La condizione della donna in India: tra tradizione e modernità

Essere donna in India è una faccenda molto complicata.

L’India è stata un paese con sistema patriarcale che ha impedito alle donne di emanciparsi, sin dall’antichità. L’inferiorità delle donne infatti è stata codificata dal Codice di Manu: durante l’infanzia essa è proprietà del padre, nell’adolescenza del marito e, in caso di morte del marito, proprietà del parente maschio più prossimo.
Questo antico precetto è molto importante perché è alla base delle oppressioni vecchie e nuove. Infatti, nonostante la condizione della donna sia migliorata con l’avvento della modernità, la tradizione è ancora molto radicata in tutto il paese.

La donna è inferiore per motivi religiosi, ma non solo

Nel corso del tempo la donna è stata sempre più relegata alle mura domestiche ma, cosa più importante, ha perso il suo valore religioso: fino a pochi anni fa le donne non potevano infatti leggere testi sacri né partecipare a riti religiosi di alcun tipo. I figli maschi avevano l’incarico di accendere il rogo funerario dei genitori: in assenza del figlio maschio e di questa pratica, l’anima dei genitori si sarebbe reincarnata infinitamente. Assumendo questo ruolo a livello religioso ,anche il figlio subordina la madre, che è considerata solo come consorte, indispensabile per avere figli maschi che possano portare alla salvezza dell’ anima. Se la donna ha identità solo come moglie, quando muore il marito non ha più senso di esistere. La vedova viene quindi abbandonata, allontanata e costretta ad una vita di rinunce. Negli ambienti tradizionali la vedova deve radersi la testa, poiché ogni singolo capello manda una reincarnazione al marito. Deve inoltre vestirsi di bianco, colore del lutto e non le è più permesso indossare il Sindur (la polvere rossa che solitamente si mette sulla testa) né gioielli di alcun tipo.

Moltissime vedove si riuniscono negli Ashram, comunità per vedove che raccolgono un grandissimo numero di donne. Molte vedove possono contare sulla pensione mensile che gli viene garantita, ma non è così per tutte: altre sono costrette a fare l’elemosina o a prostituirsi ancora oggi. La loro condizione è emblematica: permette di capire che le radici del perché la condizione della donna in India sia così critica sono da ricercare nella religione, ma soprattutto nell’economia. Mantenere una vedova ad esempio, costa perché è una spesa a vuoto.

Donne in India

Il fenomeno della sati

Per sopperire a questo problema, negli anni passati la vedova poteva sublimare la sua devozione al marito immolandosi e morendo con lui sulla pira funeraria. Questo fenomeno è denominato sati. Codesta pratica disumana si diffonde nel 400 d.C. specialmente nella casta dei guerrieri. Nel 1829, sotto il governo inglese, la pratica venne proibita ma con scarsi risultati. E’ grazie ai riformatori indiani, arrivati in seguito, che ormai è una pratica poco in uso (si stima un caso su un milione) ma la cronaca recente fa pensare che ci siano episodi del genere nelle aree rurali che sfuggono al conteggio. Nel 1987 il fenomeno della sati balza alla cronaca: una ragazza di 18 anni di nome Rup, dopo 8 mesi di matrimonio, muore sati in un villaggio. Rup era una ragazza istruita e per questo si pensa che fosse contraria al gesto, ma che drogata e spinta dal suocero alla fine sia mancata. Nel 2006 ci sono stati tre casi denunciati di sati.

Ma come può questa pratica essere ancora in auge?

Vitale importanza ha il fenomeno della glorificazione della sati: ricchi uomini d’affari divinizzano il culto a questa pratica, costruendo templi in loro onore e dando vita così ad un turismo religioso. Nel caso di Rup, al sacrificio di questa giovane vedova hanno partecipato un sacco di persone e alla cerimonia post sacrificio circa 50 mila. Vennero inoltre donati tre milioni di rupie per la costruzione di un monumento in onore di Rup, che permette ogni anno a milioni di visitatori di giungere al villaggio.
Solo i gruppi femministi, a contrario del governo, hanno per molto tempo lottato contro il fenomeno della glorificazione della sati e soprattutto contro lo sfruttamento economico di una tradizione.
Ancora una volta, è evidente come la condizione della donna oggi è regolata da testi sacri redatti secoli fa e da motivi economici.

