familiare con quell’elemento.
Ma non per molto, perché le sue vesti
appesantite dall’acqua assorbita,
trascinaron la misera dal letto
del suo canto a una fangosa morte.”

Amleto, monologo di Ofelia, Atto III, scena I, traduzione di Goffredo Raponi

Ofelia è rappresentata nell’atto finale della sua vita, è appena morta. Morta per amore, per delusione e per pazzia. Ciò non traspare nel quadro, Ofelia è solo una bella e innocente ragazza che sembra librarsi nell’acqua circondata da un paradiso verdeggiante di fiori e piante.
Incontaminata rimane la sua purezza e la sua castità in questa natura che sembra darle riparo da un mondo che non le appartiene. Il suo volto è sereno, guarda verso l’alto in modo pacifico, perso nell’immensità di ciò che la circonda.
La flora è piena di valori simbolici, si presenta come una seconda protagonista. Ogni fiore, ogni pianta allude a qualcosa, niente è lasciato al caso. Il salice piangente che sovrasta il corpo della fanciulla allude all’amore non ricambiato, la ghirlanda di violette che le circonda il collo indica la sua castità e la fedeltà, il papavero è il simbolo della morte, … Millais ricrea un mondo dai mille significati.

Ofelia al centro di questo mondo sembra aver raggiunto la tanto pace desiderata nell’atto unico e irreversibile della morte.

Credits

Foto: copertina

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