Roberto Ferri: un neoclassicista caravaggesco del XXI secolo

Le sue immagini spopolano sul web, si ritrovano sui social network, condivise su profili italiani e stranieri, da artisti professionisti e semplici amatori d’arte. Tutti sembrano rimanere folgorati dalle bellezze oniriche di Roberto Ferri.

Anch’io l’ho scoperto così, su un social network. Anni fa mi sono imbattuta per caso in un post con un dipinto rappresentante un nudo con un paio di grandi ali nere, accasciato sul ciglio di un dirupo. Mi ha colpita, mi sono fermata a guardarlo e ho notato che più che accasciato, l’angelo sembrava nell’atto di spingere via la terra con le mani, dunque di rialzarsi. Il corpo era in completa tensione, lo sguardo nascosto dai capelli scuri insondabile, ma le braccia gonfie con i muscoli tesi e il corpo leggermente piegato su sé stesso parlavano da soli. Un’atmosfera di moderata disperazione aleggiava sull’opera.

Sono rimasta a fissarla, chiedendomi chi fosse l’artista, se William-Adolphe Bouguereau, un pittore caravaggesco o forse un artista classicista del ‘700-‘800. Leggendo la didascalia –fortunatamente riportata nel post,- ho scoperto però che mi sbagliavo di molto. L’autore era un artista italiano, un contemporaneo. Almeno sulla tecnica ci avevo azzeccato, era un olio su tela, anche se per un attimo ero stata tentata dall’individuarlo come lavoro digitale, talmente era lucida, liscia e uniforme la materia pittorica. Risultava così tridimensionale da sembrare una fotografia modificata a computer.
La didascalia indicava come autore Roberto Ferri, e l’opera era Angelo Caduto, lavoro del 2011.

Ferri nasce a Taranto nel 1978. Segue una formazione di tipo artistico fin dal liceo, e ricorda che:

A disegnare ho imparato da solo, e mi è subito riuscito bene: praticamente, non facevo altro tutto il giorno. Uno zio, anche lui pittore, aveva un’enciclopedia dell’arte in dieci volumi: è stata la mia scuola. Preferivo Caravaggio e Velásquez: li copiavo a tutto spiano. Poi, sfogliando, vedevo dei quadri astratti, e già allora, a fine liceo, mi chiedevo come si potessero dipingere cose del genere.” [1]

Dopo il liceo continua con l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove si laurea con 110 e lode al corso di scenografia, nel 1999.

Successivamente studia pittura da autodidatta ed è da questo momento che il suo stile si specializza, sceglie che tipo di soggetti ritrarre e trova la tecnica prediletta.

Ferri lavora ad olio su tela, ma sul suo sito web (http://www.robertoferri.net/) sono presenti anche numerosi disegni e studi a matita, pastello, sanguigna e carboncino, a dimostrazione del fatto che l’artista ha una solida conoscenza delle forme e dell’anatomia umana alle spalle.

Le sue influenze principali sono lampanti e chiare in ogni tela: prima di tutto Caravaggio e i caravaggeschi da cui riprende le luci fortemente contrastate, gli sprazzi di rosso acceso, la forte drammaticità, il realismo; poi ci sono le anatomie scultoree di Michelangelo e allo stesso tempo i neoclassicisti, dai corpi di Jean-Auguste-Dominique Ingres a quelli, soprattutto, di William-Adolphe Bouguereau, che l’artista ama profondamente; fino alle pose di Jacques-Louis David e Théodore Gericault, come quella de Il martire (2016), che ricorda il cadavere in primo piano sulla destra nella Zattera della Medusa di quest’ultimo (1818-19).

 

L’erotismo dei corpi, l’eroismo delle pose, i richiami all’arte classica, le espressioni realistiche e i forti contrasti di luci e ombre contribuiscono a rendere ogni sua opera carica di attrattive per lo spettatore. Ferri riprende tutti questi elementi dal passato, come si è detto soprattutto dal ‘600 in poi, ma le rivedere con sguardo contemporaneo, con un’azione anacronistica affascinante.

Le sue scene sembrano ambientate sotto una campana di vetro, nell’immobilità eterna di un momento.
L’universo di Ferri è mistico, ma reso eccessivamente realistico grazie all’enorme precisione tecnica del suo artefice.
Il grande talento e la conoscenza tecnica gli permettono di creare opere di enorme bellezza. Inoltre, adottando uno sguardo nuovo verso soggetti classici –mitici, religiosi, letterari,- riesce a realizzare opere come quelle della serie XIV stazioni (2010) realizzate per la Cattedrale di Noto, dove gli episodi religiosi si svolgono in un paesaggio drammaticamente irreale e il Cristo è rappresentato come un eroe solitario.

Oggi Ferri è un professionista con un curriculum che vanta opere esposte in personali, collettive e in collezioni di privati di tutto il mondo.
La prima mostra collettiva alla quale ha preso parte è stata Animali e Dei, nel 2002 alla galleria Il Labirinto di Roma. Le personali italiane iniziano dal 2003, e quelle internazionali nel 2006, con l’invito alla Anarte Gallery a Sant’Antonio (Texas).
Le personali di maggior rilievo sono sicuramente Roberto Ferri – Beyond the Senses/Oltre i sensi, tenutasi dal marzo all’aprile 2009 all’Italian Cultural Institute di Londra, portata poi dal luglio al settembre dello stesso anno al Complesso del Vittoriano di Roma, e all’Italian Cultural Institute di New York dall’aprile al maggio 2010; inoltre la personale Roberto Ferri – Noli Foras Ire del 2013 presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Ferri tiene anche corsi di pittura accademica, come “Art in SUTRIUM”, che inizierà questo autunno a Sutri (VT).
Tra i suoi ultimi lavori si ricordano Narcissus e L’amore, la morte e il sogno, entrambi del 2017.

 

 

-Credits:

  • Ÿ Fonti:

1) http://www.robertoferri.net/

2) https://www.facebook.com/robertoferritalianpainter/

3) Roberto Ferri – Oltre i sensi/Beyond the Senses, (Londra, Centro Culturale Italiano, 19 marzo-19 aprile 2009; Roma, Complesso del Vittoriano, 10 luglio-11 settembre 2009; New York, Italian Cultural Institute, 12 aprile-9 maggio 2010), a c. di Robertomaria Siena, Milano, Skira Editore, 2009.

 

  • Ÿ Foto:

www.pinterest.com

 

 

[1] Fabio Isman, Indagine su una vocazione, in Roberto Ferri – Oltre i sensi/Beyond the Senses, (Londra, Centro Culturale Italiano, 19 marzo-19 aprile 2009; Roma, Complesso del Vittoriano, 10 luglio-11 settembre 2009; New York, Italian Cultural Institute, 12 aprile-9 maggio 2010), a c. di Robertomaria Siena, Milano, Skira Editore, 2009, p. 23.

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