Ricordando Vincenzo Agnetti tra i padri dell’Arte Concettuale

Vincenzo Agnetti (1926-1981) è stato uno dei fondatori dell’arte concettuale in Italia insieme al collega ed amico Piero Manzoni.

Nato a Milano rimase molto legato alla sua città nonostante i molti e lunghi viaggi tra Europa, Medio Oriente ed America. A New York le sue opere ebbero molto successo e decise di aprire un secondo studio (rispetto a quello milanese in Via Machiavelli).

Vincenzo Agnetti fu un pittore ed uno scultore, ma non solo: importante fu anche la sua attività di scrittore e critico. Attraverso queste varie influenze concepì l’idea artistica come un processo in divenire capace di coinvolgere complessivamente la vita dell’artista e, successivamente, quella dello spettatore. L’arte di Agnetti vede ridurre i concetti al loro essere essenziale e questo, ad esempio, viene dimostrato dall’identificazione della parola che, sul piano artistico, diviene numero. Il numero è comprensibile da tutti, supera la differenza linguistica e concettuale, lascia unicamente spazio all’intonazione. Questo è dimostrato da una delle sue opere più famose: Amleto Politico.

Oltre alla parola, sempre presente in qualche modo nelle opere di Agnetti (particolarmente attraverso la poesia), il Tempo è un tema centrale, capace di inglobare e giustificare i mezzi utilizzati per comunicare e offrire un’interessante critica politico-sociale allo spettatore. Questi mezzi sono installazioni, registrazioni vocali, testi propri ma proposti a stampa (quindi divenuti ”di tutti”), fotografie. Quest’ultime vennero sottoposte ad un processo artistico che portò alla creazione delle ”Foto-Graffie” (graffi incisi su foto). L’idea di un Tempo presente ma assente, conosciuto ma inconoscibile viene riproposto, ad esempio, nel celebre Autoritratto (Quando mi vidi non c’ero) e nel Libro Dimenticato a Memoria.

Emotività e Teatro Statico sono anch’essi, con Parola e Tempo, al centro della visione artistica di Agnetti e si possono ritrovare in tre delle sue opere più conosciute: Elisabetta d’Inghilterra, Mass Media, Macchina Drogata.

Il percorso specifico dell’artista lo rese una voce distinta all’interno dell’arte contemporanea che ancora oggi è difficile da comprendere perché:

“… le opere di Agnetti vanno lette all’interno di un doppio registro: l’opera (che) parla per sé, con la forza della sua essenza visiva con la sua sottostante interiorità e il lavoro critico-epistemologico, puntuale, metodico, che le sta alla base.” (Germana Agnetti)

Fonte: http://www.vincenzoagnetti.com/index.html

foto: www.pinterest.com

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