Il fumetto come forma d’arte: dai supereroi a Dylan Dog

Il fumetto è per definizione un racconto formato da una serie di disegni con brevi dialoghi che escono dalla bocca dei personaggi, normalmente a forma di nuvolette, oppure è il riquadro stesso contenente le frasi e le battute di dialogo dei personaggi delle tavole di un racconto figurato; il fumetto è visto come uno strumento di svago, un mezzo per distrarre i piccoli, educarli, ma raramente è considerato come una forma d’arte.

Il fumetto nasce negli Stati Uniti a cavallo tra Ottocento e Novecento come nuovo tipo di linguaggio figurativo, nuova forma di comunicazione visiva per la nascente cultura di massa. Il suo scopo è riflettere la società del suo tempo, analizzarla e raccontarla al suo spettatore, mostrandogli una via di fuga dalla dura realtà che lo circonda. Un esempio di fumetto come strumento di evasione dal quotidiano è l’era delle storie di supereroi dagli straordinari poteri negli anni intorno alla seconda guerra mondiale: negli anni ‘30 e ‘40 del Novecento i fumetti della Marvel e della DC Comics avevano come protagonisti supereroi senza macchia e senza paura (i più popolari Superman, Batman e Capitan America) che salvavano il mondo dai malvagi; questo tipo di narrazione forniva un’evasione dalle inquietudini e dalle nevrosi dell’americano medio dell’epoca, tra gli strascichi della grande crisi del 1929 e lo scoppio della seconda guerra mondiale.

Superman, DC Comics

Nonostante lo scopo iniziale dei fumetti fosse semplicemente creare un’intrattenimento visivo, con il tempo e l’evolversi dei disegni e delle storie in essi, il fumetto assume un significato più alto e può essere considerato come una forma d’arte. Negli anni ’60 con Andy Warhol e la Pop Art, l’arte non doveva essere relegata alle forme tradizionali come pittura e scultura, ma vi era la necessità di esplorare nuovi modi di esprimere le proprie aspirazioni creative, il fumetto fu una di quelle nuove forme.

Il fumetto ampia la possibilità di raccontare storie che aiutino le persone a comprendere la società e a far riflettere i suoi lettori, a mostrare nuovi strumenti per esprimere una propria filosofia da parte dei creatori e dei disegnatori, senza rimanere ancorati ad un’arte troppo tradizionale.

Per i puristi del genere il fumetto non è da confondersi con la graphic novel, la quale è un’espressione artistica, comunicativa e visiva che appartiene alla famiglia del fumetto, ma che presenta un intento letterario conclusivo, è un vero e proprio romanzo a fumetti, una storia unica, in un unico volume, pensata per avere un inizio e una fine in quella struttura, significa parlare di un formato particolare di fumetto. Il valore artistico-letterario che molti danno al fumetto o alla graphic novel non è dato dal formato, ma dal contenuto, per questo a volte si favorisce la graphic novel rispetto al fumetto; essa è considerata più “nobile” e con maggiori spunti di riflessione.

In Italia il fumetto fa il suo ingresso con il primo numero del Corriere dei Piccoli del 27 dicembre 1908, il supplemento domenicale illustrato del Corriere della Sera. La cultura letteraria italiana del tempo era ancora lontana dal concepire libri per l’infanzia con scopo il puro intrattenimento: il fumetto era creato come strumento educativo,che doveva contribuire alla formazione dei ragazzi, i cui contenuti dovevano promuovere modelli istruttivi e presentare una morale ben definita in ogni finale di racconto.

Dopo la prima guerra mondiale il fumetto assume la connotazione di intrattenimento per i più giovani, mantenendo sempre la sua funzione educativa, ma essendo considerato un prodotto infantile non vediamo comparire una produzione originale italiana poiché si preferisce importarlo dall’estero; le prime riviste a fumetti italiane pubblicavano principalmente materiale d’importazione britannico o americano, come ad esempio la creazione più famosa di Walt Disney, Mickey Mouse, ovvero Topolino.

