Corea del Nord e Stati Uniti: il presente è l’eredità di antiche tensioni

Non sempre la pace dopo un litigio è un colpo di spugna che segna il ritorno alla normalità. Spesso le ostilità persistono, seppur sapientemente celate, e il ricordo di ciò che è successo non potrà mai dirsi cancellato del tutto. Estendiamo questo fenomeno su scala globale e otteniamo la guerra fredda. Pesante eredità della seconda guerra mondiale, si tratta di una delle ostilità più subdole che la storia abbia da offrirci. Come in una matriosca, in piena guerra fredda si inserisce un conflitto che può essere trattato esattamente allo stesso modo: la guerra di Corea. Anche in questo caso, le conseguenze sono forse più devastanti del conflitto in sé.

Una breve parentesi storica è doverosa. La guerra di Corea è stata combattuta tra il 1950 e il 1953 nell’omonima penisola. Il casus belli fu l’invasione della Corea del Sud ad opera dell’esercito nordcoreano. I due Paesi erano divisi dal 38° parallelo, una linea tanto ideologica quanto geografica, confine tra gli interessi dell’Unione Sovietica, sostenitrice della Corea del Nord, e quelli degli Stati Uniti, che invece supportavano la Corea del Sud. Inutile dire che le sorti dell’esercito sudcoreano erano preannunciate: poco addestrato, mal equipaggiato e soprattutto attaccato da 80.000 uomini, la sua sconfitta non fu una sorpresa. L’invasione richiese un rapido aiuto dell’ONU, che autorizzò gli Stati Uniti ad intervenire militarmente a favore del Paese occupato. Il tentativo degli americani di rovesciare il governo nordcoreano andò a buon fine. Qualsiasi guerra si conclude con un bilancio, che in questo caso è più drammatico che mai. Si stima che le vittime siano state 2.800.000, metà delle quali civili.

Possiamo mettere la parola fine al conflitto? No. O meglio, la guerra di Corea si concluse sulla carta nel 1953, ma la sua pesante eredità gravaancora come un macigno su di noi a più di sessant’anni di distanza. È stata la guerra di Corea a sancire il primo intervento dell’ONU in un conflitto bellico, dando il via alle numerose operazioni militari che da lì hanno visto e vedono impegnate le Nazioni Unite. Gli effetti della guerra sul lungo periodo hanno portato all’attuale divisione della penisola coreana in due Stati e all’ispessimento del regime nordcoreano. Per ultimo, ma non per importanza, le ostilità tra Stati Uniti e Corea del Nord non sono mai cessate e oggi sono acute più che mai. Al termine del conflitto, la Corea del Nord è rimasta a guardare lo sviluppo esponenziale di altri Paesi come la Cina da mera spettatrice. A chi dare la colpa se non al colosso trainante dell’Occidente? Per Pyongyang non c’è alcun bisogno di discutere: sarebbero gli Stati Uniti a impedire al Paese di prosperare mantenendo la propria indipendenza e le proprie tradizioni. Questa convinzione irremovibile del governo nordcoreano fa da leitmotiv al serrato braccio di ferro delle ultime ore.

Il timore del nucleare faceva tremare il mondo ancora una volta all’indomani della guerra di Corea, ma a farci rabbrividire ancora di più è che ancora oggi la paura non ha ragione di scomparire. Il dittatore nordcoreano Kim Jong-un avrebbe infatti il controllo di innumerevoli ordigni nucleari, come riportato dai servizi segreti americani. Persino testate nucleari miniaturizzate da montare sui missili dell’arsenale nordcoreano non mancherebbero a Pyongyang, ormai da mesi impegnata nella folle corsa verso le armi di distruzione di massa.

Il presidente americano Donald Trump non è rimasto indifferente alle indiscrezioni e ha dichiarato:

Se la Corea del Nord continuerà con l’escalation della minaccia nucleare, la risposta americana sarà fuoco e furia, come il mondo non ha mai visto

La promessa, che alle orecchie delle giovani generazioni suona minacciosa come solo quelle lette sui libri di storia, getta le basi per la tensione che ci aspetta nell’immediato futuro. La minaccia di Kim imperversa e sempre più vicina sembra essere la possibilità di un attacco a Guam, isola nell’Oceano Pacifico facente parte degli Stati Uniti d’America.

Del resto, i rapporti tra i due Presidenti non sono mai stati lontanamente amichevoli. Mai. Già in campagna elettorale, Trump si era reso disponibile e incontrare Kim Jong-un per scongiurare l’ipotesi del nucleare, ma da lì in poi l’unico dialogo intrattenuto tra i due è stato a colpi di parole velenose e di missili. La situazione si è inasprita ulteriormente con la morte di Otto Warmbier, giovane statunitense rimpatriato in coma dopo 17 mesi di detenzione in Corea del Nord. A sommarsi anche i lanci di ordigni intercontinentali, che fanno perdere la pazienza al tycoon americano. In uno dei suoi post su Twitter, scrive: “Questo ragazzo non ha niente di meglio da fare nella sua vita?”. Evidentemente no, dal momento che l’accanimento contro gli Stati Uniti non si arresta, come neanche gli esperimenti con il nucleare.

Tra gli sviluppi più recenti della vicenda abbiamo il divieto per i cittadini americani di recarsi in territorio nordcoreano a partire dal prossimo primo settembre. L’ONU ha infine recentemente approvato nuove sanzioni per la Corea del Nord, limitando nuovamente gli scambi commerciali con il Paese e la possibilità di investire in suo favore. Le sanzioni descritte dovrebbero privare Pyongyang, secondo le stime, di risorse del valore di un miliardo di euro ogni anno.

Saranno sufficienti questi provvedimenti a placare l’ira di Kim? Chi può dirlo.

L’orologio della storia ticchetta sempre più veloce.

Fonti:

www.instoria.it

www.limesonline.com

www.ansa.it

www.ansa.it

www.adnkronos.com

 

Crediti immagini:

Immagine 1, Immagine 2

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