VENEZIA CHE MUORE: MANN E SALVALAGGIO

Il fascino di Venezia si perde nel tempo ed è unico al mondo. Purtroppo oggi la città è seriamente minacciata dall’incuria dei turisti e non mancano gli apocalittici che ne decretano l’imminente fine, sommersa dalle acque. Forse il suo fascino, nel bene e nel male, deriva anche da questa precarietà se non addirittura da un sentore di decadenza.

Una Venezia che muore, dunque. Non può non venire in mente il capolavoro di Mann dal titolo eloquente e sinistro: Morte a Venezia. Pubblicato nel 1912, la Venezia dello scrittore tedesco non è poi così distante da quella dipinta dai nostri notiziari. Il clima torrido, la calca dei turisti, una malattia endemica che sembra minarne le fondamenta. Gustav von Aschenbach insegue per la città un ideale di bellezza incarnato da Tadzio ma il clima lagunare ne comprometterà la salute. La malattia di Gustav coincide con quella di Venezia: una decadenza fisica che nemmeno la bellezza può fermare. Come Gustav che, per attirare le attenzioni di Tadzio, decide di truccarsi per sembrare più giovane, così Venezia nasconde dietro la bellezza dei suoi monumenti la malattia del tempo.

Venezia è anche la protagonista onnipresente dei romanzi di uno scrittore italiano ormai quasi dimenticato: Nantas Salvalaggio. Nato a Venezia nel 1923, dopo una breve carriera di cestista Salvalaggio intraprese la via del giornalismo. Riuscì, da giovane sconosciuto, ad intervistare Marylin Monroe e altri personaggi celebri tra cui Ezra Pound. Fu il fondatore e primo direttore a inizio anni Sessanta, della rivista “Panorama”. Dagli anni Settanta si dedicò alla narrativa e pubblicò una trentina di romanzi. Si spense nel 2009.

Il Campiello sommerso, pubblicato nel 1974, è considerato il suo capolavoro. Il protagonista, Sebastiano Venier, è il classico intellettuale disilluso appartenente ad una decaduta famiglia nobile. Ritornato alla natale Venezia vive una turbolenta vicenda amorosa con Adriana, una giovane facoltosa e collabora con un brillante ingegnere, Leo Santoro, nel tentativo di salvare Venezia dal bradisismo, ovvero dall’inabissamento. I due si scontreranno con l’amministrazione corrotta e inefficiente della città e con quelli che oggi verrebbero definiti poteri forti. Venier assisterà impotente al tradimento dell’amante e del collega, sullo sfondo di una Venezia sempre più in sfacelo.

Salvalaggio è abile nel dipingere Venezia in tutti i suoi aspetti. Rivolge particolare attenzione soprattutto agli ambienti aristocratici e mondani. Nel suo romanzo fanno la loro comparsa comprimari al limite della satira come le nobildonne in preda a scrupoli ecologisti. Quella di Salvalaggio è la Venezia mondana, menzognera e ipocrita nelle mani del cosiddetto sottobosco politico formato da amministratori locali, dirigenti pubblici, affaristi. Domina l’atmosfera stantia della decadenza della città e dei suoi abitanti, consumati nell’immobilità e in una cinica noia.

 

Salvalaggio ritrae senza pietà le contraddizioni e le illusioni dei propri personaggi e il romanzo è caratterizzato dalle tinte fosche di un paesaggio evanescente. Assistiamo all’esibizione degli ultimi tristi fasti di una società ormai incancrenita e corrotta registrati dall’occhio disincantato del protagonista. Ma nel romanzo compaiono anche ambienti più popolari, prime vittime della corruzione pubblica e del degrado morale. Questa duplicità di Venezia, divisa tra l’alta società e il popolo, era già presente in Mann.

E come in Mann il dramma di Venezia è calato nella vicenda personale del protagonista. Sebastiano infatti ama Adriana, giovane arrampicatrice sociale che non esiterà a lasciarlo per Leo Santoro. Ma la caduta di Adriana è inevitabile, cosi come quella di Venezia. Sia la ragazza che la città sono entrambe simboli di una bellezza venduta. Se nella Venezia di Mann dilagava il colera, nella Venezia degli anni Settanta serpeggia invisibile il morbo italico della corruzione.

Il romanzo di Salvalaggio ha il sapore amaro di un epitaffio alla propria città. Pur senza essere un romanzo di cronaca e politico, Il campiello sommerso lancia inevitabilmente un grido di denuncia verso il mal costume imperante nel nostro paese e, nonostante i suoi 43 anni, resta una lettura tristemente attuale.

Oggi la situazione di Venezia è ben nota a tutti e Il campiello sommerso sembra aver previsto lo scandalo legato al MOSE. Il pericolo maggiore di Venezia, sembra quindi dirci Salvalaggio, non è l’acqua e il bradisismo ma, ancora una volta, l’uomo.

 

Fonti: N. Salvalaggio, Il campiello sommerso, Rizzoli, 1974

 

http://www.lastampa.it/2009/05/29/cultura/morto-a-roma-nantas-salvalaggio-nUEPrOKyStIPKkZLLTe8TN/pagina.html

Immagine copertina

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