Interstellar, un film per mettere in questione la nostra stessa esistenza

Che Interstellar sia una pellicola con un cast d’eccezione, una recitazione da oscar e una trama sconvolgente è noto a tutti i cinefili, ma non si tratta semplicemente di un film fine a se stesso: la teoria della relatività temporale, con tutti i suoi pro e contro è un dato incredibile e allarmante allo stesso tempo. Come può una persona abbandonare la propria casa per intraprendere un viaggio interstellare, scoprendo poi che sulla Terra il tempo scorre più velocemente e che tutti gli affetti, le persone e le situazioni sono letteralmente scivolate via?
Naturalmente nessun essere umano ha ancora provato personalmente l’esperienza di un viaggio nello spazio profondo; trattasi quindi di una interessante teoria per aiutarci a capire meglio ciò a cui potremmo andare incontro in un futuro non troppo distante.

La Terra sta morendo: anni di sprechi e consumo di materiali tossici hanno causato l’insorgere di violente tempeste di sabbia e di un batterio noto come La Piaga: quest’ultima, sfruttando l’azoto, si propaga, distruggendo le coltivazioni ormai unica fonte di sostentamento per gli umani. L’ex aviatore e ingegnere aerospaziale Cooper viene incaricato da ciò che rimane della NASA di intraprendere un viaggio interstellare con altri cosmonauti attraverso un wormhole (un passaggio artificiale tra due galassie) per visitare pianeti potenzialmente abitabili in cui trasferire l’umanità. Sfortunatamente, questo sistema di pianeti si trova a ridosso del buco nero Gargantua, che con la sua iper-gravità causa slittamenti temporali enormi per tutte le entità che si avvicinano al suo orizzonte. Di fatto, una sola ora trascorsa sui pianeti abitabili corrisponde ad almeno sette anni sulla Terra. Diversi incidenti impediscono all’equipaggio di tornare sulla Terra in tempo, sulla quale sono ormai trascorsi ventitré anni dall’inizio della missione. Da lì arrivano continui messaggi video in cui tutto sembra cambiato; i figli di Cooper sono cresciuti, la situazione della popolazione sta peggiorando e rimane poco tempo per trovare una soluzione alla crisi. In quel frangente, Murph, la figlia di Cooper, sta studiando un modo per sfruttare la gravità e trasportare un’immensa Arca sui pianeti abitabili, ma senza i dati quantici giusti è impossibile realizzare il progetto. Giunti su un pianeta potenzialmente abitabile, gli esploratori scoprono di essere stati ingannati dal cosmonauta che vi aveva messo piede per primo, il quale aveva mandato segnali positivi via radio solo per essere portato in salvo. Con la nave madre semidistrutta e attratta dal buco nero la situazione non vede soluzioni apparenti: Cooper sacrifica se stesso per permettere all’unica superstite dell’equipaggio di raggiungere il terzo pianeta abitabile e si lascia risucchiare dentro Gargantua. Con sua grande sorpresa, Cooper viene trasportato in un “tesseratto”, una sorta di universo in cinque dimensioni creato dagli umani del futuro, che ha come punto focale la storia della camera d’infanzia di sua figlia Murph. Sfruttando la forza di gravità, l’esploratore è finalmente in grado di trasmettere i dati quantici a sua figlia usando il codice binario, e Murph a sua volta riesce a completare la teoria e a salvare gli esseri umani in tempo.
Salvato da altri cosmonauti, Cooper incontra la sua amata figlia, ormai anziana e prossima alla morte, che gli chiede di tornare dal dottor Brand, l’unica superstite dell’equipaggio originale incaricata di portare nuova vita sui pianeti abitabili. Cooper lascia quindi Murph e parte alla volta dello spazio profondo.

Christopher Nolan è riuscito a racchiudere in una pellicola non troppo lesta, i principi fondamentali di appartenenza che ognuno di noi ha: la famiglia, la casa, il tempo. Ed è proprio il tempo a mio avviso il vero antagonista della trama; per quasi tutta la durata del film è possibile udire un ticchettio costante in sottofondo, che sembra quasi un conto alla rovescia inesorabile per gli esploratori.
Un altro elemento estremamente toccante è il momento in cui Cooper rivede tutti i messaggi giunti dalla Terra durante la sua missione: lo si può sentire cadere pezzo a pezzo quando si rende conto di non aver vissuto accanto ai propri figli per colpa di un semplice errore di calcolo; ormai tutti lo credono disperso chissà dove e abbandonano la sua memoria.

Interstellar è volontariamente struggente e negativo. Il finale agrodolce ne è la prova, non c’è una vera e propria vittoria del protagonista, poiché il tempo non è un avversario che si può contrastare. Cooper può semplicemente andare avanti dopo essere stato salvato, per affrontare con le proprie forze il futuro davanti a sé.


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