N. I. Vavilov, e la scienza condannata a maggioranza

“Fidatevi della scienza, la velocità della luce non si decide a maggioranza”. Questa  dichiarazione di Piero Angela alla trasmissione In Mezz’Ora, in onda su Rai3, ha fatto il giro dei mass media in merito alle campagne per la libertà di scelta in tema di vaccinazioni. Con questa affermazione il noto giornalista invita a fidarsi della comunità scientifica, perché i risultati della ricerca si basano su sperimentazioni serie e rigorose, replicabili in qualsiasi momento con le strumentazioni appropriate. Inoltre, gli scienziati sono persone che hanno dedicato una vita di studio alla conoscenza, sono dunque i più competenti nel trattare argomenti specifici.

Con i risultati della ricerca scientifica che vengono messi in discussioni, e alcune frange politiche pronte ad assecondare le paure e le incertezze della massa, torna alla mente la storia poco conosciuta di un agronomo russo della prima metà del XX secolo, Nikolai Ivanovich Vavilov.

Vavilov era un agronomo viaggiatore, alla maniera di Darwin. Nel corso delle sue innumerevoli spedizioni intorno al mondo elaborò tre teorie fondamentali per le scienze agrarie e biologiche, tra le quali la più celebre è quella dei Centri d’origine delle colture. Dopo vari ripensamenti, e aver raccolto più di 250 000 campioni di differenti specie botaniche, nel 1940 Vavilov annunciò l’esistenza di ben sette Centri d’origine, sparsi per il mondo.

Un Centro d’origine è una regione in cui determinate piante coltivate sono state addomesticate per la prima volta nella storia. Questi luoghi sono caratterizzati da un’elevatissima biodiversità intraspecifica. Tale diversità ne fa delle vere e proprie banche di conoscenza genetica, che nei secoli si sono rivelate preziosissime per la sopravvivenza della stessa specie umana. Più si conosce della variabilità genetica di una specie, più è possibile trovare la giusta combinazione di geni da utilizzare nel miglioramento genetico delle piante coltivate. Il miglioramento genetico è indispensabile per rendere le colture sempre più adatte all’ambiente che cambia, e adatte a nutrire l’umanità.

Nel corso delle sue esplorazioni attraverso i cinque continenti, Vavilov individuò 8 centri d’origine, nei quali l’agricoltura si era presumibilmente sviluppata in modo indipendente, a partire dalle specie vegetali e animali disponibili. Si va dal Vicino Oriente, da dove arrivano frumento, orzo, cavoli e mele, al Sud-Est Asiatico dove furono domesticati riso e cotone, all’Etiopia con caffè, sorgo e miglio, all’America Centrale con il mais, e così via…

Mappa dei centri d’origine delle piante coltivate, disegnata da N.I. Vavilov. Via Wikimedia Commons.

Grazie al suo lavoro innovativo, quasi rivoluzionario, e al suo prestigio internazionale, Vavilov fu uno scienziato di punta durante i primi anni del regime Sovietico in Russia. Le sue sorti mutarono con l’ascesa di Stalin, e la definitiva trasformazione del Paese in uno stato totalitario. Stalin condannò il lavoro di Vavilov, poiché traeva ispirazione dalle teorie di Mendel in campo genetico, considerate troppo visionarie e borghesi. Vavilov fu destituito da ogni suo incarico accademico, e sostituito con Lysenko, di idee lamarckiane – che oggi sono considerate sorpassate, e parte della storia della scienza – e più gradito al regime.

Vavilov fu arrestato nel 1940, e morì prematuramente, all’età di 55 anni, nel 1943, rinchiuso nella prigione di Saratov. La sua storia ci appare ancora più grave, se pensiamo alla grande considerazione che egli nutriva per il lavoro di Darwin sull’evoluzione, e che queste stesse conoscenze sono state recentemente vietate nelle scuole primarie della Turchia. Oggi le scoperte di Mendel, Darwin e Vavilov sono abbracciate da tutta la comunità scientifiche, e considerate fondamentali per tutto il successivo sviluppo della conoscenza.  Per questo deve restare desta l’attenzione verso i diversi messaggi che giungono attraverso i mezzi di comunicazione, e non smettere mai di apprendere con spirito critico.


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