Un valzer che tende al Novecento: La Valse di Maurice Ravel

Il sistema tonale, che aveva dominato per circa due secoli la tecnica compositiva occidentale, era giunto nel tardo Ottocento ad un’irrimediabile saturazione. I compositori cercano nuove vie per ovviare a questo appiattimento della tavolozza sonora, muovendosi verso la musica atonale e l’utilizzo libero ed ardito delle dissonanze.

Questa esplosione del sistema tonale tuttavia non è l’unica strada percorsa: Maurice Ravel non disgrega i presupposti del sistema tonale e della concezione del tempo musicale restando così all’interno di un quadro formale tradizionale. Ravel rinnova e crea una sua estetica musicale attraverso il ricorso alla musica orientale, all’utilizzo di strumenti antichi oppure attingendo dal recentissimo jazz americano.

Il suo modo di comporre vuol esser travolgente, ironico, coinvolgente, supera così l’intellettualismo degli altri musicisti innovatori. Non cerca disperatamente nuove atmosfere, ma vuole riscoprire la grande tradizione del valzer, affermando di non intraprendere un’operazione raffinata o ricercata. Ravel inizia a concepire l’idea di un pezzo per orchestra come una sorta di omaggio a Johann Strauss figlio almeno dal 1906, ma solo nel 1920 completa il concerto La Valse.

La Valse è un pezzo intenso, tragico nonostante la sua tensione ritmica che evoca la danza; è uno strano omaggio quello che fa al celebre valzer di Strauss, poiché, pur mantenendone la struttura formale, lo riveste di una tensione cupa, struggente, insolita per un valzer. In epigrafe alla partitura il compositore lascia questo commento, per tratteggiarne l’atmosfera:

“Nubi turbinose lasciano intravedere, a squarci, coppie che danzano il valzer. A poco a poco le nubi si dissolvono: si ravvisa una sala immensa, popolata d’una folla vorticante. La scena si fa via via più nitida Al fortissimo brilla improvvisa la luce dei lampadari. Una corte imperiale, 1855.”

La Valse si articola in due parti, ciascuna delle quali costruita in un crescendo sempre più coinvolgente, che parte dalle sonorità più cupe e basse per poi brillare. Il valzer è composto da vari temi, alcuni più ritmici altri più melodici. L’orchestrazione, come da tradizione francese, è raffinatissima e gli strumenti vengono usati al meglio delle loro potenzialità.

L’equilibro e la ripetitività del valzer vengono qui dissolti, come se i vari temi esplodessero creando una situazione tesa, fra luce ed ombra. Le atmosfere ordinate e serene dei valzer ottocenteschi sono finite, la danza incontra le rivoluzioni estetiche del Novecento e nella coda finale Ravel conduce il passo di danza in un stato di agitazione, facendolo volteggiare, a tratti con grazia, in un vortice avvolgente nel quale i temi diventano materia musicale indistinta.

 

Fonti: Maurice Ravel, Scritti e interviste, a cura di Enzo Restagno, Torino: EDT, 1995.

Immagine: Il ballo dell’Opéra, Henri Gervex, 1886 – img

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