SHELAGH DELANEY E LA MODERNITà DI “SAPORE DI MIELE”

Nel panorama teatrale inglese a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 del nostro secolo, dominato dal movimento dei Giovani Arrabbiati (Angry young men), risuona la voce di  Shelagh Delaney, una giovane ragazza della piccola borghesia di Salford, nel Lancashire. Il suo esordio avviene nel 1958, quando lei a soli vent’anni, ispirata da un dramma di Terence Rattigan, scrive in dieci giorni  Sapore di Miele (A Taste of Honey). La commedia in questione, divisa in due atti da due scene ciascuno, è subito entrata nella storia del teatro internazionale per la modernità delle tematiche affrontate.

 

L’intreccio ruota intorno a due figure femminili: Helen e Jo, madre e figlia. Le conosciamo mentre entrano per la prima volta nel nuovo ennesimo appartamento in cui vivranno, una bettola diroccata senza luce né gas. Le donne vivono in condizioni economiche al limite; Helen trova sostentamento economico soltanto da uomini da cui si fa accompagnare e non ha intenzione di trovarsi un lavoro vero. Jo deve quindi adattarsi alla vita precaria della madre, cambiando casa con la stessa velocità con cui Helen cambia uomo e abbandonando ogni volta gli studi, per poi ricominciarli in una scuola diversa. Il rapporto tra le due appare subito parecchio incrinato, emergono le diversità delle due donne e i motivi di astio. Jo considera Helen una madre snaturata che mai è stata in grado di darle amore e cura, una madre su cui è impossibile contare perché incapace di badare a sé stessa, quindi ancora meno di badare agli altri. Helen è una madre egoista, arrivista e infantile e Jo non dimentica mai di ricordarle, che lei è l’unica causa delle sue insicurezze e della sua poca fiducia nel futuro e negli altri. Nel corso della commedia Jo deciderà di emanciparsi dalla madre, di cercarsi un lavoro e vivere nell’indipendenza.

Tutto questo si svolge in una cornice di rapporti umani che sono, ai fini della nostra analisi, fondamentali perché nascondono gli elementi di modernità a cui mi riferivo poche righe fa. Il motivo per cui le due donne sono fuggite  si cela dietro ad un nome maschile; Peter il nuovo compagno di Helen, con cui la donna ha un rapporto passionale ma complesso che sfocerà, poi, in un matrimonio improvvisato. Peter è un personaggio molto marginale ma l’impressione che suscita in chi legge è delle peggiori, risulta essere la perfetta controparte maschile di Helen. Peter, scopriamo nel corso della nostra lettura, è parecchio più giovane di Helen. Ecco, quindi, che incontriamo il primo elemento di modernità. Quella della differenza di età all’interno di una coppia è una faccenda che crea scalpore ancora oggi, soprattutto se ad essere più vecchia è la donna, basti pensare all’inutile polverone sulla vita privata del presidente francese Macron, sposato con una donna più grande di lui.

Altro elemento di modernità è l’idea di matrimonio misto, di famiglia interraziale. Jo frequenta all’inizio della commedia un giovane coetano di colore , Jimmy, che viene presentato come un uomo estremamente galante e dolce. Il loro rapporto è consumato nell’ombra, perché il fatto che lui fosse nero non sarebbe mai stato visto di buon occhio da Helen e dalla società. Quando Helen scoprirà, infatti, che la figlia intrattiene un rapporto amoroso con un ragazzo di origine africana il loro rapporto subirà un contraccolpo quasi irreversibile. Jimmy promette a Jo amore incondizionato e le chiede di sposarlo, quando lui tornerà dal suo viaggio di cinque mesi con i Marines, ma dal viaggio non tornerà e lei dovrà fare i conti col bambino che porta in grembo e con uno spirito materno ancora troppo timido. L’amore e la passione per Jimmy avevano dato il frutto di una gravidanza inaspettata e evitabile che lei decide comunque di portare a termine da sola. Il nucleo composto da Jo e Jimmy ci porta a riflettere su tematiche differenti: dalla famiglia interraziale ai pregiudizi di razza, passando per l’emancipazione femminile e la forza di crescere un bambino in solitudine.

Il personaggio più puro e positivo che troviamo in tutto il testo è quello di Geof, giovane ragazzo che Jo conoscerà quando è oramai sola e che diventerà l’unico essere umano in grado di tutelarla, amarla incodizionatamente e aiutarla con le faccende di tutti i giorni e nella gestione di una maternità ingombrante. Geof è omosessuale e insieme a Jo creerà una vera e propria famiglia, facendo da padre al piccolo, nonostante per ovvie ragioni mai amerà e sposerà Jo. L’autrice dimostra quindi di essere avanti anni luce rispetto ai suoi contemporanei, introducendo nella pièce anche un concetto inedito di famiglia che preannuncia le famiglie descritte nelle serie tv degli ultimi anni (Will & Grace e Modern Family) e che farebbe arrizzare i capelli a tutti coloro che scendono in piazza al Family Day per tutelare la famiglia tradizionale.

Shelagh Delaney dimostra quindi di essere un’autrice valida, in grado di utilizzare il linguaggio teatrale in maniera magistrale, di affrontare questioni importanti e controverse in chiave ironica e di introdurre tematiche pionieristiche e coraggiose. Ciononostante il suo nome figura troppo poco spesso al fianco dei suoi contemporanei come John Osborne ed è ancora troppo poco conosciuta, sebbene Morrissey, leader della storica band britannica The Smiths, abbia detto che Delaney è la ragione primaria per cui lui ha iniziato a scrivere canzoni.

Fonte: S. Delaney, A taste of Honey, 2015, Bloomsbury Methuen Drama

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