La produzione di fumetti “made in Italy” nasce nel secondo dopo guerra dato che, nell’Italia impoverita dalla seconda guerra mondiale, gli editori non potevano più permettersi di comprare i diritti dei fumetti americani. Così da questa necessità nacque una produzione italiana di fumetti che prendeva ispirazione da quella degli Stati Uniti, tra le quali le più famose e popolari furono Tex Willer di Giovanni Luigi Bonelli (1948) e il parodistico Cocco Bill di Benito Jacovitti (1957).

Tex Willer di G. Bonelli

La produzione italiana nel corso degli anni cresce e si diversifica, sia per genere che per ispirazione, esprimendosi in quelli che ancora adesso sono considerati i grandi classici del fumetto italiano come Diabolik delle sorelle Giussani, Valentina di Guido Crepax, Zagor di Guido Nolitta, Martin Mystère di Alfredo Castelli e Dylan Dog di Tiziano Sclavi.

Quest’ ultimo è uno dei fumetti italiani di maggior successo, secondo in vendite solo a Tex, tanto da suscitare un certo interesse anche al di fuori dell’Italia. Nel 2016 in occasione dei trentanni dalla nascita del personaggio di Sclavi sono state organizzate mostre sul fumetto, in particolare quella alla Pinacoteca dall’Accademia Albertina di Torino.

Dylan Dog è nato dalla mente di Tiziano Sclavi, che ha creato un personaggio capace di appassionare molti lettori attorno alla figura del famoso indagatore dell’incubo. Il personaggio di Dylan, modellato sulle fattezze dell’attore Rupert Everett, si presenta come uno squattrinato investigatore privato specializzato in mostri e demoni, tormentato da un passato doloroso, solitario, ex alcolista, prova avversione per le armi tale da cercare spesso un modo per evitare di usarle nel corso delle proprie indagini; la sua spalla comica è l’assistente Groucho, sosia di Groucho Marx, che alleggerisce le atmosfere cupe del fumetto con le sue battute strampalate e grottesche,che spesso nascondo un fondo di saggezza.

Groucho l’assistente di Dylan Dog

Ciò che rende affascinante il personaggio per il pubblico non sono l’ambientazione inglese, né la sua professione e nemmeno le atmosfere horror, ma semplicemente la veridicità del personaggio di Sclavi. Dylan è un uomo comune che mostra sempre il suo lato vulnerabile e le sue innumerevoli paure al lettore: soffre di claustrofobia, ha paura di volare, soffre di vertigini e generalmente è ipocondriaco.

Dylan Dog rappresenta l’uomo medio che si confronta con una realtà spaventosa, cosciente dei rischi e dei pericoli, che non è un supereroe né si atteggia ad esserlo, che mostra le proprie debolezze e fragilità, ma nonostante ciò è pronto ad aiutare le persone che richiedono il suo aiuto.

Dylan Dog di Tiziano Sclavi

Dylan Dog non è distante dal suo lettore, si mostra per quello che è realmente, senza filtri né illusioni, perché il suo compito non è apparire piacevole ai nostri occhi, ma mostrare la nostra umanità, i nostri vizi e i nostri pregi per accettarli e cercare di migliorarci.

I fumetti sono anche questo, possono presentarsi come uno strumento per educare i più giovani, per intrattenerli, per mostrare loro esseri soprannaturali che combattono i cattivi per proteggerli, oppure possono mostrare uomini che nonostante non abbiano le abilità e i mezzi si immergono nei loro peggiori incubi per aiutare chi è più indifeso di loro cercando nel medesimo istante di vincere le loro paure.

I fumetti non sono solo per bambini, sono per tutti coloro che hanno il desiderio di entrare in un mondo che li aiuti ad evadere la realtà per poi comprenderla.


FONTI

L’Universale, Arte vol. I.

Fumetto

Fumetto Italiano

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.