“avere una figlia è come annaffiare il giardino del vicino”

Recita un famoso proverbio indiano. Avere una figlia non porta guadagno, anzi: bisogna provvedere sempre al suo sostentamento e alla sua dote. Questa concezione della figlia femmina fa si che ci sia una preferenza per i bambini di sesso maschile e che le bambine vengano discriminate, meno istruite, curate e nutrite. Le figlie sono considerate un peso gravoso per la famiglia, così molte volte si ricorre alla loro uccisione.
Il fenomeno del femminicidio in culla è un rito tradizionale: la madre deve uccidere la figlia appena partorita. A seconda delle varie comunità, esistono diverse pratiche per uccidere le bambine. Le bambine possono essere soffocate con il riso, o con dell’ oleandro mischiato al latte; l’importante è che esse vengano uccise tramite il “nutrimento“: questo perché le bambine vengono nutrite ed è il fato a volere che muoiano (giustificazione karmica). Inoltre, i movimenti femministi degli anni Ottanta hanno lavorato duramente per far si che l’amniocentesi e l’ecografia non venissero utilizzate per capire o no il sesso del bambino e in base a quello decidere se tenerlo oppure no. Nel gennaio 1981, il governo del Maharashtra ha abolito l’amniocentesi per capire il sesso, nel luglio 1994 il divieto venne esteso a tutta l’ India. Eppure anche in questo caso è servito a poco. Il sesso viene molte volte comunicato a voce sotto pagamento e sono molte le coppie benestanti che ovviano al problema andando in America per farsi impiantare l’ embrione maschile. In molti stati del nord, le normali proporzioni tra le nascite dei due sessi sono ormai completamente sbilanciate a favore dei nati maschi. L’infanticidio femminile determina uno scarto tra popolazione maschile e femminile pari al 933 donne ogni 1000 uomini ( dati risalenti al 2001). Per capirci, in Europa le donne sono 1050 ogni 1000 uomini.

Il matrimonio in India

La normativa brahamatica sul matrimonio si basa su alcuni principi fondamentali:

  1. E’ obbligatorio che una donna si sposi, l’unico stato religioso che le si riconosce è quello di moglie, indispensabile all’uomo per conoscere i riti, garantirsi la salvezza eterna e avere figli maschi.
  2. La donna deve assolutamente essere vergine. Per questo vengono molto spesso ritirate da scuola per non destare attenzione.
  3. I matrimoni devono essere endogamici.
  4. La donna deve essere sposata in giovane età.

Nonostante la legge preveda che l’età da matrimonio sia per le donne 18 e per gli uomini 21 anni, secondo il rapporto dell’ Unicef del 2009 il 47% delle donne si sarebbe sposata prima dei 18 anni. Nelle aree rurali la percentuale cresce al 56%. Il 40% dei matrimoni infantili nel mondo  avvengono in India e si stima che 3 000 000 bambine sotto i 15 anni abbiano già un bambino. Nelle zone rurali i matrimoni vengono celebrati in determinati periodi e sono matrimoni per questo di massa. Una volta sposati i bambini tornano ognuno alle proprie case per venire riuniti poi dopo la prima mestruazione della bambina. Una volta riuniti, i giovani sposi vanno a vivere dalla famiglia del maschio.

Come recita la normativa, i due fidanzati devono far parte della stessa casta, ma non è sempre stato così. Nel 500 d.C le donne e gli uomini si sposavano in tarda età e senza molti vincoli, ma dal 500 d.C al 1000 d.C la popolazione indiana ha iniziato a dividersi in caste sempre più rigide, e, per consolidare lo status quo, i matrimoni possibili erano solo quelli intercastali. Faceva, e tutt’ora fa eccezione l’opzione in cui una donna riuscisse ad accaparrarsi un uomo di una casta maggiore. L’età da matrimonio ha iniziato ad abbassarsi con l’invasione musulmana poiché si credeva che i musulmani non violassero le donne sposate. In India, inoltre, esistono quattro forme di matrimonio “alte” e quattro forme di matrimonio “basse”. Le quattro più basse sono sempre condannate e sono quelle che prevedono il matrimonio dopo uno stupro o per amore. Le prime quattro invece hanno il carattere del kanyadaan: il padre veste e adorna la figlia vergine per poi consegnarla ad un uomo che lui ha selezionato per lei. Questa forma, legata all’ idea del dono, è la forma più completa e pura del matrimonio.

La scelta dello sposo è della famiglia ed è incontestabile poiché secondo la legge branhimica spetta a loro decidere. Nella società moderna, nella maggior parte dei casi, i matrimoni continuano ad essere combinati. Il concetto di amore non è una base solida per il matrimonio: è un dono che Dio concede dopo, come premio dell’ unione avvenuta. Le unioni matrimoniali vengono concluse ancora oggi sulla base di requisiti sociali ed economici che generalmente prescindono predisposizione degli sposi. A volte capita che nell’ ambito urbano, le famiglie scelgano di far incontrare prima i due fidanzati o magari decidano di far scegliere alla figlia il futuro sposo dentro una rosa di candidati.

