Femme fatale: quando la tradizione si scontra con l’innovazione

Chiunque abbia seguito un corso di letteratura italiana, sa che per i primi secoli della nostra tradizione la figura femminile principale era la “donna angelicata”: capelli biondi, occhi azzurri, colei che eleva il poeta prima intellettualmente e poi spiritualmente. Ma cosa succede quando il modello principe di una cultura, incontra quello di un’altra? In Italia, ciò diede vita a fenomeni di dualismo.

Proveniente dal decadentismo, la “femme fatale” si scontra in pieno con la “donna-angelo” italiana nella seconda metà dell’Ottocento. L’antenata della “vamp” non ha nulla a che fare con un personaggio come Beatrice: trascina infatti i suoi amanti in una passione amorosa folle, fino a portarli alla morte. E’ dunque la donna che nelle coppie (o i triangoli) di fine Ottocento, comanda e decide le sorti di racconti e romanzi. Due esempi fondamentali sono Fosca nell’omonimo romanzo di Iginio di Ugo Tarchetti, che “divora” spiritualmente Giorgio fino a farlo ammalare della sua stessa malattia, segnante anche a livello fisico; ancora abbiamo Elena, amante di Andrea Sperelli ne Il Piacere di Gabriele d’Annunzio, che segnerà il finale del romanzo ma anche il destino del protagonista, abbandonato sia da lei che dall’altra amata, Maria. Dalla crisi del sentimento amoroso all’interno del romanzo italiano di fine ottocento ed inizio novecento, è possibile denotare un’altra crisi: quella dell’unitarietà della cultura italiana, fino a qualche decennio prima estremamente conservativa e chiusa rispetto alle novità europee e, in minor misura, americane. La pressione del rinnovamento culturale mondiale evidentemente cominciò a farsi sentire in maniera forte, tanto da scardinare una delle colonne portanti della letteratura italiana. Non a caso, la critica denuncia vari “scopiazzamenti” da scrittori stranieri, per quanto riguarda il passaggio di fine diciannovesimo secolo italiano. Chi nomina Joyce per Zeno, chi Baudelaire e i russi per d’Annunzio, i critici letterari denunciano una ripresa troppo forte dei temi provenienti dall’estero.

Ciò è la dimostrazione del fatto che in un luogo conservatore come l’Italia, nuove scritture e nuove forme di scrittura entrarono tutti insieme dalla stessa porta e improvvisamente. Osservando il panorama attuale della letteratura in Italia, pare essere passati da un estremo all’altro: se centocinquant’anni fa la nostra tradizione si dimostrava eccessivamente chiusa, negli anni duemila sembra “mangiarsi” tutto ciò che le viene proposto dal mondo esterno. 

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