Modus Operandi: una piattaforma di dibattito sui modi dell’arte

Da molti decenni a questa parte, il mondo dell’arte ha visto l’individuo creativo diventare non solo faber, ma anche soggetto della propria opera, elevando l’identità autoriale ad una condizione superiore rispetto a quella del semplice esecutore. Attualmente l’analisi dell’aspetto prettamente tecnico-materiale viene posta di frequente in secondo piano, per privilegiare di gran lunga i procedimenti mentali più intimi: la persona oltre il prodotto. Da Duchamp, da Dada, da Piero Manzoni, l’autore non è soltanto colui che dà forma ad un oggetto artistico, ma colui che si pone al centro del proprio atto creativo per svelarne le accortezze e i sotterfugi, per rendere vivo il proprio lavoro e far vivo se stesso. Dietro all’opera compiuta, che essa sia un prodotto tangibile o meno, si nascondono idee, sentimenti e storie: una sintesi di percezioni e relazioni svelate nella realizzazione di un prodotto al contempo personale ed universale.

Partendo da tali premesse, Matilde Scaramellini ed Elena Vaninetti, due giovani curatrici milanesi (T14) hanno lanciato nel 2016 la piattaforma Modus Operandi, destinata ad indagare le fasi del processo creativo e la persona che ne è artefice. Le loro questioni a proposito del ruolo dell’autore, della funzione e del significato di un opera d’arte hanno generato la fondazione di una rete, piano di confronto per eccellenza, tramite cui poter discutere liberamente del valore dell’operato dell’artista ai tempi odierni.

Incontrare delle opinioni ancora “fresche” riguardo al mondo dell’arte si è rivelata una piacevole sorpresa; infatti Matilde ed Elena fanno capire fin da subito di nutrire una certa positività per il futuro.

La mia prima curiosità riguarda l’evento o la causa per cui questa idea  è nata
Il progetto è nato in seguito ad una riflessione avuta durante una collettiva che abbiamo curato nell’aprile 2016, per cui ci siamo occupate di realizzare video interviste a critici e galleristi. Ci siamo rese conto dell’esigenza di aprire un dibattito, di mettere in collegamento persone che hanno obiettivi comuni, ma non riescono a condividerli. Molti artisti o esperti lavorano in modo individuale non avendo validi canali di comunicazione. Il nostro scopo è anche quello di mettere in luce lavori rimasti nell’autoreferenzialità, rendere queste esperienze più accessibili e vicine ai fruitori finali.

In che cosa consiste il vostro lavoro?
La nostra attività principale è effettuare interviste e studio visit, entrando direttamente nel mondo dei singoli artisti. Ci occupiamo noi stesse di ogni fase: raccogliamo testimonianze, facciamo fotografie e riprese delle interviste in studio, riportando il tutto nel sito web che ci preoccupiamo di tenere costantemente aggiornato. Il nostro è un lavoro di integrale di ricerca, che mira ad offrire una visione completa di ogni esperienza. D’altra parte, è di nostro interesse rendere concreto ciò che facciamo; è per questo che nel mese di marzo si terrà una serie di incontri in cui ospiteremo artisti e curatori che abbiamo intervistato, cercando di creare un collegamento effettivo e un dialogo attivo tra “chi fa”, “chi studia” e “chi riceve”.

Leggendo le vostre interviste si nota una certa propensione nel guardare al panorama italiano. Si tratta di un aspetto voluto?
Assolutamente, la scelta di concentrarsi sull’Italia è finalizzata a mettere in luce le difficoltà oggettive incontrate dagli artisti nello svolgimento e nella gestione della propria attività. Allo stesso modo, ci interessa far capire in generale quali sono gli ostacoli comuni del mondo dell’arte, anche per quanto riguarda la curatela, o la difficoltà di creare rete una rete di condivisione.
È per questo che risulta fondamentale riportare le opinioni immediate degli stessi protagonisti del settore.

Il nostro tempo offre una vasta folla di personaggi senza contenuti, ad esempio youtuber e blogger improvvisati, che cercano di ottenere un successo facile. Perché l’artista non può essere questo?
Il lavoro dell’artista è una costante ricerca costruita negli anni, alla volta di scoperte durevoli. Una parola fondamentale per descrivere tale modus operandi (specchio di un più profondo Modus cogitandi) è “progettualità”: una serie di indagini, tentativi e risultati parziali, forse non immediati, ma con contenuti di sicuro validi e permeati di un’immancabile professionalità.

Credits:

fonti: intervista da parte dell’autrice

foto: www.pinterest.com

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