Donne in India

Dietro le quinte del matrimonio indiano

Gli accordi matrimoniali sono principalmente basati su criteri di endogamia tra classe e casta, motivazioni economiche e compatibilità con gli oroscopi. Sono caratteristiche della pratica matrimoniale Hindu che non sono cambiate con il passare del tempo. In genere un matrimonio indiano dura tre giorni e le spese per l’evento sono a carico della sposa. Le famiglie degli aspiranti sposi e spose mettono degli annunci dettagliati sulle caratteristiche socio economiche del proprio figlio/a e delle caratteristiche che vengono ricercate. Gli annunci, molto circostanziali onde evitare equivoci, sono una pratica che riguarda la Upper Middle Class.  Gli annunci sono ufficiali e in quanto tali vengono pubblicati sul giornale. Lo status è tutto in India, per questo il candidato deve ricoprire un ruolo di prestigio all’interno della società.

I più ricercati sono i professionisti e gli ingeneri informatici. La crème de la crème sono però i funzionari di Stato che oltre ad avere soldi hanno potere. In questa sorta di listino matrimoniale spiccano ai vertici anche coloro che possiedono il Visto e hanno la residenza negli Stati Uniti. Il matrimonio è l’evento sociale più importante in India, perché ciò che avviene è un’ unione tra famiglie, non tra singole persone. Gli accordi prevedono un’ unione delle ricchezze e della parentela, per questo si deve tenere da conto ogni aspetto affinché l’unione sia felice (e proficua).

A dare l’ ultima parola è l’ oroscopo, che in India  è considerato una scienza sacra e viene addirittura insegnato anche nelle università. Esso ha un ruolo fondamentale nel matrimonio poiché i due promessi devono avere oroscopi compatibili. Per esempio: coloro che sono nati sotto l’influenza di Marte sono destinati ad un matrimonio infelice. Sono quindi poco considerati, a meno che la fanciulla da dare in sposa non sia anche lei nata sotto Marte, poiché in questo caso la loro energia negativa si annullerebbe permettendogli di vivere una vita serena.
Le ragazze da marito devono possedere una serie di caratteristiche fisiche e comportamentali. Per esempio, devono avere una carnagione chiara, simbolo di nobiltà e ricchezza. Inoltre, con la liberalizzazione dei mercati negli anni 90, il modello di donna occidentale è arrivato in India e, per questo, una sposa ideale deve avere un fisico snello ed essere alta. Ma la caratteristica più importante, quella che condiziona in maniera definitiva il matrimonio, è la dote.

La questione della dote

Nel 1961 la dote è stata vietata in India. Nella tradizione era il padre che adornava la figlia senza scopo se non quello di renderla bella per il suo matrimonio. Con gli anni è diventata invece un elemento fondamentale nelle trattative matrimoniali. E’ importante precisare che la dote non è una questione legata alla religione ma alla tradizione indiana che nel corso del tempo è andata a svilupparsi in un determinato modo. Per questo, anche se è stata dichiarata fuorilegge, fa ancora parte delle pratiche matrimoniali indiane odierne. A seconda del valore della dote, una ragazza può scegliere un determinato compagno. Maggiore sarà la sua dote, maggiore sarà il prestigio del ragazzo che le andrà in marito. Non sempre però una famiglia dispone dei mezzi economici sufficienti per un buon matrimonio. Per questo, purché si sposi, molte famiglie sono disposte a sposare la figlia con una persona di basso livello in modo da essere liberi di pagare una piccola dote. Può capitare che una ragazza vada in moglie ad un uomo malato o vecchio perché anch’essa malata o caduta in disgrazia a causa dell’ essere stata rifiutata dal ragazzo a cui era stata promessa.

La questione della dote ha dato vita al fenomeno degli “omicidi del fuoco”, fenomeno iniziato a metà anni 80 che turbò l’opinione pubblica. Le donne appartenenti alla Middle Class venivano bruciate sul fornello della cucina così che la famiglia dello sposo potete incassare la dote, senza dover assumersi il peso di una nuova donna da mantenere. Pochissimi tra questi assassini vennero condannati: i giudici, infatti, sono stati corrotti nella maggior parte dei processi, e in più le situazioni delle cucine domestiche erano talmente precarie che era facile credere l’accaduto fosse un incidente domestico. L’atrocità del gesto risiede quindi anche in questo, cioè nel fatto che le donne indiane in questa, come in molte le altre occasioni, non ricevano la debita giustizia e continuino ad essere parte di un sistema che le considera l’ultima ruota del carro.

Fonti:

L’ autrice ha seguito un corso di studio presso l’ Università degli Studi di Milano sulla figura della donna in India vista attraverso il cinema di Bollywood.

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