Social media: tra diritti e (ir)responsabilità

Cosa si può pubblicare e cosa no sui social media? Chi può deciderlo e in base a cosa? L’articolo 21 della Costituzione italiana afferma che tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto o ogni altro mezzo di diffusione. Per molti versi i social media sono la più effettiva realizzazione dei principi ivi esposti: tramite essi, gli utenti esprimono appieno la loro libertà di espressione, di associazione, creazione letteraria e artistica e molto altro. Mai come prima d’oggi il singolo può far sentire la propria voce nel mondo con tanta facilità, stando semplicemente dietro ad un computer. Eppure in questo quadro apparentemente idilliaco non mancano gli abusi, di cui sentiamo parlare alla TV, sui giornali o tramite gli stessi social: abbiamo la violazione di interessi individuali, quali ex-fidanzati che pubblicano video di momenti intimi senza permesso per vendetta, insulti, menzogne, furti d’identità… e oltre a questo la lesione di interessi pubblici, nella diffusione di immagini pedopornografiche, nelle istigazioni alla violenza e all’odio.

Ma chi viene ritenuto responsabile per questi abusi? Le accuse più diffuse riguardano la diffamazione (offesa alla reputazione) e l’illecito trattamento di dati personali (diffusione senza consenso di dati sensibili con intento di danno): in questo caso viene ritenuto colpevole chi ha reso pubblico il materiale sul social e anche chi ha partecipato alla sua divulgazione, mentre il sito viene escluso da questa responsabilità, essendosi limitato ad ospitare quei contenuti illeciti. Il sito web infatti sembrerebbe essere del tutto esentato da ogni responsabilità, a patto della sua piena collaborazione con le autorità competenti e la rimozione dei contenuti illeciti.

Fonte

Ci sono state molte lamentele sul ruolo che i gestori dei social media (provider) dovrebbero avere nei confronti dei contenuti immessi dai propri utenti. Una soluzione che alcuni propongono sarebbe quella della responsabilizzazione dei provider, che avrebbero così l’obbligo di monitorare i contenuti illeciti. Tuttavia in questo modo, il provider tenderebbe ad agire per eccesso, eliminando per precauzione ogni contenuto anche solo suscettibile di essere illecito e quindi in grado di esporlo a responsabilità: gli eccessi e le preclusioni che ci troveremmo di fronte pregiudicherebbero tanto la libertà degli utenti quanto la creatività della rete e la stessa funzione dei social, cioè quella di dare uno spazio di libertà di espressione ai propri utenti. Responsabilizzare i provider significherebbe quindi punirli incongruamente per il modo in cui gli utenti hanno usato la libertà messa a loro disposizione.

Come risolvere quindi la questione? Non è ancora chiaro. Si cercano nuove soluzioni e social media come Facebook si stanno attivando per un maggior controllo dei contenuti, in particolare in relazione agli spam e alle fake news. Il problema resta però aperto e le discussioni continuano.

 

Fonti:

www.ilsole24ore.com

-Rosati, Sartor, Social Networks e Responsabilità del Provider.

Images: copertina

 

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