La dichiarazione d’indie-pendenza

Siamo negli anni in cui la fiamma del vinile è tornata a divampare mentre quella dei talent tende a spegnersi in un declino lento ma inesorabile. Se da un lato il prodotto ben confezionato è snobbato da scaffali e palcoscenici, i palazzetti vengono riempiti da synth-pop e chitarre acustiche in un futuro che sa tanto di un passato nostalgico e alternativo.

Siamo entrati a tutti gli effetti nell’anno dell’indie.

Una piccola carrellata di fatti ci può aiutare per affrontare questo confronto: i TheGiornalisti appendono al muro un disco d’oro e sbancano i palazzetti mentre Elodie fallisce nel ricevere un afflusso quantomeno sufficiente all’Alcatraz di Milano (locale importante si ma di ben altre dimensioni); aumentano le ospitate televisive che consacrano definitivamente il disagio di Calcutta e i ricci di Lodo Guenzi; il colpo di grazia arriva quando Le Luci Della Centrale Elettrica illuminano a giorno il panorama musicale rendendo superflue le varie comete preconfezionate.

Ah, e tra l’altro mettetevi l’anima in pace, la hit dell’estate è già uscita e si chiama “Pamplona”.

Quest’inversione di tendenza, questa “ribellione di un’élite” (aggiungeteci un’infinità di virgolette) è quasi contraddittoria e ci appare come un’eclissi: una categoria (parlare di genere sarebbe corretto ma inesatto) di musica la cui vocazione è quella di essere di nicchia sta lentamente prendendo il sopravvento diventando il nuovo mainstream, spingendosi fino a cambiare le regole del mercato.

Metaforicamente parlando, ci troviamo di fronte a una lotta di classe con un così romantico retrogusto marxista che ha portato una compatta minoranza di ascoltatori in posizione predominante, rendendola appetibile alle etichette in cima alla catena alimentare. Così, mentre le etichette indipendenti si occupano dello scouting alle major tocca semplicemente il compito della distribuzione così da lanciare definitivamente degli artisti sui quali c’è poco da scommettere e tanto da guadagnare.

Ma forse c’è anche qualcosa da perdere. La forte diffusione che ha visto questa insurrezione è dovuta all’effetto relatable e al rapporto stretto che si crea tra artista e pubblico: tornando a fare gavetta si trovano circondati da una schiera di gente che li ha visti “crescere”, prendendoli per mano e accompagnandoli fino al debutto sui grandi palchi. L’artista sa bene che per non tradire questa relazione sono richieste solo della musica apprezzabile (i criteri a volte sono discutibili, vedi Pop_X) e il rispetto che passa anche e soprattutto attraverso il mantenimento della credibilità (che in questi casi assume un’importanza quasi pari a quella che quest’ultima ha spesso giocato nel mondo dell’Hip-hop).

Sì, si può dire che “il problema non è il lunedì ma il capitalismo”, mentre la propria etichetta è distribuita da una major, se alla fine del concerto comunichi a tutti i fan che sono i benvenuti a prendersi una birra con la band in un qualche locale in quel di San Lorenzo.


Credits: Img.

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