Il confine tra magia, religione e scienza

Spesso si tende a confondere magia e religione, mischiandoli insieme in una sorta di superstizione ormai superata, da opporre alla gloria e all’assoluto dominio della scienza. Ma magia e religione sono davvero la stessa cosa? E i principi su cui si basano sono davvero tanto diversi da quelli scientifici.

Fin dall’antichità, alla magia viene attribuito un carattere attivo; si tratterebbe infatti di una pratica che permette di entrare in contatto diretto con le forze misteriose che governano il cosmo, con lo scopo di manipolarle a proprio vantaggio. Il mago ritiene che a una certa causa seguirà un certo risultato, che la corretta esecuzione di una cerimonia produrrà l’effetto desiderato (a meno che il tutto non sia ostacolato dall’azione di un altro mago e che le regole dei rituali siano rispettate alla lettera). Ciò che sta alla base della magia è la credenza che, nella natura, ad un evento ne segua necessariamente un altro: una concezione del tutto simile a quella della scienza moderna, basata su una fede ferma e reale nell’uniformità della natura. La magia propriamente detta non supplica una potenza superiore, non cerca il favore di qualche divinità: è una scienza esatta, la successione degli eventi è certa, chi conosce la natura può anche dominarla.

Tuttavia magia e scienza si distinguono l’una dall’altra: la magia è basata su un’associazione di idee per similarità e per contiguità nello spazio e nel tempo, e questi stessi principi, correttamente applicati, danno luogo alla scienza, ma nella magia essi sono applicati illegittimamente.

La religione, invece, riflette un atteggiamento passivo nei confronti della realtà che ci circonda, che appare dominata da entità superiori. La religione e i suoi riti presuppongono una sorta di abbandono al potere della divinità, che può essere persuasa ad agire in favore dell’uomo ma che può essere anche capricciosa o in generale libera di agire a dispetto delle azioni umane. Non ci sono quindi, come per la scienza o la religione, leggi immutabili che agiscono meccanicamente. Abbiamo casi in cui la magia tratta con spiriti o esseri ammessi nella religione, ma essi sono trattati alla stregua di agenti inanimati: vengono costretti e non pregati, come accadrebbe invece nella religione.

Nell’Antico Egitto ai maghi veniva attribuito un potere addirittura superiore a quello degli dei, tanto che essi erano in grado di forzarli ad eseguire i loro comandi, minacciandoli addirittura di distruzione qualora disubbidissero. Il mago poteva ad esempio dichiarare che avrebbe sparpagliato le ossa di Osiride o rivelato la sua leggenda sacra se il dio avesse mancato di eseguire i suoi ordini. In India invece, la stessa grande trinità hindu (Brama, Visnù e Siva) è soggetta ai maghi: queste potentissime divinità sono costrette a eseguire qualsiasi comando venga imposto loro, sia in cielo che in terra. Un detto popolare indiano recita: “Tutto l’universo è soggetto agli dei, gli dei sono soggetti agli incantesimi (mantras); gli incantesimi sono soggetti ai Bramini; quindi i Bramini sono i nostri dei”.

Si avverte quindi un radicale conflitto tra magia e religione, tra mago e sacerdote: il mago è superbo e arrogante di fronte alle potenze della realtà, che egli crede di poter dominare, mentre il sacerdote, che invece è timoroso del divino e umile nei suoi confronti, è ripugnato da certe pratiche che gli appaiono empie e blasfeme, poiché usurpano le prerogative proprie della divinità.

 

Fonti

-Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici.

-James G. Frazer, Il ramo d’oro.

Immagini: www.splitshire.com

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