Marì

C’è una puttana ad una fogna della notte
sul far di un lembo genovese
miracolo di attese essiccate
carnagione di serva sfiorita
l’olivastro lunare cosparso
da unguento di papavero e prugne

c’è una puttana ad una scia di porpora
dinnanzi alle colonne d’Ercole del tempo dormiente
infilzato sulla nuca di platino
sta uno spinoso diadema di rovi

magnifica Devadasi
invocata da semidei che si prostrano veneranti
innanzi al tuo sacrilego tempio,
fu eretto sui culmini
di rovinose scelte
finii lungo declivi
di veneree fissazioni

puttana di incensi e giarrettiere velate
reti di calze attornianti lievi
illividite caviglie
di spilli di tacchi
e di fruscii lenzuolosi d’amaranto

di corpetti asfissianti le violacee
pupille di seni carnosi
attende che danzino le sue fievoli cosce di seta

c’è una puttana distesa tra le pieghe degli altrui letti
lucciola sulle federe di lerce immaginazioni
piaga maledetta di donne silenziose

“Marì, Marì, mi offri questo ballo? “
un cenno del capo
“ Andiamo, gioia “
una fossetta di sorriso

Andate, andate,
a ritrovarvi nei bassifondi di Marì,
adombrata dalla luce dei lampioni
di sottecchi, canta
sottovoce, tra le pietrose
fessure del vicolo
sfiorando ere che avrebbero
potuto sorgere
ma non albeggiarono mai

C’è una sirena
avvampano le maree del carnale
scie sferzate le sue unghie dipinte
c’è una puttana
fa la sirena con i bucanieri
fa la puttana con i puttanieri

Tra non molto ridiscenderà in porto la nave
sospinta dalle foschie della tramontana
salteran a terra i bucanieri
dimentichi, presto o tardi, di Marì
la bella puttana la sirena
bella Marì

tra mare e terra
rimani ancorata a prua a incantare l’orizzonte
sospinta dalle foschie della tramontana
a incantare l’orizzonte

Elena Cafarelli

credits

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