Il Mudec incontra il suo cavaliere Vasilij Kandinskij

E’ una mostra assolutamente inedita quella che si articola tra le sale del Mudec, Museo delle culture a Milano, attraverso 49 opere mai viste in Italia, che raccontano il “periodo di genio” di Kandinskij fino alla completa svolta verso l’astrazione.

Il clima che si respira è ancora quello profondamente ancorato alla tradizione russa, che il pittore abbandonerà completamente dopo il 1921 con il trasferimento definitivo in Germania; Kandinskij era profondamente legato alla figura materna e altrettanto alla città d’origine, Mosca, che nelle memorie del pittore così si fondono:

Mia madre era nata a Mosca e incarnava tutte le caratteristiche di questa città: una bellezza seria e severa, una semplicità di razza, un’energia naturale, una sensibilità forte e personale, una calma solenne e maestosa, un dominio di sé quasi eroico, un misto di convenzioni tradizionali e di vera libertà spirituale. In una parola, sotto forma umana: Nostra Madre Mosca dalla pietre bianche e dalle cupole d’oro”.  

Ci troviamo nella sezione interamente dedicata ai luoghi della vita di Kandinskij: un primo esempio ci è fornito da un’opera del 1898, Porto di Odessa, città dove visse da bambino, in cui il pittore è ancora lontano dalla rappresentazione di forme astratte e  dalla rottura con il passato, mantenendo più la linea della tradizione realista quasi impressionista. Strettamente legato al mondo russo è Destino, Muro Rosso (1909), siamo infatti negli anni della Rivoluzione Russa e proprio questo muro rosso che divide l’uomo dalla città è come un grido di pericolo, per ciò che sarebbe poi successo negli anni seguenti, quasi un presagio di morte.  Il graduale passaggio verso l’astrazione possiamo già intravederlo in un dipinto databile 1916, Mosca, Piazza Rossa, in cui inizia ad irrompere uno dei temi più cari al pittore russo, ovvero il rapporto tra musica e colori; Kandinskij ha voluto riportare sulla tela un’esperienza uditiva più che visiva, attraverso un andamento ritmato di linee, architetture e colori, a voler ricreare sulla tela la sinfonia di un momento vissuto. L’intenzione del pittore è di ricreare sulla tela la sensazione vissuta durante un tramonto a Mosca, Kandinskij porterà infatti sempre nel cuore questa esperienza, come lui stesso ricorda nella sua biografia:

“Mosca si fonde in questo sole in una macchia che mette in vibrazione il nostro intimo, l’anima intera come una tuba impazzita. No, non è questa uniformità in rosso l’ora più bella! Essa è soltanto l’accordo finale della sinfonia che avviva intensamente ogni colore, che fa suonare Mosca come il fortissimo di un’orchestra gigantesca”

Il rapporto con la madre patria si sviluppa inevitabilmente anche attraverso il ricordo dell’infanzia; nella sua biografia il pittore rammenta spensierati momenti di fanciullezza in cui giocava con un cavallino di stagno, che diventa il primo soggetto dei suoi acquarelli. La seconda sezione della mostra è proprio dedicata al tema del cavaliere con il suo cavallo,  ampiamente sviluppato anche nelle fiabe popolari russe, da cui Kandinskij prende inevitabilmente ispirazione. Molte sono le incisioni ispirate alle fiabe presenti in mostra, ma l’attenzione del visitatore è colta dalla vivacissima raffigurazione di San Giorgio, patrono di Mosca, il famoso Il Cavaliere Errante. Kandinskij riprende il mito del santo guerriero che, in groppa al suo cavallo, sconfigge il drago, ma in chiave fiabesca, con colori brillanti, come fosse il disegno di un bambino. Il tema del cavaliere accompagnerà per tutta la vita l’artista russo, anche in relazione al suo bisogno di conoscenza, raggiungibile solo attraverso il continuo viaggio proprio come un cavaliere errante.

Quando noi visitato giungiamo all’ultima sala della mostra, anche Kandinskij è giunto all’incontro con l’astrazione; per percorrere questa nuova strada era necessario abbandonare il reale, per cercare una vibrazione interiore che generava colori e linee; questa vibrazione poteva nascere solo dalla più astratta delle arti, la musica, in particolare quella di Arnold Schönberg, le cui esperienze musicali, scriveva Kandinskij, “non sono acustiche, ma puramente psichiche”. Nascono quindi dall’interazione di musica e flusso dell’anima le prime opere astratte, quali Improvvisazione di forme fredde (1914),  Composizione 27 (Ovale grigio) (1917), Ouverture musicale (1919) e infine Ovale Bianco (1919). Le composizioni e le improvvisazioni sono dunque la prima tappa verso lo sviluppo della forma libera: secondo Kandinskij le improvvisazioni erano dipinti scaturiti da un «evento di carattere interiore», le composizioni erano invece il frutto di una ricerca ed una riflessione che richiedeva un lavoro lento, basato su studi preliminari e abbozzi.

Il Mudec percorre dunque attraverso le tappe fondamentali della sua vita, il percorso che portò Kandinskij all’astrattismo, attraverso un progetto site specific assolutamente imperdibile.

Credits:

fonti: visita alla mostra con audioguida

foto: www.pinterest.com

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