FAMOSA, DI E CON ALESSANDRA MORTELLITI

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Affamata, famelica, famosa. L’assonanza letterale tra questi tre aggettivi nasconde la chiave per capire le ambizioni di Rocco Fiorella, ragazzo che è nato e vive nella provincia ciociara, tra gli scaffali del supermercato in cui lavora e gli sguardi sdegnosi dei compaesani. Abbandonata la scuola “merdosa” dei bulli e degli insegnanti incompetenti, Rocco passa le giornate chiuso nella sua cameretta tra computer, cellulare e  programmi televisivi, emulando le paladine dello spettacolo di cui vorrebbe assumere i panni, l’identità.

Rocco, protagonista di Famosa, monologo scritto ed interpretato da Alessandra Mortelliti, si sente geneticamente errato, nato in un corpo per cui prova vergogna e disgusto e che agghinda per sentirsi appagato ed amato. La ricerca costante di stima sociale, alimentata dai talent show che si presentano come trampolini di lancio per giovani talenti del canto, del ballo e della recitazione, corrisponde ad una profonda carenza di affetto familiare: un padre manesco e una madre indemoniata soffocano la vera identità di Rocco, oscurano Fiorella, creatura bestemmiata e maledetta dall’intero paese.

Quando gli si pone l’opportunità di partecipare ai provini di Roma per entrare nel cast di uno dei suoi programmi preferiti, Rocco racimola soldi, vestiti e beauty-case e parte alla volta della grande città per il suo primo viaggio in solitaria. Tuttavia, la capitale si dimostrerà una giungla nei confronti del ragazzo, ma l’infrangersi dei sogni cittadini di Rocco rappresenterà solo una tappa del suo tortuoso percorso di vita, lungo il quale non troverà, né tanto apparentemente cercherà, un sostegno, una voce illuminante.

Rocco non conosce la felicità autentica e la confonde con la gloria effimera e simulata della televisione: Maria De Filippi viene elevata a divinità da pregare per diventare prima una donna, poi una soubrette apprezzata dal pubblico, ma ciò che otterrà sarà solo derisione e l’etichetta pubblica di “diva del trash”.

Frequenti nel testo sono i riferimenti all’idolo pop dell’adolescente, Lady Gaga, artista di cui sceglie un brano per l’esibizione davanti ai giudici del talent, “Poker Face”. D’altronde questo, che è il singolo con cui la cantante ha raggiunto la cima delle più importanti classifiche musicali del mondo, è contenuto nell’album “The Fame”, in cui viene l’artista declina in toni elettropop tutta la sua ossessione per la notorietà.

Lo spettacolo compendia in poco meno di un’ora temi cari al teatro tradizionale e di reale attualità, riesaminati dagli occhi di un millennial: dalla scoperta della propria identità di genere, alla violenza sessuale; dal sottile confine tra città e provincia, all’alienazione di chi silenziosamente urla tra la folla il proprio intimo disagio.

Scritto e recitato con influssi dialettali ciociari e andato in scena dal 12 al 14 maggio allo Spazio 18B di Roma, il monologo illustra in realtà il dramma di una generazione intera, illusa dai riflettori dell’industria dello spettacolo e dimenticata dal destino. Eppure basterebbe solo un po’ di amore, sentimento assente o artificiale.

 


 

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