Hyperversum: un gioiello del fantasy italiano.

Hyperversum è il libro d’esordio dell’autrice italiana Cecilia Randall, alias Cecilia Randazzo, uscito nell’ormai lontano 2006. Da allora, la Randall ha regalato altri quattro volumi ai suoi fan (editi tutti da Giunti) di cui l’ultimo, Hyperversum Ultimate, uscito solo lo scorso marzo. Ma è bene partire dall’inizio: in questo articolo si recensirà solo il primo, meraviglioso capitolo.

Ian Maayrkas è uno studioso di storia medievale ed è appena tornato dalla Francia, dove si appresta a concludere gli studi sulla famiglia dei Ponthieu e dei Montmayeur per la sua tesi. Rimasto orfano a causa di un incidente, è come un figlio adottivo per la famiglia Freeland, poiché il capofamiglia di quest’ultima e il padre di Ian erano migliori amici oltre che compagni nell’esercito. Daniel e Martin Freeland, rispettivamente di ventiquattro (circa) e tredici anni, sono dunque come dei fratelli per Ian. Il libro inizia qualche anno nel futuro, quando esistono già un visore 3D e addirittura dei guanti in fibra ottica per giocare ai videogames -e la Randall fu profetica, dato che ipotizzò tali progressi dieci anni prima della comparsa del visore VR per PlayStation, uscito il 13 ottobre 2016-, ma l’anno non viene specificato, e comunque non sarà per molto quell’anno: Daniel ha una passione smodata per un gioco, Hyperversum, che riesce a riprodurre nel dettaglio ambientazioni medievali e avventure per giocatori di ruolo. Una specie di versione virtuale del celebre Dungeons and Dragons, almeno per quanto riguarda i personaggi e il comportamento che i giocatori devono seguire. Anche Ian condivide la stessa passione, e non si sottrae alla partita che gli spetta per il suo ritorno a casa, anzi: è stato egli stesso a curare la nuova avventura nei minimi dettagli. Accanto ai due ragazzi, giocano anche Martin e Jodie, fidanzata di Daniel, e altri due amici connessi da un computer diverso. Tutto sembra procedere per il meglio, finché una tempesta non sorprende i giocatori: al loro naufragio, improvvisamente si ritrovano catapultati davvero nella Francia del 1214. Tra mille (dis)avventure, i ragazzi dovranno imparare in fretta a gestire la situazione e abituarsi a vivere in quel mondo sconosciuto e inizialmente molto ostile: il Destino ha dei piani ben precisi, in particolare per uno di loro, legati proprio alle famiglie che Ian stava studiando per la tesi.

“E’ la storia e non più un gioco”

Svelare di più, se non avete ancora letto il libro, sarebbe controproducente: nonostante le ben settecentottantatré pagine di lunghezza, le lettura è straordinariamente scorrevole e la trama talmente avvincente (come in tutti i libri della scrittrice) che si può arrivare alla fine in pochissimi giorni. Ogni capitolo si chiude con una suspense straordinaria, alla pari dei migliori gialli, invogliando il lettore a saperne sempre di più. In questo primo capitolo, la Randall già dava prova della sua infinita maestria nell’arte del racconto e soprattutto della sua competenza e della naturale inclinazione per il romanzo storico. Non ci sono draghi in questa storia (definita fantasy sia per l’espediente con cui i ragazzi si ritrovano ottocento anni nel passato che per ammissione dell’autrice stessa), ma intrighi politici, complotti, giochi di potere, tornei e battaglie campali. Le descrizioni sono dettagliate come le miniature del codice usato da Ian per la tesi di dottorato: ogni abitudine è raccontata con dovizia di particolari, senza tuttavia risultare pesante, catapultando il lettore direttamente nel Medioevo insieme ai protagonisti, ma con più leggerezza. I capitoli, cinquantasei in tutto, durano al massimo una ventina di pagine, di modo che anche il lettore più pigro non venga scoraggiato e vada avanti. Ogni personaggio ha una personalità ben definita, di un’umanità straordinaria, e la narrazione in terza persona permette di condividere i dubbi, le angosce, le paure, ma anche gli amori e gli affetti ora di uno ora dell’altro. I comprimari, Ian e Daniel, risaltano vicendevolmente per i contrasti delle loro personalità, risultando eroici ognuno coerentemente al proprio carattere e alle proprie possibilità.

“Ian guardò il mare e il paesaggio plumbeo, incapace di credere alle sue stesse parole. “Siamo qui” disse infine. “Siamo finiti qui per davvero.”

Lo stile è semplice, ma in un certo senso raffinato: spesso la scrittrice usa la figura retorica della reticenza (in particolare nelle scene d’amore, immancabili in un romanzo che parla anche di cavalleria e onore medievali) lasciando molto all’immaginazione, ma così facendo rende molti momenti più dolci e speciali. L’autrice usa molti termini tecnici tipici del regno medievale, ma si premunisce sempre di spiegarli al lettore per bocca dei suoi personaggi, molti dei quali ignari essi stessi delle usanze dell’epoca. Dunque il libro riesce anche in uno scopo paideutico senza che la narrazione ne sia appesantita o ne risenta in qualche modo. Inoltre il lavoro documentario che l’autrice ha fatto per rendere verosimile la storia (molti dei personaggi e degli eventi sono davvero esistiti) aggiunge ancor più sapore alla trama. Uno storico sicuramente potrebbe divertirsi più ancora del lettore comune, ma la Randall ha pensato a un vasto pubblico, e reso la storia accessibile a tutti.

“Le azioni di un uomo non valgono forse più delle sue origini?”

Sebbene in Italia il fantasy non venga considerato (purtroppo) come alta letteratura, questo libro ha varie caratteristiche che lo rendono tale, in particolare il fatto di essere un sempreverde: potreste leggerlo anche cento volte, e ogni volta sarebbe come la prima, vorreste comunque divorare i capitoli, come se non conosceste la fine. La lettura di Hyperversum è sempre fresca e in un certo senso sempre nuova. La qualità della scrittura è impeccabile, sublime quasi, una sinfonia di correttezza grammaticale e frasi cristalline, seppur impreziosite da tecnicismi e un lessico medio alto (e di questi tempi un libro ben scritto è oro colato). Coinvolgente, affascinante e commovente, uno dei prodotti migliori del fantasy italiano, è stato anche vincitore nel 2007 della trentesima edizione del Premio Letterario Nazionale “Insula Romana“, per la sezione “Narrativa edita ragazzi“. Tuttavia, Hyperversum è un libro consigliato per tutte le età. Se non è ancora presente sui vostri scaffali, è ora di precipitarsi in libreria!

 

Fonti:

Hyperversum, Cecilia Randall, Giunti Editore S.p.A., dicembre 2006

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