Un martire del teatro: Mejerchol’d e il teatro di sperimentazione

Quando ripercorriamo la storia del teatro, non è raro imbattersi in personalità perseguitate per le loro idee rivoluzionarie e per questo, molto spesso, scomode.

L’ombra della censura da secoli perseguita l’autore, l’attore, lo scenografo, lo spettatore stesso che, magari non direttamente, risente della sua pressione. I primi decenni dell’900 sono un periodo molto tumultuoso sia per la politica, sia per i campi artistici e culturali. È innegabile, tuttavia, che questo periodo ha portato con sé una straordinaria esplosione di creatività che ha investito tutte le realtà intellettuali.

Nel contesto della Russia pre-rivoluzionaria, incontriamo alcune tra le esperienze più significative d’Europa. Questa è la culla di alcune delle idee più brillanti del periodo, che influenzeranno, soprattutto per quanto riguarda il campo teatrale, tutto il XX secolo.

In questo panorama compare Vsevolod Emilevič Mejerchol’d. Lo incontriamo prima come uno dei più dotati attori di Stanislavskij, poi come direttore del Primo Studio nel 1905, teatro di sperimentazione fondato proprio da quest’ultimo, e poi come ideatore di una delle sperimentazioni teatrali più influenti del secolo: la Biomeccanica.

Mejerchol’d si staccherà dal maestro Stanislavskij in maniera netta, tanto che le rispettive idee si trovano in contrasto: se Stanislavskij teorizza un teatro basato sull’assoluto naturalismo, Mejerchol’d punta in tutt’altra direzione. A suo avviso, infatti, impossibile che uno spettatore si dimentichi di avere davanti un attore e, viceversa, un attore non dimentica il pubblico che ha di fronte, tenendo presente questo si deve puntare piuttosto a stimolare l’immaginazione dello spettatore. I suoi attori sono spinti a un totale controllo del corpo attraverso esercizi costanti – base della Biomeccanica – per valorizzare al massimo la corporeità.

I suoi spettacoli sono impregnati di una grande forza propulsiva verso un nuovo teatro. Molti lo giudicano come un teatro destinato a diventare grande, dove i fondali dipinti scompaiono per lasciare spazio a macchine e strutture mobili e dove l’attore diventa “operaio teatrale”,  con la tuta da lavoro a sostituzione del costume d’epoca per permettergli la massima mobilità. Ma nella Russia degli anni Venti non tutti guardano alle sue sperimentazioni con l’occhio della cultura.

Se nel 1920 gli verrà affidata la responsabilità della sezione teatrale del Commissariato del popolo per l’istruzione, appena l’anno successivo sarà rimosso. Le sue idee diventeranno talmente disturbanti che nei venti anni successivi sarà sempre più nel mirino della critica del regime sovietico, fino alle estreme conseguenze nel 1940 quando verrà arrestato e condannato a morte.

Così di spegne una grande luce del teatro, che però non sparirà per sempre, poiché altri continueranno la sua ricerca, ma ancora una volta siamo testimoni di un grande della cultura che perisce a causa dei “grandi” della politica, ben poco interessati alla crescita dell’arte.

Fonti

“Il teatro dei registi” di Roberto Alonge, Editori Laterza, 2015.

Credits

www.pinterest.com – foto palco, Le cocu magnifique con la regia di Mejerchol’d (1922) messo in scena in un teatro di Mosca

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